Il carcere proietta un’ombra ingombrante sul cinema di Mohammad Rasoulof. Così come l’esilio, la fuga e i suoi scontri con Teheran. Rasoulof è senza dubbio uno dei maggiori autori del cinema contemporaneo. La parabola della sua evoluzione artistica, dalle prime opere allegoriche e metaforiche ai drammi degli ultimi anni, evidenzia un pensiero critico - teso verso un’essenzializzazione del segno e al lavoro sulla durata dell’inquadratura, in un’economia del montaggio serrata - che è riuscito a elaborare una tensione di matrice hitchcockiana aderendo alla lezione di Bresson. Nel cinema di Rasoulof la tensione, intesa come elemento thriller, nasce sempre dall’osservazione delle azioni di uomini in bilico sul crinale di scelte etiche.

Il seme del fico sacro, il cui titolo rimanda nella sua evocazione allegorica a opere come The White Meadows (“le bianche distese”), è legato alla quotidianità di un uomo, Iman (Misagh Zare), nominato giudice istruttore presso il tribunale rivoluzionario di Teheran. In questa funzione si trova ad affrontare le proteste del movimento Donna, vita, libertà. Gli arresti si trasformano subito in sentenze di morte. Le figlie, che partecipano alle proteste, nascondono in casa una coetanea ferita gravemente al volto mentre la moglie, lacerata fra il dovere coniugale e l’amore filiale, è impotente. La situazione domestica precipita quando la pistola d’ordinanza di Iman scompare, incrinando il suo prestigio. Il fico sacro, albero venerato da induisti, buddhisti e giainisti, sviluppandosi, tende a soffocare con i suoi rami gli alberi vicini.

Con una metafora evidente ma opaca, Rasoulof crea un meccanismo implacabile originandolo da un classico elemento poliziesco: un poliziotto perde la sua arma. Con lucidità implacabile (evidenziata, come forse ricorderanno i lettori, nell’intervista che Rasoulof concesse al nostro giornale sul n. 11/2022, nella quale prevedeva con straordinario acume non solo il suo destino individuale ma quello dell’Iran tutto) e con precisione hitchcockiano-bressoniana, il film procede a evidenziare un processo di disgregazione violentissimo. Le attese e i silenzi gestiti con sublime sapienza formale, l’insistenza nel voler osservare le derive della violenza fanno di Il seme del fico sacro non solo un thriller implacabile ma anche uno dei film politici più inesorabili degli ultimi decenni.
Nell’intervista succitata, Rasoulof si rammaricava di come la situazione politica lo avesse costretto a mettere da parte la ricercatezza del linguaggio a favore di un’efficacia priva di ambiguità. La progressione che da Goodbye, Manuscripts Don’t Burn e A Man of Integrity conduce a Il seme del fico sacro manifesta invece il farsi di un pensiero formale potente, nel quale l’inquadratura si offre come spazio mentale del potere politico da cui la durata e le scelte accurate di montaggio ipotizzano una via di fuga. È dai tempi di La confessione di Costa-Gavras che un sistema di oppressione non viene messo in immagini con la precisione di Il seme del fico sacro: l’anno uno del cinema iraniano.
Il film
Il seme del fico sacro
Drammatico - Iran, Francia, Germania 2024 - durata 168’
Titolo originale: The Seed of the Sacred Fig
Regia: Mohammad Rasoulof
Con Misagh Zare, Soheila Golestani, Mahsa Rostami, Setareh Maleki, Niousha Akhshi
Al cinema: Uscita in Italia il 20/02/2025
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