Ingrid (Julianne Moore) è una scrittrice, scrive di sé, è il proprio argomento, e dunque non può che temere la morte. Martha (Tilda Swinton) è stata una fotoreporter in territori di guerra, e della morte, da sempre, è stata testimone. Le due sono state amiche, sono state innamorate dello stesso uomo (John Turturro), si sono perse. Si ritrovano ora, quando la prima scopre che la seconda è malata di cancro, e le fa visita in ospedale, dopo un ricovero. La proposta che segue, e che Martha fa a Ingrid, è una di quelle che può rifiutare, perché sarebbe facile, occhio non vede, cuore non duole, e invece no: le chiede di accompagnarla in una casa di gran classe, nel bosco, per starle accanto fino a quando il dolore non sarà insostenibile, fino a quando il tempo sarà finalmente arrivato, cioè il momento giusto per farla finita, con una pillola e nessun cenno d’avviso, una notte come un’altra. Solo una porta chiusa a segnalare il suicidio avvenuto - o meglio: una morte degna raggiunta - nella camera a fianco. Detto, fatto.
Leone d’oro all’81ª Mostra di Venezia, La stanza accanto è, ma non è solo, un Almodóvar ai minimi termini, iperstilizzato nelle geometrie e nei colori, chiuso in se stesso come a riproporre le linee del proprio lavoro, la pelle che abito, i tratti già infinitamente riprodotti di Hitchcock e Sirk. Non è soltanto quel cinema freddo e lucido, incestuoso e struggente, a cui di frequente ricorre, quel cinema cieco con tanto passato e poco presente, figuriamoci futuro (Gli abbracci spezzati), quel cinema da cui è impossibile uscire (Dolor y gloria), ma da continuare a fare, anche se è sempre e soltanto un rifare (Gli amanti passeggeri). Lo è, ma è anche una cosa diversa: La stanza accanto è un film che vuole spogliarsi e si spoglia, che chiama sé numi cinefili (Bergman, Fassbinder, Keaton, Ophüls, Rossellini...), che si apre a parentesi del passato bigger than life (la memoria si presenta in forme sfacciatamente mélo), riflette sull’ecologia del presente (la catastrofe ambientale intorno), semina esche, accende tensioni, illude lo spettatore con possibili turning point gialli o processuali, fa comparire - persino - una donna che visse due volte.
Ma non c’è mai quella svolta, perché c’è solo la morte, semplicemente, da aspettare e accettare, due donne a parlare e ascoltarsi in ambienti eleganti e colori saturi, il cinema a spogliarsi dal meta-cinema, dal secondo grado, dal gioco e dal solito, e ridursi all’essenziale, a due dive e al loro recital, alle cose che contano, tanto che quando risuonano le parole di Gente di Dublino non pare un omaggio, un di più, ma solo poesia. Come se per una volta il cinema non fosse reo del delitto perfetto con cui sostituire il reale, ma al contrario un modo per sostenerlo, sentirlo, accettarlo. O forse no, forse è anche e soprattutto il contrario: perché alla fine l’interprete di Martha è ancora lì, con quella di Ingrid, Tilda insieme a Julianne, e forse il mondo, il male, la morte possono aspettare un pochino, chiusi dietro una porta, nella stanza accanto a quella del cinema.
Il film
La stanza accanto
Drammatico - Spagna 2024 - durata 110’
Titolo originale: The Room Next Door
Regia: Pedro Almodóvar
Con Tilda Swinton, Julianne Moore, John Turturro, Alessandro Nivola, Juan Diego Botto, Victoria Luengo
Al cinema: Uscita in Italia il 05/12/2024
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