Un riflettore si accende e proietta un cerchio di luce. Un occhio di bue illumina la scena, al cui centro arriva cigolando una macchinina. Dal veicolo in miniatura spunta un piede, poi da quello spazio minuscolo fuoriesce a fatica la figura di un clown.

Già questo primo gioco di proporzioni - un incastro vertiginoso di forme, una matrioska impossibile - anticipa le fantasiose scatole cinesi di cui è fatto Paprika - Sognando un sogno (2006), ultimo bellissimo film di Satoshi Kon, che torna in sala restaurato in 4K dal 17 al 19 febbraio. In tutto l’incipit si sovrappongono livelli diversi, si aprono varchi che conducono altrove, in una mirabolante girandola di colori e sagome. Infatti il pagliaccio uscito dalla micro automobile annuncia che stiamo per assistere al «più grande spettacolo del mondo!» ed eccoci catapultati in un circo, in mezzo a saltimbanchi, acrobati, ballerine, animali.

Tra il pubblico festante l’attenzione cade su un uomo, il detective Konakawa, sulle tracce di qualcuno. Da qui l’investigatore in missione viene risucchiato - e noi spettatori con lui - in un labirinto di situazioni surreali: per il trucco di magia di un prestigiatore, Konakawa si ritrova prima chiuso in una gabbia, poi circondato da uomini, donne e bambini che hanno tutti la sua stessa faccia.

Il pavimento cede sotto i suoi piedi, diventa molle come sabbie mobili, e lui cade nel vuoto, ma viene prontamente afferrato da una trapezista, una ragazza dai capelli rossi. E poi la scena cambia: l’uomo e la sua salvatrice passano senza soluzione di continuità dal tendone circense a una giungla, appesi a una liana come in Tarzan.

Un montaggio serrato scaraventa i due da un “set” all’altro, da un noir a un romance, fino a quando Konakawa arriva di fronte a un lungo corridoio, dove un uomo ferito sta cadendo a terra e un altro scappa. Il detective si lancia all’inseguimento del fuggitivo, ma qualcosa lo frena: la terra sotto di lui si accartoccia, poi scompare. Vuoto.

La visione è finita e Konakawa si sveglia su un letto, dentro a una stanza; alle tempie pulsa uno strano apparecchio: è il DC Mini, «la chiave scientifica che ci permette di aprire la porta dei nostri sogni», spiega la ragazza dai capelli rossi accanto a lui, la stessa che lo aveva soccorso poco prima. Quella misteriosa fanciulla è Paprika, alter ego onirico della dottoressa Atsuko Chiba, che, prima dell’estrattore Cobb di Inception, utilizza il sorprendente device (simile allo SQUID di Strange Days o al pod di eXistenz) per curare pazienti psichiatrici entrando nel loro subconscio e manipolando ciò che sognano.

Inoltre - ce lo mostra la scena successiva -, il DC Mini consente di rivedere i sogni sullo schermo di un computer, attraverso un’interfaccia che ci è quanto mai familiare: un flusso di immagini disomogenee che scorre sulla superficie di un display. «Non credi che i sogni e internet siano simili?» dice infatti Paprika, cogliendo nel segno il nodo centrale del nostro contemporaneo rapporto con le immagini riprodotte, anticipando l’ipertrofia dei social - le parate allucinatorie che vedremo nel corso del film non assomigliano a uno qualsiasi dei nostri feed, un accumulo debordante e incontenibile di immagini disordinate?

In questo flusso caotico, la dimensione della realtà e quella onirica si intersecano, e proprio il rimescolamento di vero e finto è uno dei temi esplorati da Satoshi Kon nella sua opera, dall’esordio Perfect Blue a Millennium Actress, dove i protagonisti balzano da un genere cinematografico a un altro, proprio come accade, in versione compressa, nell’incipit di Paprika. Perché se è vero che i sogni sono simili a internet, è altrettanto vero che assomigliano anche a film (ce lo spiega esplicitamente la nostra “donna dei sogni”: «La fase REM, che avviene più avanti nel ciclo del sonno, è più lunga e facile da analizzare. Se i cicli precedenti sono cortometraggi artistici, i cicli successivi sono come film da botteghino»).

Infatti, durante la sua visione, Konakawa passa dall’avventura, al noir/thriller, alla commedia romantica, come se sogni e cinema fossero fatti della stessa materia traslucida, entrambi liberissimi di muoversi nel tempo e nello spazio, di girovagare, inventare, manipolare. Questa libertà fluida è perfettamente messa in scena nei bellissimi titoli di testa di Paprika, durante i quali la protagonista saltella agilmente tra piani diversi, ingrandendosi e rimpicciolendosi, passando dallo sfondo al primo piano, mutando forma: eccola allora sulla moto, poi a cavallo di un razzo nel cielo, e ancora figura bidimensionale che passeggia tra i cartelloni pubblicitari appesi sopra i grattacieli e poi dentro e fuori lo schermo di un computer, sagoma che si riflette in uno specchio o si riduce a icona stampata su una maglietta. Paprika è libera, cangiante, e questo incipit è un meraviglioso compendio dei sogni cinematografici creati da Satoshi Kon.
Il film
Paprika
Animazione - Giappone 2006 - durata 90’
Titolo originale: Paprika
Regia: Satoshi Kon
Al cinema: Uscita in Italia il 15/06/2007
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Amazon Video
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