Inizia in medias res, senza tante spiegazioni, Adolescence, miniserie britannica prodotta da Netflix e diventata, nel giro di una manciata di settimane e grazie a un continuo passaparola, un piccolo fenomeno, facendo parlare molto di sé anche (soprattutto?) per il modo in cui è stata realizzata, con le sue quattro puntate da circa 50 minuti girate tutte con un unico pianosequenza. Adolescence comincia un momento prima dell’evento scatenante della vicenda - l’arresto per sospetto omicidio di un tredicenne, Jamie Miller -, in un breve frangente di calma prima della tempesta che si abbatte sulla famiglia protagonista.

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Adolescence

Lo show si apre su un uomo di spalle, un padre che ascolta il messaggio vocale del figlio - spera di convincere il papà a non mandarlo a scuola con la scusa del mal di stomaco. Già i primissimi minuti dunque mettono l’accento su uno dei temi della storia: il rapporto genitori-figli, e in particolare quello padre-figlio, portando in superficie il gap che separa le due generazioni, mostrando l’abisso di incomprensione che si cela sotto una vita normale (infatti questa iniziale comunicazione tra il ragazzo e il genitore non è diretta, avviene attraverso un filtro - il cellulare -, uno schermo che inevitabilmente li separa).

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La macchina da presa inizia così il suo primo tour de force e segue l’uomo, l’ispettore capo Bascombe, mentre scambia alcune battute con la collega dentro una macchina della polizia. All’improvviso un comando via radio avvisa i due agenti in servizio: è tempo di entrare in azione. La mdp si muove rapida insieme ad alcune auto e a un furgone della polizia che attraversano le strade di un quartiere residenziale di villette tutte uguali. È davanti a una di queste che si ferma lo schieramento di forze armate; poi diversi uomini si allineano all’ingresso a fucili spianati e uno di loro sfonda la porta, facendo irruzione in casa.

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La camera irrompe insieme a loro e si muove frenetica tra le stanze, dando subito una sensazione frastornante di caos; per la violenza dell’incursione, ci si aspetterebbe di trovare all’interno dell’abitazione un covo di criminali, mentre nella villetta abita una famiglia comune: la mdp incontra per prima la madre terrorizzata, poi sale al piano di sopra e sulle scale s’imbatte nel padre (il bravissimo Stephen Graham, anche creatore della miniserie) che, mani in alto, esclama «non ho fatto niente, avete sbagliato casa!»; finalmente raggiunge il target della missione, l’adolescente Jamie, steso a letto nella sua cameretta. Mentre l’inquadratura insiste su di lui - spaventato e scioccato, un po’ come noi spettatori -, nella stanza entra l’ispettore Bascombe: «Jamie Miller, sono le 6.15 e sei in arresto per sospetto omicidio».

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E di nuovo il caos di fronte a quella inaspettata dichiarazione: lo stupore dei genitori e della sorella maggiore di Jamie rispecchia quello che prova chi sta guardando, sbattuto ex abrupto in questa storia, sconvolto all’idea che quel timido tredicenne che per la paura se l’è fatta nei pantaloni possa aver ucciso una persona, disorientato dall’invasione da parte di uno spiegamento di agenti armati tra le mura domestiche di un luogo così tranquillo, ordinato, banale. Ora la camera “si aggancia” a Jamie, che viene scortato nel furgone, ed entra con lui nel veicolo, posizionandosi alle sue spalle e inquadrando fuori dal finestrino il padre del ragazzo in un momento straziante di angoscia e stordimento.

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Ancora una volta uno schermo separa un papà dal suo bambino, anche qui, come nei primi minuti, qualcosa si frappone tra il mondo adulto e quello adolescente, due dimensioni che si guardano e faticano a comunicare, a capirsi.
Lasciamo che la macchina da presa prosegua il suo articolato pianosequenza fino alla stazione di polizia, dove il primo episodio si sviluppa, e soffermiamoci invece su questi primi sei minuti della puntata. Come detto sopra, Adolescence comincia in medias res ed è in questi sei minuti iniziali che sorgono in chi guarda le prime domande: di fronte a un incipit così spiazzante viene da chiedersi cosa sia davvero successo, e davanti a quei pochi elementi forniti - una famiglia all’apparenza comune, un teenager, la pesante accusa di omicidio, un arresto improvviso - si prova a ricomporre i pezzi del quadro, sospendendo il giudizio sul giovane imputato fino a che le indagini non renderanno evidenti prove incriminanti sul finale dell’episodio.

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Ed ecco che, in pochi minuti, lo spettatore è agganciato alla storia (così come la mdp si attacca ai diversi personaggi per spostarsi da un luogo all’altro, come si vede bene durante questa prima puntata dentro la stazione di polizia, o ancora nell’episodio 2, girato all’interno della scuola), vuole conoscere la verità. E mentre lo stile della miniserie ci dà l’illusione di avvicinarci alla realtà (i long take soffocanti, che non lasciano tregua, restituiscono l’idea che la narrazione si svolga in tempo reale, che la finzione catturi la vita nel suo accadere, ma si tratta di un artificio, di una messa in scena ad hoc, studiata in ogni minimo dettaglio), il racconto ci dice che la verità è sfumata, e se talvolta può rispondere ai cosa e ai come, non sempre riesce a sciogliere tutti i perché.

Autore

Giulia Bona

Giulia Bona è nata a Voghera e ha studiato a Milano, dove si è laureata in Lettere moderne e Studi cinematografici con una tesi su Agnès Varda e il riciclaggio creativo. Riempiva quaderni di storie e pensieri, dava inchiostro alla sua penna sul giornalino della scuola, ora scrive per Film Tv. Ama leggere, i sentieri di montagna, la focaccia e sorride quando vede un cane.

La serie tv

locandina Adolescence

Adolescence

Poliziesco - Gran Bretagna 2025 - durata 65’

Titolo originale: Adolescence

Creato da: Stephen Graham, Jack Thorne

Con Owen Cooper, Faye McKeever, Stephen Graham, Hannah Walters, Jon Furlong, Erin Doherty

in streaming: su Netflix Netflix Basic Ads