La vita è un raccolto (2000) è il primo film girato con una videocamera digitale da Agnès Varda, un film-saggio che ragiona attorno alla pratica di riciclaggio declinandola in ambiti differenti. E i minuti iniziali del doc illustrano il tema e soprattutto racchiudono una sintetica ma esaustiva dichiarazione d’intenti, distillano il modus operandi della regista, la sua poetica.

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La vita è un raccolto

Piccola nota curiosa: ad aprire la scena è Zgougou, il gatto domestico della Varda, celebrato con un corto di due minuti nel 2002, una sorta di omaggio alla sua nota passione per i felini (la recente mostra a lei dedicata dalla Cinémathèque française esponeva la sua variegata collezione di statuine, disegni, fotografie di gatti, inoltre il simbolo della sua casa di produzione, la Ciné-tamaris, è proprio un micio).
Comincia poi un ricco collage di immagini, con la voce over della cineasta a commentare e creare connessioni: un’enciclopedia si apre alla lettera G - «comme glanage», “come spigolatura” - sulla pagina dove compare il dipinto Les glaneuses (1857) di Jean-François Millet. Dalla copia all’originale, vediamo il quadro di Millet conservato al Musée d’Orsay di Parigi e i visitatori che vi transitano davanti.

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La vita è un raccolto

Dall’arte alla realtà, con l’inquadratura di una donna in un campo che si china per raccogliere qualcosa da terra, ripetendo il gesto ritratto da Millet; poi s’intromette un breve spezzone del film Terra (1930) di Alexander Dovzhenko, è la scena di alcune contadine che compiono di nuovo quell’umile azione di raccolta. Dalla campagna alla città: tra le strade di Parigi, la mdp osserva diverse persone mentre recuperano ciò che rimane dopo la fine del mercato, rovistando tra gli avanzi.

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La vita è un raccolto

Questa fitta raccolta iniziale (che accosta una molteplicità di frammenti e salta agile dalla riproduzione alla realtà, dalla parola all’immagine, dalla storia dell’arte a una persona in carne e ossa) mostra, in prima battuta, il modo in cui la Varda costruisce la struttura a mosaico del suo film, una forma a lei cara, praticata fin dai corti su commissione Ô saisons, ô chateaux e Du côté de la côte (del 1958) e portata avanti lungo tutta la carriera, fino all’ultimo, testamentario Varda par Agnès (2019). Dietro la sua tendenza alla collezione, si scorge un approccio al fare cinema che è ludico e curioso e insieme profondo, acuto ed empatico.
Dalla forma al contenuto, l’incipit esplicita il tema del doc, film-saggio attraverso cui la Varda parte da un gesto - quello della spigolatura, della raccolta di ciò che avanza - e va alla ricerca di moderni spigolatori, a Parigi e nella campagna francese, per comporre un’approfondita indagine sociale (e riflessione artistica) attorno all’idea di riuso.

Durante il film, infatti, assistiamo a una serie di interviste a persone che, per scelta o per necessità, recuperano cibo o oggetti scartati. Come loro, anche la regista pratica una forma di spigolatura, accumulando immagini: le sue, inoltre, sono immagini “di scarto” perché ritraggono chi si trova ai margini, gli outsider (come già nel piccolo struggente capolavoro L’opéra-Mouffe del 1958), dando loro una “seconda vita”.

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La vita è un raccolto

Questo parallelismo (esplicito nel titolo francese Les glaneurs et la glaneuse) è chiarissimo nella sequenza che chiude l’incipit, quella in cui la Varda mostra prima la copia del quadro La glaneuse (1877) di Jules Breton, poi il dipinto vero e proprio e infine se stessa mentre riproduce la posa della donna nel dipinto davanti alla mdp: con lo sguardo in macchina, la regista sorregge un mazzo di spighe, poi le posa e solleva una videocamera, pronta a spigolare immagini, raccoglierle, accostarle, dare loro senso e conservarle. Il film - come tanto suo cinema (e tante installazioni) - diventa allora gesto artistico di resistenza, una particolare forma di riciclaggio creativo che dona valore allo scarto, al rifiuto, a ciò che viene abbandonato.

Autore

Giulia Bona

Giulia Bona è nata a Voghera e ha studiato a Milano, dove si è laureata in Lettere moderne e Studi cinematografici con una tesi su Agnès Varda e il riciclaggio creativo. Riempiva quaderni di storie e pensieri, dava inchiostro alla sua penna sul giornalino della scuola, ora scrive per Film Tv. Ama leggere, i sentieri di montagna, la focaccia e sorride quando vede un cane.

Il film

locandina La vita è un raccolto

La vita è un raccolto

Documentario - Francia 2000 - durata 82’

Titolo originale: Les Glaneurs et la glaneuse

Regia: Agnés Varda

Con Bodan Litnanski, Agnés Varda, François Wertheimer

in streaming: su DocAlliance Films