Inquietante e ambiguo, eppure “normale”, il finale di Anatomia di una caduta di Justine Triet è il finale standard di un film processuale; ma Anatomia di una caduta non è davvero un film processuale. La protagonista Sandra viene assolta e torna nel suo chalet dal figlio ipovedente Daniel, ma la verità giuridica (da sempre distinta dalla Verità con la V maiuscola) non è liberatoria, né salvifica, né rasserenante, non ristabilisce un ordine venuto a mancare, ma anzi certifica una frattura insanabile. Questo perché - appunto - la verità interiore dei personaggi non è palpabilmente conforme alla verità giuridica. Lungi dall’offrire una risposta definitiva sulla colpevolezza o innocenza di Sandra Voyter (la straordinaria Sandra Hüller, omonima del suo personaggio), la conclusione del film di Justine Triet si concentra sul significato intrinseco di questa irrisoluzione, sul peso ineludibile del dubbio e sulle conseguenze psicologiche di una verità elusiva.

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Anatomia di una caduta

L’assoluzione per insufficienza di prove non certifica l’innocenza di Sandra, ma la relega in un limbo di sospetto permanente. Non c’è un coronamento, ma una sospensione, un’istantanea di un equilibrio precario tra la libertà legale e il fardello del dubbio. La chiave è nel rapporto tra Sandra e suo figlio Daniel. La sua testimonianza, incerta e infine determinante per l’assoluzione, instaura tra madre e figlio un legame indissolubile, ma al contempo carico di ambiguità. Come Tae-suk e Sun-hwa si uniscono in un mondo che non li vede (vedi spoiler su Ferro 3), Sandra e Daniel condividono ora un segreto, una verità parziale e forse dolorosa.

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Anatomia di una caduta

L’abbraccio finale non è solo un ricongiungimento, ma il sigillo silenzioso di un’esperienza traumatica condivisa, un non-detto che continuerà a plasmare la loro esistenza. Banalmente Triet non gira un legal drama, nel quale si risolva un mistero, ma vuole esplorare le cicatrici invisibili che la verità incerta lascia dietro di sé. Il significato non risiede in una risposta definitiva, ma nella persistenza del dubbio, nel peso del non-detto e nel legame complesso e silenzioso tra una madre e un figlio costretti a navigare in un mondo in cui la giustizia non sempre coincide con la verità.

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Anatomia di una caduta

Il finale, inoltre, chiarisce la natura formale del film di Triet: un’opera che vuole essere “programmaticamente” ambigua, in cui l’ambiguità è – per paradosso – didascalica (aggettivo ormai consueto nella critica cinematografica): la tensione verso il non-detto e l’assenza di risoluzione sono dichiarate, e sono con tutta evidenza il senso del film. Oltre l’ambiguità nulla. E difatti lo stesso titolo è già di per sé auto-esplicativo: l’anatomia non è quella di un omicidio (come voleva Otto Preminger) ma quella di una “caduta”, non tanto fisica quanto emotiva: la decadenza di un rapporto, anzi di due. Che sancisce la fragilità, forse, di ogni altro rapporto.

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Anatomia di una caduta

Autore

Dario Denta

Nato a Bari nel 1994, ha studiato Matematica e Filosofia tra Perugia e Firenze, caporedattore de Lo Specchio Scuro, è uno dei conduttori del podcast di cinema Salotto Monogatari. Ha scritto su Shiva Produzioni, L’inutile, Ghinea, La Chiave di Sophia, agit-porn e Immoderati e ha dato un piccolo contribuito al Dizionario Mereghetti 2022. Si interessa di estetica del cinema e della videoarte.

Il film

locandina Anatomia di una caduta

Anatomia di una caduta

Thriller - Francia 2023 - durata 151’

Titolo originale: Anatomie d'une chute

Regia: Justine Triet

Con Sandra Hüller, Samuel Theis, Swann Arlaud, Jehnny Beth, Milo Machado Graner, Saadia Bentaïeb

Al cinema: Uscita in Italia il 26/10/2023

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