«La tua canzone? Come si chiama?» chiede Pádraic. «The Banshees of Inisherin» risponde il ruvido violinista Colm. «Ma non ci sono banshee a Inisherin». «Lo so, ma amo il suono della doppia “sh”... C’è la doppia “sh” anche in “Inisherin”». Pádraic. Colm. Inisherin.
Per certi versi è racchiuso tutto qui il nuovo film di Martin McDonagh, l’ex wonder boy del teatro anglo-irlandese (c’è chi lo conta tra i nomi della Irish New Wave, anche se il suo rapporto con questo gruppo è a dir poco contraddittorio, e chi più giustamente lo considera parte integrante dell’In-yer-face Theatre, quella stagione drammaturgica scandalosamente rivoluzionaria che ha infiammato le scene britanniche negli anni 90).
Dunque, due uomini, stretti da una sanguigna dipendenza (una fratellanza simile a quella che lega i personaggi di certi film di Sergio Leone come Giù la testa o C’era una volta in America) improvvisamente e arbitrariamente infranta, perché uno decide che l’altro non gli va più a genio, che non ha più tempo da sprecare in inutili discorsi. E poi un’isola (Inisherin, su cui si chiude la “Trilogia delle isole Aran” cominciata con le pièce Lo storpio di Inishmaan e Il tenente di Inishmore) il cui cuore pulsante è rappresentato dal pub, luogo, con annessa la sua working class, ricorrente nei lavori drammaturgici di McDonagh (in particolare Hangmen), che si ricollegano a quel genere teatrale squisitamente irlandese che sono le pub play.
Tutto all’inizio lascia immaginare uno spazio e un tempo remoti, ma a un certo punto una data segnata su un calendario rivela che siamo nel 1923, esattamente al 1° aprile. Ecco allora che quel rumore di spari ed esplosioni trascinato dal vento assume d’un tratto un sinistro riverbero fratricida: si tratta delle battute finali della Guerra civile irlandese.
Come dice Colm a Pádraic, magari le banshee - gli spiriti femminili - ci sono ancora, «però penso che non urlino più per predire la morte, ormai. Penso che restino lì, divertite, e osservino».
A dar corpo a questi personaggi Brendan Gleeson e Colin Farrell, due interpreti ricorrenti nella filmografia di McDonagh, dei quali il regista ha già saputo esaltare la chimica In Bruges - La coscienza dell’assassino, tanto da farne, lì come qui, magnifiche presenze.
Di fronte a Gli spiriti dell’isola e ripensando a ritroso al suo cinema, possiamo dire che McDonagh riesce a tenere salda la tensione emotiva senza più bisogno di capovolgimenti di plot, di twist improvvisi e colpi di scena; una tensione, come già scriveva Simone Emiliani a riguardo del precedente Tre manifesti a Ebbing, Missouri, «mostrata attraverso un cinema audace ma classico», quasi fordiano, soprattutto nella costruzione dei caratteri che non concede nulla allo psicologismo, al facile manicheismo: Colm e Pádraic sono personaggi tormentati, insieme fragili e crudeli, gentili e meschini, contraddittori, ombrosi, antieroici, e proprio per questo umani, troppo umani, protagonisti di una ballata nerissima ma intrisa di struggente malinconia, devastante nella sua apparente, tagliente e irresistibile comicità, e visivamente maestosa.
Il film
Gli spiriti dell'isola - The Banshees of Inisherin
Drammatico - Irlanda, USA, Regno Unito 2022 - durata 114’
Titolo originale: The Banshees of Inisherin
Regia: Martin McDonagh
Con Barry Keoghan, Colin Farrell, Kerry Condon, Brendan Gleeson, Pat Shortt, Gary Lydon
Al cinema: Uscita in Italia il 02/02/2023
in streaming: su Disney Plus Google Play Movies Rakuten TV Microsoft Store Apple TV Amazon Video Timvision
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