Se proprio volessimo ridurlo all’osso, il gesto cinematografico (ma anche fotografico) di base è quello, di fronte al flusso indistinto di sensazioni e di elementi che popolano il campo visivo, di selezionarne uno e di stagliarlo dallo sfondo. Letteralmente di inquadrarlo: nel senso di perimetrarlo in un quadro che lo isoli dal resto della realtà. Qual è dunque l’elemento su cui dobbiamo posare il nostro sguardo? Che cos’è che nel flusso indistinto della realtà può “fare macchia”? Hong Sang-soo ha deciso da anni di basare il suo cinema su questa differenza minima (la matrice teorica è Right Now, Wrong Then), eppure, anche a dispetto dei detrattori che lo accusano di girare sempre lo stesso film, a partire da In Water qualcosa è cambiato.

Isabelle Huppert, Ha Seong-guk
Una viaggiatrice a Seoul (2024) Isabelle Huppert, Ha Seong-guk

L’elemento che “fa macchia” - o che potremmo dire “fa la differenza” - è sempre più difficile da trovare, perso in un mare di colore dai contorni sempre più indistinti, e sommerso in un’immagine digitale che è sempre più fuori fuoco. Lui stesso, vittima di una malattia degenerativa, ha parlato apertamente del declinare della sua vista e di come quest’immagine digitale sfocata sia ormai la sostanza della sua visione sul mondo. In Una viaggiatrice a Seoul, dove a sette anni da La caméra de Claire torna Isabelle Huppert, i colori del personaggio di lei (il vestito a fiori, il cappello di paglia, il maglioncino verde) si perdono nello sfondo, come se tra il mondo e il personaggio non ci fosse più alcuna differenza. Eppure questa volta la differenza si palesa non in quell’epifania visiva dai contorni sfuggenti e ineffabili attorno a cui ruotava la vicenda di In Water, ma nel linguaggio.

Isabelle Huppert
Una viaggiatrice a Seoul (2024) Isabelle Huppert

Iris (talmente indistinta dal mondo da avere addirittura il nome di un fiore) è infatti un’improvvisata maestra di francese a Seoul, e nella gran parte dei dialoghi del film si sovrappongono tre lingue diverse: il coreano, il francese e l’inglese. Creando continue incomprensioni e fraintendimenti. Ma è proprio in queste fratture che qualcosa può accadere: «Impareremo ad amare le nostre emozioni espresse in una lingua straniera» dice Iris. Infatti, nelle consuete scenette che si susseguono nel film quello che fa differenza è sempre un fraintendimento linguistico, un sovrapporsi di idiomi diversi che vengono moltiplicati tecnologicamente da registratori, cellulari, cartoncini.

Isabelle Huppert
Una viaggiatrice a Seoul (2024) Isabelle Huppert

E paradossalmente è proprio dalla confusione data dal sovrapporsi di traduzioni imperfette (e traduzioni di traduzioni) che i personaggi sembrano sempre dire esattamente quello che volevano dire e sembrano in grado di esprimere le emozioni che provano. In questa variazione sul tema di Teorema di Pasolini - appunto, l’arrivo di un personaggio estraneo che “fa macchia” - Hong riesce ancora una volta a mettere a tema il palesarsi di una differenza minima. Che in questo caso sembra provenire dal nulla, o meglio dalla magia di una specie di strega («mi sento stregato da lei» dice a un certo punto un personaggio riferendosi a Iris; «cerca l’illuminazione in un mondo disincantato» dice un altro). Come se, anche in un mondo ormai completamente fuori fuoco, qualcosa, in modo inspiegabile, potesse ancora accadere.

Il film

locandina Una viaggiatrice a Seoul

Una viaggiatrice a Seoul

Commedia - Corea del Sud 2024 - durata 90’

Titolo originale: Yeohaengjaui Pilyo

Regia: Hong Sang-soo

Con Isabelle Huppert, Hye-young Lee, Kwon Hae-hyo, Yunhee Cho, Ha Seong-guk, Kim Seung-yoon

Al cinema: Uscita in Italia il 13/02/2025