Del Toro rianima il testo di William Lindsay Gresham, già portato sul grande schermo da Edmund Goulding: la storia di un uomo (Stanton: Bradley Cooper) che, mentre comincia la Seconda guerra mondiale, seppellisce il corpo di un padre, nasconde il proprio passato in un buco del cuore, e finisce in un circo. Tra i mostri. In mostra. Così scopre come servirsi del desiderio del pubblico: impara il mentalismo e osa lo spiritismo, sa che ogni uomo non riesce a nascondere quel che cerca, ed è per questo che è facile fingere di trovarlo per lui: evocare un figlio defunto, un fratello scomparso, a partire dai segni che chi resta porta con sé. Studiare lo spettatore, costruire la scena a sua misura, coordinare gli spettri, produrre merce dai buchi del cuore.
È su questo che Del Toro mette l’accento della tragedia nerissima di Stanton, il protagonista: il suo raccogliere dati - come Sherlock? Meglio: come un algoritmo - il suo mettere in scena per soddisfare quel che il pubblico vuole, il suo negarsi al dubbio, al cruccio morale, il suo sfruttare avidissimo. Un prometeismo (ma anche una questione politica, perché è così che pensano il cinema, pardon: i contenuti, le piattaforme) che Del Toro bacchetta con le traiettorie impietose e morali del noir, usando come tramite una femme fatale che non punisce per soldi, e dunque nessuno, in questo piccolo mondo meschino, capisce perché.
È una psicoanalista, il personaggio di Blanchett, e non è detto che Stanton sia mai uscito da quei primi minuti di film, che non sia sempre stato rinchiuso nella scena madre, nel buco in fiamme della propria ferita, perché è l’ulteriore narcisista patologico del cinema d’oggi, perso nelle immagini con cui riempie il suo vuoto, capace di manipolare il prossimo e separato da sé dall’eccesso di spettri: basta pensare che si sia addormentato, nel primo viaggio sul treno, e sul secondo si sia svegliato alla fine, ridotto come una bestia, incollato al proprio destino.
Il cinema è un sogno, un treno, il reale è sempre noir, vero e verista, come la pece. E se la visione del mondo è cupa e determinista, se tutto è già scritto, se siamo nel cul de sac di un narciso allo specchio, se la tagliola morale è contro l’uomo che osa, che sfrutta la mera ricerca di conferme del pubblico, Del Toro si gode, semplicemente, il suo viaggio in treno, ovvero il cinema, per quello che è: in confronto al film del 1947 la sua fiera delle illusioni è bigger, longer e uncut, filologica nei confronti del genere ma ricoperta d’oro per giocare con l’aura del tempo che fu e per gioire del cast, abitata da star dietro ogni freak, da un grande attore in ogni ruolo minuscolo.
È un film che cerca il cinema per il cinema, la gioia di una casa di spettri già visitata, il perdersi tra le immagini che ottundono il mondo, il piacere di attraversare un patetico sogno destinato a fallire. E di rifare riccamente un’opera povera lontana nel tempo, come fosse uno sperpero allegro, una macabra festa, un party a un funerale. Come una riserva contro il gusto seriale e la corta memoria che regna, i suoi calcoli aridi, i suoi prodotti a misura.
Leggi anche
Il tempo rimasto
Cinerama
Semplice, come un sentimento
Cinerama
Muri e ombre nel West Side Story di Steven Spielberg
Cinerama
Il film
La fiera delle illusioni
Drammatico - USA 2021 - durata 150’
Titolo originale: Nightmare Alley
Regia: Guillermo Del Toro
Con Bradley Cooper, Cate Blanchett, Rooney Mara, Toni Collette, Willem Dafoe, Ron Perlman
Al cinema: Uscita in Italia il 27/01/2022
in TV: 28/12/2024 - Rai 4 - Ore 23.45
in streaming: su Disney Plus Apple TV Amazon Video Google Play Movies Rakuten TV Timvision
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta