Agli aspiranti sceneggiatori, quando li si introduce all’abc della scrittura per il cinema, si spiega che al centro di ogni buon film c’è «un conflitto» (la massima vale tanto per la fiction quanto per il documentario: una storia è una storia).
La questione viene alla mente di fronte ai 95 minuti di Jennifer Lopez - Halftime, cronaca minuziosa della carriera di J.Lo e in particolare dei mesi che precedettero la sua esibizione al Super Bowl del 2020. Qual è il conflitto che anima il documentario? La lunga battaglia di una donna portoricana, in lotta per far sentire la sua voce? La crisi identitaria di una ex ragazzina del Bronx, scaraventata nel pantheon dello showbusiness ma decisa a rimanere sempre e comunque «Jenny from the block»? O ancora la sfida dell’invecchiamento, vissuta da una diva che è stata anche e soprattutto sex symbol?
Sono tutte risposte possibili, ma nessuna è (ahimé) quella giusta: perché Jennifer Lopez - Halftime pone questioni ma non le sviluppa, accenna temi ma non li nutre narrativamente, e soprattutto invischia ogni suo momento in una persistente melassa agiografica, che come un invadente filtro Instagram pialla l’immagine eliminando qualsiasi imperfezione, qualsiasi crepa, qualsiasi difetto reale o apparente. Il doc sul VIP di turno, si sa, è ormai diventato un filone a sé, nonché una tappa obbligata nel racconto mediatico di molti artisti: ma mentre in tanti hanno dimostrato di saper ben interpretare il genere, Halftime non riesce né nell’analisi della star - intesa come “segno”, come icona, come catalizzatore di un immaginario - né nell’autobiografia-confessione.
Il film
Halftime
Documentario - USA 2022 - durata 95’
Titolo originale: Halftime
Regia: Amanda Micheli
Con Jennifer Lopez
in streaming: su Netflix Netflix basic with Ads
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