Notte, prospettiva di una lunga strada buia, dove siamo? “Los Angeles Railway Corp. Maintenance dept.” Il cartello bianco in primo piano buca le tenebre, avviso di lavori in corso. S’intravvede un operaio, il viso coperto da una maschera di saldatura, chino sul terreno fumante. Sta riparando qualcosa di guasto. Piccole fiamme segnaletiche circondano l’uomo mentre un altro in piedi dirotta con il braccio teso un’auto che dal fondo avanza sbandando pericolosamente ad alta velocità.

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La fiamma del peccato

Gigantografia di un semaforo che dice “Go” e un attimo dopo “Stop”, ma l’auto non si ferma, e quasi si scontra con un furgone all’incrocio della via.

L’arrivo di una macchina scura, come LaSalle e la Plymouth di casa Dietrichson, è un incipit ricorrente nel cinema anni ‘30-‘40. I misteriosi veicoli scivolano lentamente e si arrestano davanti all’edificio-icona dove si svolgerà l’azione. Scende qualcuno. L’auto si è fermata davanti a una larga vetrata, di sbieco si legge la scritta “Pacific All Risk”, compagnia di assicurazione.

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La fiamma del peccato

Inquadrato di spalle, curvo sotto un cappotto sbilenco, il tizio bussa alla porta, un cappello a larghe falde gli nasconde il viso, il portiere lo scruta, sorpreso dell’ora tarda, mentre lo accompagna in ascensore fino agli uffici. Dall’alto di un corridoio, si apre la vista di un’ampia sala disseminata di scrivanie, gli inservienti svuotano i cestini. È la fine della giornata, il vuoto, la solitudine degli oggetti e degli uomini. E finalmente scopriamo il volto di Walter Neff/Fred McMurray grondante sudore, davanti al microfono di un dittafono nella sua stanza buia. Primissimo piano. La voce solista in dissolvenza, fuori campo, racconta il film noir... quartieri malfamati, omicidi, donne con la pistola.

Il genere non è definibile come “gangster-movie” scrive Paul Schrader in Notes on Film Noir, “ma dalle più sottili qualità di tono e di atmosfera”. Infatti, niente night-club fumosi, e in contrasto con gli interni dark, La fiamma del peccato si apre a tratti nel quartiere luminoso di Los Feliz, a nord di Los Angeles, con le sue case in stile moresco (e non “coloniale” come nel doppiaggio).

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La casa di La fiamma del peccato


“16 luglio 1938, mi chiamo Walter Neff, reparto inchieste... ho 35 anni, buona salute, almeno fino a poco fa... Ho ucciso per denaro e per una donna, non ho avuto né il denaro né la donna”. Il testo di Raymond Chandler scorre musicale, parole stampate in aria dal rantolo di Walter Neff ferito alla spalla da una pistola di madreperla. La voce off si incrocia idealmente con quella di Orson Welles di La signora di Shanghai, uscito tre anni dopo, e che cita i titoli di testa di La fiamma del peccato dove l’ombra di un uomo sorretto dalle stampelle, la vittima, avanza fino a coprire di nero lo schermo e il nome di Billy Wilder. La stessa sagoma di Everett Sloane.

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La fiamma del peccato

Walter Neff seduto al tavolo, immerso nell’oscurità, si è acceso la sigaretta con un fiammifero sfregato sull’unghia, refrain di tutto il film fino all’epilogo con Edward G. Robinson, il destinatario della registrazione. Un gesto ripetuto, ossessivo, come la battuta “fino in fondo” - fino al delitto - della dark lady, la creatura aliena, la donna contro-natura.

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La fiamma del peccato

Eccola materializzata nel flash-back dell’uomo stregato dal suo fluido magnetico, Barbara Stanwyck/Phyllis Dietrichson scende le scale con una cavigliera a forma di serpente che porta inciso il suo nome. Billy Wilder pesca nel violento romanzo di James M. Cain, Double Indemnity, ma lo vuole “realistico”, in stile “cinegiornale”, ispirato a M, il mostro di Düsseldorf , storia tratta da un fatto di cronaca, così come La fiamma del peccato.

 Eppure le linee espressioniste di John Seitz, lo stesso direttore della fotografia di Viale del tramonto, e la polvere di magnesio che il regista fa soffiare negli interni per simulare ambienti chiusi e malsani sono il sintomo di un delirio psichico. Le persiane socchiuse filtrano lame di luce oblique che pervadono lo studio dove Walter Neff detta la sua caduta nell’inferno, strascinato da una donna “guasta dentro”. O meglio “marcia dentro” nella versione originale.

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Negli occhi di Walter Neff, fin da quando inizia la sua confessione, c’è stampato il volto di Barbara Stanwyck nel momento dell’omicidio fuori campo. La macchina da presa è su di lei al volante e resta fissa sul suo sorriso di gioia, un guizzo erotico “moralmente non accettabile” che scandalizzò il Codice Hays.

Autore

Mariuccia Ciotta

Mariuccia Ciotta, giornalista e critico cinematografico, autrice di programmi radio-televisivi, ha scritto saggi e libri su autori e generi. Tra le sue pubblicazioni: Walt Disney – Prima stella a sinistra (Bompiani), Da Hollywood a Cartoonia (manifestolibri), Un marziano in tv (Rai/Eri), Rockpolitik (Bompiani), il Ciotta-Silvestri - Cinema (Einaudi), Il film del secolo (Bompiani). Ha diretto il quotidiano il manifesto.

Il film

locandina La fiamma del peccato

La fiamma del peccato

Noir - USA 1944 - durata 106’

Titolo originale: Double Indemnity

Regia: Billy Wilder

Con Fred MacMurray, Barbara Stanwyck, Edward G. Robinson, Porter Hall, Jean Heather, Tom Powers

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