«Noi andiamo a giocare contro Zico? Noi? Quelli che hanno pareggiato col Perù?». A distanza di 40 anni ancora qualcuno di quella squadra lì, la Nazionale azzurra dei Mondiali di Spagna del 1982, se lo domanda. Come è stato possibile? La regista Coralla Ciccolini e la produttrice Simona Ercolani riuniscono i cavalieri che fecero l’impresa guidati da Marco Tardelli, anche consulente in fase di scrittura. Ricordano - in certi lunghi momenti riguardano, insieme o da soli, a casa o al bar o raggiunti al cellulare - schegge di quelle partite, soprattutto le ultime due. Contro il Brasile, la semifinale che pareva impossibile anche solo sognare di vincere e per qualcuno, col senno di poi, «la partita più bella della storia del calcio» (ma dubito lo pensino i brasiliani); e ovviamente la finale contro la Germania.
Nella storia del nostro paese rappresenta, per chi era già nato, l’evento comunitario per eccellenza, quello della fatidica domanda «dov’eri quando l’Italia vinse il mondiale ’82?». I protagonisti del film erano lì, in campo, criticati in modo feroce prima ed esaltati poi, in un gioco un po’ crudele e molto italiano. Ma il valore di questo film, per chi magari le gare le ricorda a memoria, sta nel rievocare con efficacia, un po’ di nostalgia ma per fortuna poca retorica (o almeno solo quella inevitabile), il clima del contesto. L’epoca. Le istituzioni in crisi ma il partigiano come presidente, la voce del padrone (Battiato) delle canzoni e il giornalismo magari sbilanciato eppure libero e viscerale, la voglia di uscire dall’immaginario in bianco e nero degli Anni di piombo e finalmente piangere di gioia. Quella volta lì, ce la facemmo.
Intervista a Marco Tardelli
di Roberto Manassero
Madrid, Spagna. Minuto 69 della finale del campionato mondiale di calcio 1982: un urlo nella notte. Marco Tardelli segna il 2-0 per l’Italia contro la Germania e spacca la partita. La sua esultanza entra nella storia, travolgente, selvaggia, liberatoria. Per chi era in campo e per chi tifava da fuori. Per i 40 anni da quella sera abbiamo intervistato proprio Tardelli, uno dei protagonisti; o meglio, una delle sue icone.
40 anni dopo siamo ancora qui, a celebrare gli eroi del 1982. Cosa c’è di così irripetibile in quella vostra vittoria?
Ovviamente mi auguro che prima o poi una nuova Italia possa replicarla, ma le condizioni con cui si verificò sono davvero uniche. Si veniva da 44 anni di digiuno, nessuno ci dava per favoriti e il crescendo fu entusiasmante. Sono poi le persone e le immagini a esse legate, come Pertini, Bearzot o Rossi, a rendere quei giorni indimenticabili.
Ecco, le immagini. Quell’urlo: come le venne?
Fu tutto spontaneo naturalmente, anche perché sarebbe stato difficile prepararlo. Era il sogno di ogni calciatore, un gol nella finale di un mondiale... Urlai perché mi uscì tutto quello che avevo dentro, quello che avevo fatto dal giorno in cui avevo cominciato a giocare a calcio. All’inizio, rivedendomi, mi dissi che ero stato matto, ma poi ho pensato che invece avevo sfogato la rabbia, il senso di rivincita, la gioia.
Rabbia e rivincita per quello che avevate vissuto nelle settimane precedenti?
Sì, certo, le polemiche ci avevano infastidito e quindi c’era un senso di rivalsa, ma non solo. Penso anche alle persone che non avevano creduto che potessi arrivare a certi livelli, in primis i miei genitori, che per me volevano il posto fisso, come un personaggio di Checco Zalone...
Quanto c’era di Bearzot in quel traguardo?
Bearzot era un grande educatore, un uomo onesto, rispettoso. Per me è stato tutto, una persona che, quando le cose non andavano per il verso giusto, sapeva trovare le parole per farti tornare il sorriso sulle labbra. Non era solo un allenatore, ma un professionista che sapeva scegliere le persone per quello che davano sul campo e fuori.
A proposito di campo... Rivedendo la partita col Brasile ci si emoziona ancora per quell’incredibile serie di sensazioni, anche se non si è potuto viverle direttamente. Voi cosa provaste?
Dopo aver superato il turno la squadra si liberò, diventammo altre persone. Il girone con Argentina e Brasile era infernale, noi eravamo gli ultimi nel pensiero di tutti, ma dopo aver vinto 2-1 contro i campioni del mondo abbiamo capito che potevamo farcela. Per qualcuno non dovevamo nemmeno scendere in campo, ma cominciammo bene, facemmo gol, poi venimmo raggiunti per due volte, ma eravamo una squadra che non si accontentava.
Lei segnò già contro l’Argentina, prima che contro la Germania...
Sì. Fu una palla recuperata a centrocampo da Conti, io ebbi l’idea di muovermi nello spazio, poi passai la palla ad Antognoni, lui si infilò in area, me la ripassò e io tirai in diagonale... Avevo come l’impressione di aver già visto e giocato quel tipo di azione e fu tutto piuttosto naturale. Ora che ci penso, anche l’azione del gol in finale fu molto elaborata, forse anche di più. Lì a passarmi la palla fu Scirea. Costruivamo le azioni in modo corale.
Non a caso l’immagine che tutti abbiamo di quella squadra è proprio quella di un gruppo, non esiste italiano che non sia legato a ciascuno di voi...
Ancora oggi ci sentiamo, ci scriviamo, facciamo in modo di vederci, abbiamo voglia di stare insieme. A unirci è anche il ricordo fantastico di quelli che non ci sono più, Gaetano [Scirea, ndr], Paolo [Rossi, ndr], la cui morte due anni fa ci ha lasciato senza parole. Voglio ricordare anche Cesare Maldini, che era il vice di Bearzot, una presenza fondamentale per quella vittoria.
Un’ultima domanda da tifoso: è vero, come mi raccontavano da bambino, che alla Juve vi allenavate mettendo la monetina sul dischetto del rigore, per vedere chi la colpiva crossando dalla trequarti?
[Ride] Sì, abbiamo fatto anche quello. Era un modo per dimostrare chi aveva i piedi più raffinati.
IL FILM
Italia 1982, una storia azzurra
Documentario - Italia 2022 - durata 85’
Regia: Coralla Ciccolini
Con Enzo Bearzot, Sandro Pertini, Marco Tardelli, Fulvio Collovati, Antonio Cabrini, Paolo Rossi (II)
Al cinema: Uscita in Italia il 11/07/2022
in streaming: su Now TV Sky Go Amazon Video Mediaset Infinity Rakuten TV Apple TV Google Play Movies
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