Del fascino prototipale dello slasher Black Christmas come introduzione a tutti gli stereotipi del genere, da Halloween (di tre anni dopo) in giù, si è scritto ampiamente e in più sedi. Nel film di Bob Clark il serial killer uccide in ordine tutti i componenti della confraternita femminile Pi Kappa Sigma e qualche altro malcapitato di passaggio, sfogando una furia omicida che si stringe sempre più violenta intorno alla final girl Jesse, mentre la polizia brancola nel buio e gli spazi domestici perdono la loro accezione di luogo sicuro e confortevole.

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Black Christmas

È proprio lo spazio domestico, la casa, a fare da soggetto delle inquadrature iniziali e finali di Black Christmas, lo sfondo di titoli di testa e di titoli di coda, l’apertura e la chiusura del cerchio. La leggera differenza nella posizione della macchina da presa nel finale rispetto all’inizio è il nodo fondamentale della strategia di Bob Clark per evocare la perdita di qualsiasi sicurezza e l’onnipresenza del regime di pericolo anche quando il mondo (Jesse, la polizia) sono convinti di aver risolto il problema e di aver acciuffato il killer.

Nel finale, infatti, la camera è disposta più in alto che nell’inquadratura iniziale del film, a conclusione di un movimento a ritroso che dalla finestra della soffitta si porta sulla strada, a esplorare i contorni di una tipica scenografia dell’horror slasher. Quella che prima era solo minaccia, che osservava la casa dal basso, è diventata cupa certezza, e osserva la casa dall’alto.

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Black Christmas

Siamo in alto perché veniamo dalla soffitta in cui il serial killer si è asserragliato, e in cui ha disposto scenograficamente la sua prima vittima Claire (soffocata con un sacchetto di plastica) seduta a guardare dalla finestra, come l’immobile pupazzo di una casa di bambole di cui adesso muove lui i fili. È il perfetto nascondiglio e nessuno gli si avvicina tranne la sfortunata Mrs. Mac a metà film: è la vedetta perfetta per un serial killer demiurgo.
Il movimento del finale è ideale prolungamento del ritorno continuo delle soggettive del serial killer in tutto il film.

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Black Christmas

Presenza fisica ma quantomai spettrale, impercepibile, felpata, incomprensibile nelle voci schizofreniche che recita al telefono quando chiama le ragazze Pi Kappa Sigma spaventandole, l’assassino di Black Christmas è alla fine un fantasma perché lo credono tutti morto, e perché nessuno sa che medita ancora nel cuore intimo della casa non visto. Come è all’inizio lui che si avvicina fisicamente alla casa, così è possibile che sia lui nei tre piani sequenza finali del film a spostarsi ormai ectoplasmatico, sospeso e leggero come una piuma.

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Black Christmas

Ma il killer è un fantasma fin dall’inizio, e abita spazi e dinamiche altre da quelle del film, rievocate dalle strane frasi che sbraita al telefono. L’assassino cita continuamente una madre, una tale Agnes, un tale Billy, e poco altro ci è dato sapere del suo delirio se non che le sue vittime fisiche ne sono soccombenti indirette, incidenti di percorso, corpi da annullare al passaggio nel tentativo di raggiungere un’impossibile catarsi. Il killer di Black Christmas fa un suo percorso ma né lo spettatore né gli altri personaggi del film lo conosceranno mai. È un fantasma fin dall’inizio, il finale non fa che confermarlo.

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Black Christmas

E se c’è qualcosa che fa paura è proprio l’ignoto narrativo di questo assassino. La polizia, e forse anche lo spettatore per qualche minuto alla fine del film, potrà illudersi di associare l’identità del killer a quella di Peter, che non vuole che Jesse abortisca suo figlio. La rivendicazione del maschio Peter sul corpo della femmina Jesse si appaierebbe opportunamente con la macelleria misogina di tutto il film, che vuole le donne vittime preferenziali e inevitabili. Ma il finale nega anche questo e il telefono riprende a squillare; il male prescinde dai motivi politici e trascende dai suoi limiti fisici, è nascosto nella soffitta ma in realtà è in aria, e invisibile, e scruta la casa che ha ormai conquistato.

Autore

Marco Grifò

Il suo percorso di studi nulla ha a che vedere col cinema, ma è col cinema che avviene la sua vera formazione: appassionato fin dall’infanzia, autore-amatore nella community di filmtv.it da quando ha 17 anni e frequentatore ipercinetico di festival internazionali da quando ne ha 18. Collabora con la rivista di cinema Lo Specchio Scuro, ha pubblicato su Eidos e su Cinergie e co-gestisce il podcast di cinema Salotto Monogatari dalla fine del 2019. Dall’inizio del 2022 fa parte del team di programmazione del Sicilia Queer FilmFest di Palermo, e crede, a costo di passare per bizzarro, che l’horror found footage sia uno dei fenomeni più importanti e sottovalutati del nuovo millennio.

Il film

locandina Black Christmas - Un natale rosso sangue

Black Christmas - Un natale rosso sangue

Thriller - Canada 1974 - durata 98’

Titolo originale: Black Christmas

Regia: Bob Clark

Con Olivia Hussey, Keir Dullea, John Saxon, Margot Kidder, Mary Elizabeth Winstead, Marian Waldman

in streaming: su MIDNIGHT FACTORY Amazon Channel