Fino alle ossa

Un’anima candida si innamora ricambiata di uno spirito libero. Che scoprirà appartenere a tenebre che covano anche dentro di lei. Insieme attraverseranno l’America nel tentativo di sopravvivere soprattutto a se stessi. È la storia di un horror fondamentale, e uno dei migliori degli anni 80: Il buio si avvicina. È la storia di Bones and All.

A sessi invertiti: Maren (Taylor Russell) è condotta con una certa responsabilità sulla strada del sangue dal girovago Lee (Timothée Chalamet). Il Grande Paese, poco casualmente, è lo stesso di quarant’anni fa, quello di Ronald Reagan. Mentre il vero Male non risiede nell’identità naturale che ci è data ma nell’esercizio egoistico e dissennato della stessa.

Dopo Suspiria, ancora una volta l’horror è per Guadagnino un’idea temporale, un mezzo privilegiato per, la porta inevitabile da aprire su una realtà privata ma anche storica. E se il mostruoso è il colore del carattere, i colori del mondo fanno più paura. Da quest’ultimi bisogna guardarsi, non da se stessi. Tutto abbastanza scontato. Un po’ troppo, compresi il tappeto musicale (che lagna la musica di Trent Reznor e Atticus Ross) e un villain kinghiano vagamente caricaturale (Mark Rylance).

Bones and All doveva e poteva essere più “bello”. Perché Guadagnino sa filmare il tormento e l’estasi come pochi altri, oggi. Sa intercettare il dolore, inquadrare la geografia dell’afflizione. Un road movie in piena luce che parla di buio. Orizzontale ma parcellizzato, quasi impressionistico. Il controcanto “solare” e teen di Cannibal Love - Mangiata viva. Anche se di Claire Denis (e di Kathryn Bigelow) manca la vera ferocia.

Il film