Il melodramma, prima ancora che un genere cinematografico, è un genere teatrale. Se volessimo affidarci all’etimo della parola “melodramma”, ne deriverebbe una definizione basata sulla combinazione di musica + azione. Al cinema il melodramma è spesso un’operazione di eccesso, di sentimenti vanitosi e inorgogliti che si esibiscono. La sua definizione più ovvia e semplificante al cinema passa dall’idea di commozione e di partecipazione emotiva a una vicenda e a dei personaggi: Douglas Sirk non può non essere nominato nei tentativi che il cinema ha elaborato per permettere allo spettatore un indirizzo emotivo in vicende estreme e talvolta inverosimili.
Eppure Rainer Werner Fassbinder ha illustrato come il melodramma non abbia a che fare necessariamente con la commozione, per sua intrinseca definizione, ma con la messa in scena che i personaggi (e i loro sentimenti) fanno di se stessi.
Roulette cinese si apre con un campo/controcampo in un appartamento borghese in Germania: da un lato la madre di famiglia Ariane, che sta aspettando alla finestra che arrivi qualcuno, e dall’altro la figlia dodicenne invalida Angela. L’incipit del film sfonda idealmente un palcoscenico teatrale, indicando che dietro un quadro e una scena c’è sempre qualcos’altro, un trucco. Ariane è sospesa come in bilico su una mensola, al di sopra di un termosifone, inscatolata in un dipinto perfetto, statuaria immobile e senza peso. Si gira lentamente verso di noi mentre il Doctor Marianus del Faust di Goethe musicato da Gustav Mahler canta “Blicket auf zum Retterblick [Volgete gli occhi allo sguardo che salva]”.
Fassbinder “rompe” immediatamente il palcoscenico, perché dall’altra parte non c’è nessuno sguardo, men che meno salvifico: dall’altra parte c’è la figlia di Ariane, Angela, che fissa a testa china il vinile che rotea e che emette un suono che avremmo detto extradiegetico, proprio la sinfonia n.8 di Mahler. Angela è una bambina, potrebbe essere idealmente lo “sguardo che salva”, quella che, sempre seguendo le parole di Goethe, permette alle “miti anime pentite” di far loro “il beato destino con gratitudine”.
Ma è il controcampo di un palcoscenico, è solo un trucco, e Angela non ha intenzione di guardare la posa della madre, perfettamente incorniciata dallo stipite della porta. Angela guarda invece il dispositivo da cui esce la musica, la sorgente del meccanismo, il principio del melodramma, “musica + azione”. Angela vuole disinnescare la messa in scena di sua madre, negandole lo sguardo. Ariane, col volto robotico di Margit Carstensen, si gira di nuovo, frustrata dall’assenza di uno spettatore della sua performance.
Prende dalla mensola accanto a sé una sigaretta, da un pacchetto poggiato non a caso su uno specchio, e la accende, mentre si accinge a spalmarsi con nonchalance un pennello sulla guancia. Ariane non è disposta a capire che sua figlia, che manipolerà la vicenda di tutti quanti i personaggi nel film, è volontariamente cieca alla sua vanità; Ariane crede di essersi sbagliata, di non essere sulla scena ma di essere ancora in un suo ideale camerino. E allora si rilassa, fuma, si specchia, si trucca.
Solo dopo si volta ancora. E solo a quel punto Angela solleverà il capo per guardarla, manomettendo definitivamente il quadro: dall’altra parte Ariane non sarà più il centro della scena, sarà diventata un elemento fra tanti, una figura collaterale, non più incorniciata in un dipinto ma incastrata in un décadrage.
Fassbinder non è il primo a rendere l’incipit di un film sineddoche di tutto il resto, ma è fra i più grandi nel rendere quella sineddoche anche una sintesi: Angela impiegherà l’ora e mezza successiva di film a manipolare tutti gli adulti che conosce, ondeggiando intorno a loro come la camera di Fassbinder, in una “danza macabra attorno al cadavere decomposto della moralità borghese” (Davide Ferrario). Finché, nel più crudele svolgimento di un melodramma dell’odio, non sarà lei stessa a finire vittima di sua madre, a coronare una carneficina perpetrata a colpi di esibizioni e vanità.
Il film
Roulette cinese
Drammatico - Germania 1976 - durata 86’
Titolo originale: Chinesisches Roulette
Regia: Rainer Werner Fassbinder
Con Margit Carstensen, Alexander Allerson, Anna Karina, Ulli Lommel
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