Il 22 settembre 2004, negli Stati Uniti, precipitava dentro il piccolo schermo la prima puntata di una serie tv che è si è guadagnata un posto di tutto rispetto nella storia della serialità e che, soprattutto, ha cambiato il nostro modo di essere spettatori. Esattamente 20 anni fa è stato trasmesso (da ABC negli Usa; in Italia arriva su Fox il 22 marzo) l’episodio pilota - per la precisione, la prima parte del pilota - di Lost, creata da J.J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber. Venti anni fa, il famigerato volo Oceanic 815 si schiantava sull’Isola, dando il la a una vera e propria esperienza di visione lunga sei stagioni, durata fino al 2010.
L’idea all’origine prendeva ispirazione da Il signore delle mosche, Cast Away e il reality game Survivor. Ecco allora l’incidente aereo, i sopravvissuti, l’isola deserta e magica, una micro società da ricreare in situazioni estreme; ecco allora il pilota, suddiviso appunto in due parti (45 minuti ciascuna, trasmesse rispettivamente il 22 e il 29 settembre), diretto da J.J. Abrams e considerato, fino a quel momento, il pilot più costoso di sempre, con circa 14 milioni di dollari di budget (record battuto negli anni da Boardwalk Empire e Westworld). Qui sono condensate le “regole del gioco” del fenomeno Lost.
La puntata numero 1 comincia con il dettaglio di un occhio che si apre (ci torniamo): un uomo si risveglia in una foresta, corre verso l’oceano e scopre i resti di un aeroplano, attorno ai quali si agitano in preda al caos alcuni suoi compagni di viaggio. Siamo da subito catapultati in medias res al centro del disastro, in mezzo alla catastrofe, e proviamo a orientarci seguendo le traiettorie dell’uomo che abbiamo visto pochi istanti prima: nell’isteria generale, lui, Jack Shepard, soccorre i feriti, mette in salvo i superstiti, raduna e guida “il gregge” come un buon pastore. Intanto la macchina da presa si muove frenetica tra detriti, fiamme, corpi, soffermandosi qua e là su alcuni volti che impareremo a conoscere (e amare e odiare).
Proseguendo, dopo l’intervento salvifico di Jack - già tratteggiato come leader, stereotipo dell’eroe incrollabile, dell’uomo di scienza ostinatamente razionale -, entrano in scena altri personaggi e la puntata (come la successiva) si sviluppa su due binari paralleli, che costituiranno la struttura di base della serie: da una parte, l’esplorazione dell’isola e dei suoi infiniti segreti, con una linea temporale del presente che si diverte a osservare le dinamiche di gruppo di questa nuova comunità; dall’altra, i flashback che raccontano, un tassello alla volta, il background di ogni sopravvissuto. A concludere il pilota, poi, c’è un cliffhanger, espediente narrativo ricorrente in Lost, quasi il marchio di fabbrica di una serie capace di generare finali sospesi via via sempre più fantasiosi.
Visto oggi, a 20 anni di distanza, possiamo scorgere in quel pilot gli elementi caratteristici di Lost, quelli che lo spettatore-fan conosce e si aspetta, accettando anche di vederli portati alla loro esasperazione: i salti temporali si complicano, spostandosi avanti, indietro, di lato, in parallelo; l’oscillare tra racconto corale e focus su ogni personaggio si allarga a nuovi volti; i misteri da svelare aumentano a dismisura, traboccano, fuoriescono dai confini del piccolo schermo per invadere altri media (su internet spuntano forum e blog per commentare le puntate e approdano gli alternate reality game come The Lost Experience), trasformandosi in rompicapi da smontare oltre i limiti della finzione, enigmi da risolvere sì, ma insieme, sfruttando la connessione della rete, come fandom.
Lost è la serie tv della condivisione, della visione collettiva, ci ha trasformati in una community di spettatori-detective elettrizzati dallo scoprire cosa c’è nella Botola, chi sono gli Altri, cos’è davvero l’Isola. Difficile ripetere un evento di tale portata - forse l’ultimo grande fenomeno seriale si è scatenato attorno a Il trono di spade, conclusasi dopo otto stagioni nel 2019.
Vedendo oggi il pilota di Lost, ci rendiamo conto che non siamo più il pubblico di una volta, che è radicalmente cambiato il modo in cui guardiamo: la visione è ora più parcellizzata, frammentata, scissa tra svariate piattaforme zeppe di contenuti, fatta a pezzi da un mercato saturo e cannibale che non dà tregua, nutrita da un consumo compulsivo - per parafrasare uno dei mantra di Jack: si guarda insieme, si “bingia” da soli.
Vedendo oggi l’aurora di Lost, è inevitabile chiedersi come abbiamo guardato. La risposta, credo, ce la suggerisce il primissimo fotogramma della serie: a occhi aperti, allargati e attenti a caccia di indizi per comporre il puzzle. A occhi aperti, come quello di Jack, che si spalanca all’inizio della storia, pronto ad accogliere (e noi con lui) tutto quello che di incredibile vedrà, fino alla fine. E infatti l’ultima immagine della serie ritorna al principio, di nuovo a Jack sdraiato a terra, mentre le sue palpebre calano sugli occhi, come un sipario. Un cerchio che si apre e si chiude, o una tv che si accende e si spegne.
La serie tv
Lost
Fantascienza - USA 2004 - durata 44’
Titolo originale: Lost
Creato da: J.J. Abrams, Jeffrey Lieber, Damon Lindelof
Con Naveen Andrews, Sharon M. Bell, Matthew Fox, Lawrence A. Mandley, Jorge Garcia, Frederick Koehler
in streaming: su Disney Plus
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