«C’è un tempo e un luogo perché qualsiasi cosa abbia principio e fine» ripete spesso Miranda in Picnic ad Hanging Rock (1975), una frase ambigua, pronunciata con sguardo rivolto altrove e il tono di chi, forse, conosce una qualche verità che va al di là del mondo tangibile. Il tempo e il luogo giusti per il principio di questa storia sono il giorno di San Valentino del 1900 e l’aristocratico collegio per ragazze Appleyard, in Australia. Qui inizia il terzo lungo di Peter Weir, film che lo porta al successo internazionale, trasposizione del romanzo di Joan Lindsay del 1967, languido enigma, bagnato dal sole dell’outback, che rimane irrisolto, aperto.

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Picnic ad Hanging Rock

Già dalla prima scena, Picnic ad Hanging Rock ci immerge dentro le atmosfere soffuse e sognanti che avvolgono tutto il film (il direttore della fotografia, Russell Boyd, ispirandosi al lavoro del fotografo e regista britannico David Hamilton, ha creato quella particolare luce eterea posizionando un velo da sposa di differenti spessori sulle lenti della mdp). La primissima immagine è quella del gruppo roccioso di Hanging Rock, meta della gita delle allieve del collegio, formazione geologica che svetta accompagnata da un suono che pare il canto della pietra stessa, come una sirena irresistibile.

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Picnic ad Hanging Rock

Poi una voce recita: «Ciò che vediamo non è altro che un sogno. Un sogno in un sogno», quasi un invito a entrare in una dimensione onirica, a due passi dalla realtà. Dopo la visione del massiccio - che “inghiottirà” tre studentesse e un’insegnante - vediamo il collegio dall’esterno e in seguito il primo piano della bionda Miranda, sdraiata a letto con gli occhi chiusi: questa ragazza dalla bellezza botticelliana - come nota una delle insegnanti - è centrale nella storia, figura diafana che sembra covare dentro di sé un segreto insondabile.

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Picnic ad Hanging Rock

È lei che, prima delle sue compagne e in modo più intenso, avverte l’arcano richiamo della roccia, a cui si abbandona, lasciandosi trasportare da qualche altra parte. È lei che apre e chiude il film, primo e ultimo personaggio sullo schermo (nel bellissimo finale saluta da lontano la sua insegnante - e noi spettatori - prima di voltarsi e immobilizzarsi in un freeze frame che la ritrae già lontana, proiettata verso un oltre).

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Picnic ad Hanging Rock

Nell’incipit, Miranda compare a un certo punto di fronte a due specchi: il suo riflesso si rifrange in una doppia visione, come a dire della sua natura imprendibile - profetizzando la sua imminente scomparsa -, come a sottolineare, inoltre, una dissociazione tra dimensione reale e fantastica - di che materia è fatta la realtà pare interrogativo ricorrente nel cinema di Peter Weir: anche The Truman Show comincia con Jim Carrey di fronte allo specchio, che è in verità un occhio che non dorme mai, una camera sempre accesa; all’inizio di Witness - Il testimone, invece, le immagini di abiti e oggetti ottocenteschi creano un cortocircuito con la data, 1984, degli avvenimenti.

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Picnic ad Hanging Rock

Nella scena iniziale, poi, vediamo la preparazione delle ragazze prima del picnic, una sorta di rituale femminile tra acqua profumata, vestiti, guanti, cappellini, con un particolare su una fila di giovani donne che si allaccia l’un l’altra il corsetto, strumento che ingabbia quei corpi in procinto di sbocciare, limitandoli, nascondendo le loro forme, come fosse un’emanazione della rigida e insensibile disciplina della gelida istitutrice Mrs. Appleyard, frutto di un’educazione e una società perbenista e opprimente.

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Picnic ad Hanging Rock

A questa esistenza soffocante (che non accetta la diversità, incarnata dall’orfana Sara) si contrappone quella liberatoria (su Hanging Rock le ragazze scomparse si tolgono scarpe e calze e la maestra si disfa della gonna) di una natura selvaggia, nella quale accadono fenomeni inspiegabili, non razionali, capaci di conservare il loro affascinante mistero.
L’incipit di Picnic ad Hanging Rock, come una meravigliosa porta d’accesso, ci catapulta con eleganza in medias res all’interno di un sogno (anzi, «un sogno nel sogno»), ci fa scivolare dentro la tana del Bianconiglio, ci infonde una sensazione sospesa, straniante, che avvertiremo per tutto il film.

Autore

Giulia Bona

Giulia Bona è nata a Voghera e ha studiato a Milano, dove si è laureata in Lettere moderne e Studi cinematografici con una tesi su Agnès Varda e il riciclaggio creativo. Riempiva quaderni di storie e pensieri, dava inchiostro alla sua penna sul giornalino della scuola, ora scrive per Film Tv. Ama leggere, i sentieri di montagna, la focaccia e sorride quando vede un cane.

Il film

locandina Picnic ad Hanging Rock

Picnic ad Hanging Rock

Drammatico - Australia 1975 - durata 113’

Titolo originale: Picnic at Hanging Rock

Regia: Peter Weir

Con Rachel Roberts, Vivian Gray, Helen Morse, Jacki Weaver, Anne Lambert, Dominic Guard

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