Un bambino è stato rapito. Otto anni fa. Nel 2002. Nel Queensland. Adesso siamo nel 2010. Mark Frame (Joel Edgerton) è un poliziotto in incognito in un’ampia rete investigativa: il compito è conquistare la fiducia di Henry Teague (Sean Harris), ex galeotto, al tempo già sospettato e interrogato e poi rilasciato per mancanza di prove e per alibi (allora) inattaccabili. C’è però una convinzione fortissima: è lui il responsabile. L’unica soluzione è condurlo alla confessione. Con l’inganno. Henry però vive la sua vita grazie alla diffidenza e all’ansia.

Joel Edgerton, Sean Harris
The Stranger (2021) Joel Edgerton, Sean Harris

Frame: nome di fantasia, cioè “incastrare”, per Mark un impegno che diventa un incubo. Perché Henry non è un semplice bersaglio. Non è una preda come le altre. Egli è un’intera geografia. Sconfinata. Spaventosa per l’assenza di coordinate. Dunque inafferrabile. Indistinta. Senza generalità. Senza vera identità. Henry Teague è il monolite kubrickiano: in lui giacciono - non visibili, oscuri, ingestibili - i segreti di un mondo e del mondo, l’orrore, tutte le spiegazioni e quindi nessuna spiegazione, le verità possibili e impossibili, ma impossibili perché inaccettabili, insopportabili. Henry Teague non è però, semplicemente, banalmente, il Male, ordinario, scontato: è, in modo più inquietante, la rappresentazione delle nostre paure più indefinite, che non riusciamo a chiamare, ossia a battezzare, giacché non possiedono contorni conosciuti, forme riconoscibili, volti schedati.

Joel Edgerton
The Stranger (2021) Joel Edgerton

Ricordate come si concludeva Il braccio violento della legge? Charnier spariva, si volatilizzava, e l’inseguimento di Popeye Doyle, fondato sulla concretezza, sul pragmatismo, sull’intuizione, si interrompeva nel e sul nulla. La grammatica, specialmente quella dell’investigazione, l’ABC dei manuali, per quanto tecnologicamente avanzato, non servono a nulla, non conducono a niente; spiare, intercettare, incastrare, to frame, sono azioni destinate al fallimento. D’altronde, cosa può fare la praticità, cosa può decifrare di qualcuno, di qualcosa, che si rivela un segno astratto, un’immagine simbolica, un fantasma? Il titolo, per giunta, è significativo: il massimo della vaghezza, “lo straniero”, per il massimo dell’indeterminatezza.

Sean Harris
The Stranger (2021) Sean Harris

Straniero rispetto alle previsioni, ai parametri, ai moduli che con zelo rispettiamo e alle fedi a cui abbiamo prestato giuramento. Straniero rispetto a noi. Si ispira a una storia vera, Thomas M. Wright, avvenuta nel 2003, tuttavia The Stranger fa di più di ricostruire i fatti, replicare un trauma, mettere in scena una mostruosità. Questo film, più che una discesa negli inferi della mente umana (che luogo comune retrivo), assomiglia a un graduale avvicinamento, lento, inesorabile, disagevole, all’altra faccia di una spazialità ancora, e nonostante tutto, ignota. In ciò, The Stranger recupera come meglio non si potrebbe la lezione dell’ozploitation. I luoghi, in questo film, non sono soltanto gli stati: un luogo, inesplorato, inaudito, illimitato, è anche l’uomo. Questo film è un film eccezionale.

Autore

Pier Maria Bocchi

Pier Maria Bocchi guarda cinema da quando aveva 5 anni. E forse anche prima.

Il film

locandina The Stranger

The Stranger

Drammatico - Siria, Germania, Palestina 2021 - durata 112’

Titolo originale: Al garib

Regia: Ameer Fakher Eldin

Con Ashraf Barhoum, Amal Kais, Mohammad Bakri, Amer Hlehel, Hitham Omari