Durante la notte del 12 ottobre 2016 una ragazza è bruciata viva. Avviene nei giardinetti di Saint-Jean-de-Maurienne, nella Savoia. A darle fuoco è una figura in nero con cappuccio, che le si avvicina alle 3.07 chiamandola per nome: «Clara». Delle indagini viene incaricato il commissariato di Grenoble. Nel 2019 il caso è già chiuso da un po’: nessun colpevole perché tutti avrebbero potuto esserlo, colpevoli. Tutti avrebbero potuto avere un movente. Tutti, perciò nessuno.
Non è più tempo di Poirot, che in Assassinio sull’Orient Express svela una macchinazione per la quale il “tutti colpevoli” assume rilevanza sociale. In questo giallo di Dominik Moll, il suo film più compiuto, il più bello, la società non c’è più. Fateci caso: La notte del 12 si sviluppa quasi esclusivamente al chiuso, nelle stanze della polizia, nelle abitazioni, in auto. Perfino lo sfogo ciclistico serale del giovane capitano Yohan Vivès (cui Bastien Bouillon dà un’interpretazione gelida e oggettiva di cui secondo me sarebbe andato fiero Pialat), su pista all’aperto, sembra schiacciato, represso, sembra togliere fiato all’ambiente: infatti il collega Marceau osserva che assomiglia a un criceto, e gli chiede come mai non pedali per le strade come qualunque altra persona.
Il primo, vero “respiro” en plein air è non a caso in chiusura. Non ci sono più classi, tra borghesi e residenti delle case popolari non c’è differenza, tra forze dell’ordine e sospettati lo schermo divisorio è sottile, e senza dubbio non infrangibile: diversamente da Roubaix, una luce, con cui La notte del 12 ha molto in comune (quantunque Moll sia meno sofisticato di Desplechin, più grossier, ma non per questo meno “decisivo”), il sociale è un ricordo, è un costrutto astratto, è un’illusione. Un fantasma. Perché se è vero che coi morti bisogna imparare a convivere, e qui lo si dice chiaramente, bisogna fare i conti anche con un’immagine di società che non è più, un’immagine depotenziata, nuova, irriproducibile anche dalle videocamere, che, come dimostra una scena chiave, registrano (rilanciandolo) solo il mistero, non la prova, non la soluzione.
Quindi perdono di significato anche le riflessioni sul femminicidio e sulle disuguaglianze endemiche, sempre uguali e sempre irrisolvibili, tra uomo e donna («io sono una donna. Sono una giudice istruttrice. Sarei cieca se non vedessi che c’è qualcosa che non va fra uomini e donne», nota la giudice): La notte del 12 non è un #MeToo movie, benché sia anche a questo proposito enormemente più pregnante e commovente della stragrande maggioranza dei #MeToo movie. In questo mystery che non è un crime e non è un polar e non è un noir (tantomeno neo), la realtà è trasparente e impalpabile. È intercambiabile. È così che La notte del 12 è un film di continui specchi, attraverso i quali ognuno si vede nell’altro. Prendete per esempio il confronto tra Marceau e il rapper Gabi: il primo sbotta davanti al testo del brano misogino e violento del secondo, ma si tratta di un’escandescenza per eccesso di riconoscibilità. Tutti colpevoli e nessun colpevole perché in questo mondo bisogna imparare a convivere con l’uguale-a-sé. Uno dei film dell’anno.
Il film
La notte del 12
Giallo - Francia, Belgio 2022 - durata 114’
Titolo originale: La nuit du 12
Regia: Dominik Moll
Con Bouli Lanners, Anouk Grinberg, Bastien Bouillon, Mouna Soualem, Pauline Serieys, Sylvain Baumann
Al cinema: Uscita in Italia il 29/09/2022
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Amazon Video Rakuten TV
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta