The Well di Federico Zampaglione: Perché sì

The Well, il pozzo, è quello che sprofonda nelle viscere di una magione ma non siamo in Transilvania bensì nella valle del Giovenzano, tra Roma e Tivoli. L’effetto gotico è lo stesso però: un gruppo di giovani ricercatori viene fatto prigioniero mentre una restauratrice è chiamata dalla dama di un castello (Theodoli di Sambuci, per gli amanti delle location) a riportare ad antico splendore un dipinto misterioso il cui nome dell’autore è tutto un programma: Arcano.

Ci sono una strega, un demone degli abissi e soprattutto un gigantesco servo/fabbro che tortura e affetta tra suoni gutturali e lamenti di dolore (delle vittime). Torna Zampaglione versione regista e chiude la sua trilogia horror, dopo Shadow (2009) e Tulpa - Perdizioni mortali (2013). Il primo capitolo per impatto e fiabesca, direi persino poetica, ferocia, resta il migliore ma The Well è un bell’esempio di cinema carnale, sincretico (un po’ gotico alla Avati, un po’ Il medaglione insanguinato, una protagonista che pare Suzy Bannion e tanto torture porn) che se ne frega delle elucubrazioni intellò derubricate alla voce prestige.

Certo qualche problema c’è, specie in sede di scrittura perché tutti i personaggi sono solo “in potenza”, inespressi oltre il perimetro di una certa prevedibilità (appena entra in scena Marcus, per dire, ti immagini come andrà a finire) ma il cast è notevole (grande Lorenzo Renzi truce Arruda), Giovanni Lombardo Radice è già un fantasma e a Guron si vuole bene come all’angelo di Cigarette Burns di John Carpenter. The Well è anche un esempio di autarchia produttiva. Zero finanziamenti pubblici per la neonata Iperuranio Film, ma vendite in 80 paesi nel mondo. Evviva.

Il film