Se proprio volessimo ridurlo all’osso, il gesto cinematografico (ma anche fotografico) di base è quello, di fronte al flusso indistinto di sensazioni e di elementi che popolano il campo visivo, di selezionarne uno e di stagliarlo dallo sfondo. Letteralmente di inquadrarlo: nel senso di perimetrarlo in un quadro che lo isoli dal resto della realtà. Qual è dunque l’elemento su cui dobbiamo posare il nostro sguardo? Che cos’è che nel flusso indistinto della realtà può “fare macchia”? Hong Sang-soo ha deciso da anni di basare il suo cinema su questa differenza minima (la matrice teorica è Right Now, Wrong Then), eppure, anche a dispetto dei detrattori che lo accusano di girare sempre lo stesso film, a partire da In Water qualcosa è cambiato.

L’elemento che “fa macchia” - o che potremmo dire “fa la differenza” - è sempre più difficile da trovare, perso in un mare di colore dai contorni sempre più indistinti, e sommerso in un’immagine digitale che è sempre più fuori fuoco. Lui stesso, vittima di una malattia degenerativa, ha parlato apertamente del declinare della sua vista e di come quest’immagine digitale sfocata sia ormai la sostanza della sua visione sul mondo. In Una viaggiatrice a Seoul, dove a sette anni da La caméra de Claire torna Isabelle Huppert, i colori del personaggio di lei (il vestito a fiori, il cappello di paglia, il maglioncino verde) si perdono nello sfondo, come se tra il mondo e il personaggio non ci fosse più alcuna differenza. Eppure questa volta la differenza si palesa non in quell’epifania visiva dai contorni sfuggenti e ineffabili attorno a cui ruotava la vicenda di In Water, ma nel linguaggio.

Iris (talmente indistinta dal mondo da avere addirittura il nome di un fiore) è infatti un’improvvisata maestra di francese a Seoul, e nella gran parte dei dialoghi del film si sovrappongono tre lingue diverse: il coreano, il francese e l’inglese. Creando continue incomprensioni e fraintendimenti. Ma è proprio in queste fratture che qualcosa può accadere: «Impareremo ad amare le nostre emozioni espresse in una lingua straniera» dice Iris. Infatti, nelle consuete scenette che si susseguono nel film quello che fa differenza è sempre un fraintendimento linguistico, un sovrapporsi di idiomi diversi che vengono moltiplicati tecnologicamente da registratori, cellulari, cartoncini.

E paradossalmente è proprio dalla confusione data dal sovrapporsi di traduzioni imperfette (e traduzioni di traduzioni) che i personaggi sembrano sempre dire esattamente quello che volevano dire e sembrano in grado di esprimere le emozioni che provano. In questa variazione sul tema di Teorema di Pasolini - appunto, l’arrivo di un personaggio estraneo che “fa macchia” - Hong riesce ancora una volta a mettere a tema il palesarsi di una differenza minima. Che in questo caso sembra provenire dal nulla, o meglio dalla magia di una specie di strega («mi sento stregato da lei» dice a un certo punto un personaggio riferendosi a Iris; «cerca l’illuminazione in un mondo disincantato» dice un altro). Come se, anche in un mondo ormai completamente fuori fuoco, qualcosa, in modo inspiegabile, potesse ancora accadere.
Il film
Una viaggiatrice a Seoul
Commedia - Corea del Sud 2024 - durata 90’
Titolo originale: Yeohaengjaui Pilyo
Regia: Hong Sang-soo
Con Isabelle Huppert, Hye-young Lee, Kwon Hae-hyo, Yunhee Cho, Ha Seong-guk, Kim Seung-yoon
Al cinema: Uscita in Italia il 13/02/2025
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