«Piango per l’America», così Richard Young commenta l’arruolamento volontario in marina del fratello. «Combatterà i comunisti». Zemeckis osserva il mondo da una grande finestra circolare, anzi da tante piccole finestre aperte nell’inquadratura fissa come un ipertesto movimentato. La scacchiera si anima e non sai dove guardare: Benjamin Franklin, il rivoluzionario, autore della Dichiarazione d’indipendenza, e il figlio (“illegittimo”) William, lealista reazionario, che costruì nel Settecento la sua casa nel New Jersey davanti a quella della famiglia Young? Il padre black che oggi dà lezioni di sopravvivenza anti-poliziesca al figlio teenager? L’inventore della poltrona La-Z-Boy anni 40 o il dono di una collana di pietra del giovane “indiano” alla sua ragazza? Flusso narrativo non lineare.
I quadretti mobili sembrano dipinti di Norman Rockwell o di Mary Cassatt o meglio di Richard McGuire, artista esposto al MoMA di New York. Sue le illustrazioni leggendarie di Qui, nato come fumetto nel 1989 e ampliato in graphic novel nel 2014. Effetto trasparenza, come vedere al di là di un vetro. Il film si può sfogliare attraverso i secoli americani, tutti trascorsi qui, nello stesso luogo prima abitato dai dinosauri, poi dai nativi, poi dalla modernità, unico punto di vista, un palco teatrale, che sfonda la quarta parete. Ricognizione spaziotemporale e transmediale amata dal regista di Forrest Gump, da cui provengono i protagonisti, l’autore delle musiche Alan Silvestri, lo sceneggiatore Eric Roth, e gli attori Robin Wright (Margaret) e Tom Hanks (Richard), al centro dell’azione rimodellati con la tecnica del ringiovanimento digitale, già utilizzata da Scorsese per De Niro e sul vecchio Indiana Jones. Zemeckis ne estremizza la metamorfosi facciale e umanizza il Tom Hanks “cartone animato” di Polar Express.
Cinema sperimentale che coniuga Andy Warhol con le magie dell’AI, e va oltre l’inquadratura ferma sullo scorrere della vita, la prospettiva scenica si allarga, il punto di fuga mette in tensione lo sguardo. Si gioca con le piccole cose di ogni giorno, i bambini urlanti, i Beatles in tv (autocitazione di 1964 allarme a New York arrivano i Beatles!), si assiste alla morte e alla perdita della memoria... È necessario riavvolgere l’home video con l’euforia del Natale, passato, presente e futuro. Ritorno a A Christmas Carol, ghirlande, neve, alberi infiocchettati nel trascorrere del tempo, da quando nel 1945 il reduce dalla Seconda guerra mondiale Al (Paul Bettany) e Rose (Kelly Reilly) Young entrarono nell’appartamento dove nacque Richard. Here racconta il fallimento del Sogno americano, nessuno riuscirà a realizzarlo, tranne la coppia senza figli. Margaret non sarà avvocato, Richard smetterà di dipingere perché in mancanza di sostegno pubblico all’istruzione e alla sanità non resta “per fare soldi” che vendere qualcosa, assicurazioni o aspirapolvere. Eppure c’è qualcosa di gioioso nel film, una specie di “slancio vitale”, la scoperta di un possibile cambio di visione quando la camera si gira, scopre l’altra parte della stanza, esce dalla gabbia-vetrata e lievita in alto per inquadrare la finestra - l’esistenza individuale - finalmente con gli occhi del mondo.
Il film
Here
Drammatico - USA 2024 - durata 104’
Titolo originale: Here
Regia: Robert Zemeckis
Con Robin Wright, Tom Hanks, Paul Bettany, Kelly Reilly, Michelle Dockery, Gwilym Lee
Al cinema: Uscita in Italia il 09/01/2025
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