Alla base c’è una novella di Henry James, La bestia nella giungla: pagine che hanno ispirato il Truffaut di La camera verde, una sublime riscrittura per il teatro di Marguerite Duras e un adattamento contemporaneo (notevole) di Patric Chiha. La storia di un uomo e di una donna nell’Inghilterra del XIX secolo, del loro possibile amore rimandato, frustrato, negato dal presentimento di catastrofe che ammorba il personaggio maschile. Il punto è una questione attuale: il diffidare delle spire della passione, della tempesta di quello che resta non prevedibile, quantificabile e misurabile, il preferire, secondo agenda di oggi, un’ovatta serena e gestibile al rischio dei sentimenti in subbuglio, la pace all’angoscia degli affetti.
Bonello sceglie come protagonista dell’oscuro presagio Léa Seydoux invece dell’uomo (il film, con France e Storia di mia moglie, è il termine di una possibile trilogia secondo la star francese sul corpo e il ruolo d’attrice, di donna di fronte allo sguardo, di soggetto e oggetto della messa in scena), le accosta un attonito, imploso, meccanico George MacKay al posto del tragicamente defunto Gaspard Ulliel (a cui il film è dedicato) e gioca da musicista sul variare dei temi, mandandoli in loop e riarrangiandoli in tre epoche, come una belle histoire d’amour fou che attraversa il tempo, un rapporto non consumato che si ricorda le vite precedenti e spera, cronenberghianamente, nel godere «la prossima volta».
«In che anno siamo?»: 1910, il 2014 e 2044. Dal period drama allo slasher alla sci-fi da camera. A ogni periodo una sciagura, l’alluvione della Senna, un terremoto e un omicidio e, infine, l’apocalisse reale: la purificazione dai sentimenti, la medicalizzazione del cuore, l’anestesia delle emozioni. Il delitto perfetto riesce al futuro prossimo venturo, ed è questione di algoritmi e di AI.
Non c’è nulla come un adattamento letterario per mettere in scena quel che è già scritto, il senso di fine incombente, la tensione verso un destino predeterminato: Bonello muove i suoi personaggi come replicanti, come marionette (nel film si producono e disseminano bambole) o come manichini che riabitano non solo James, ma anche la storia della settima arte, in un’ulteriore conferma di quel cinema-museo che andiamo indicando da tempo: il frammento novecentesco è un remix di L’età dell’innocenza, il futuro si confronta con «l’immagine della propria morte» di La jetée, il passato prossimo s’ispira - parola dell’autore - a Quando chiama uno sconosciuto, gli strumenti dell’angoscia sono tutti figli del cinema di David Lynch.
E non solo. Il centro di questo mélo è uno spostamento politico dal testo originario: l’angoscia, anche quella della catastrofe, è forma resistente contro il mondo sintetico, lo è la paura come lo è il rischio d’amore. È quel che resta di vivente. Quel che dimostrano Bonello e Seydoux è che anche quando il cinema è e sarà già scritto, una mera questione di archivio, un gioco combinatorio, un ready-made algoritmico, il punto è e sarà quel che non è replicabile: la regia di un grande autore, l’arte di una grande attrice.
Leggi anche
The Beast di Bertrand Bonello, sostenuto dal progetto di Film Tv Anima e corpo, è distribuito in sala da I Wonder Pictures a partire dal 21 novembre 2024. Qui potete consultare la lista dei cinema in cui sarà proiettato, città per città.
Il film
The Beast
Fantascienza - Francia, Canada 2023 - durata 145’
Titolo originale: La Bête
Regia: Bertrand Bonello
Con Léa Seydoux, George MacKay, Tiffany Hofstetter, Guslagie Malanda, Julia Faure, Philippe Katerine
Al cinema: Uscita in Italia il 21/11/2024
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta