«Dove cazzo sono?». Sono queste le prime parole della Lady D secondo Larraín. Disorientata. In un film che non c’entra nulla con la cronaca, con il dietro le quinte, il gossip, la versione della Storia, il racconto dei tabloid. Con il cinema biografico. E, soprattutto, con le aspettative su un film su Lady D (non siete soddisfatti? Rimborso in grande cinema).
Perché Spencer è, in primis, un film sulle logiche del potere. Su come il potere riscrive la realtà. Su come produce, forma e deforma, la psiche. E il corpo. E su come la psiche e il corpo del singolo possono, e provano, a resistere. È questo il conflitto che interessa a Larraín. L’attrito che Diana (una perfetta, grottesca, spaesata Kristen Stewart) esercita nei confronti della Corona. Dei suoi riti. Norme. Misure. Perché è la Corona che sceglie di cosa Diana si deve alimentare, come si deve vestire, a quali tempi e luoghi si deve attenere. Cosa deve essere. Da chi si può lasciare guardare.
«Non sono cattivi», si dice. Della servitù che la circonda, della famiglia reale che la opprime. Ed è vero. Perché la Corona non sono loro, non è la Regina. Loro, semplicemente, si lasciano scrivere, sono il tramite con cui il potere si fa reale, sono l’aspetto contingente: «Devi essere in grado di far fare al tuo corpo cose che odi», dice Carlo a Diana. «Non vogliono che siamo persone». E poi, soprattutto, «devono esserci due te». Il punto è, ancora, quello che Ernst H. Kantorowicz chiamava I due corpi del re.
Lo stridio tra il corpo immortale, quello simbolico, quello che la gente chiama Lady D, quello della prossima regina, e il corpo semplice, mortale, di una donna, Diana. Un corpo che subisce e rigetta (letteralmente: se mangia, vomita) il suo doppio, così come il film (sin dal titolo) rigetta il reale (in tutti e due i sensi), disintegrandosi in frammenti. E allucinandosi verso la storia di fantasmi. Perché la Corona è uno spettro, astratto e superiore. Uno sguardo dall’alto, che tutto osserva, contiene, rinchiude. Un Overlook.
Per questo, in un gesto cinematografico che supera il banale lessico del postmoderno (come Matrix: Resurrections, in questa stagione), Spencer è un film che abita il cinema di Stanley Kubrick (i quadri di Barry Lyndon, gli omaggi a Eyes Wide Shut), e l’Overlook Hotel di Shining, nello specifico. Come un museo (vedi Ready Player One e Doctor Sleep): perché, per la Corona come per il film del 1980, esiste un solo e unico tempo, in cui il presente è il passato (anche del cinema), in cui sono i ruoli, gli abiti, le regole, a pesare, e non le persone. Solo che Larraín sceglie di liberare Lady D, perché non è Ema, e sa che non può farcela da sola: le restituisce il cognome, il proprio passato, un futuro impossibile che è anche un cinema differente, lontano. «Non abbiamo mai avuto un miracolo prima: non so com’è», dicono i protagonisti. Ed eccolo, dunque: alette Kentucky Fried Chicken, una famiglia che corre (e non muore) in automobile, le note di All I Need Is a Miracle di Mike & the Mechanics. Come in una banale commedia americana, fuggita da un film dell’orrore.
Il film
Spencer
Storico - Regno Unito, Germania, Cile 2021 - durata 111’
Titolo originale: Spencer
Regia: Pablo Larrain
Con Kristen Stewart, Timothy Spall, Sally Hawkins, Jack Farthing, Sean Harris, Stella Gonet
Al cinema: Uscita in Italia il 24/03/2022
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Amazon Video Rakuten TV Timvision Infinity Selection Amazon Channel Infinity+ Now TV Netflix Netflix basic with Ads Amazon Prime Video
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