Ha ragione probabilmente chi sostiene che ad Alex Garland interessa non tanto spiegare che cosa può portare oggi a una guerra civile quanto piuttosto mostrare che cosa succede a trovarcisi in mezzo. Di tutto, e senza che si capisca mai granché. Il regista-sceneggiatore di Civil War (e, prima, di Ex Machina, Annientamento e Men), infatti, ci butta subito in medias res, in una situazione che fatichiamo anche solo a comprendere: in un prossimo futuro c’è la guerra civile in America, alcuni stati si sono separati (le forze occidentali, cioè California e Texas, l’Alleanza della Florida), il presidente (Nick Offerman, già con Garland nella serie tv Devs) tenta opachi proclami di vittoria smentiti dai fatti, tira un’aria di forzata normalità pronta a incrinarsi da un momento all’altro (i blackout improvvisi, le colonne di fumo nero all’orizzonte, le torme di ciclisti che sciamano all’alba a New York).
Come a dire, SNAFU, cioè situation normal: all fucked up. D’altronde, pure nell’idilliaca cittadina in piena America apparentemente estranea al conflitto («cerchiamo di restarne fuori», pontifica la commessa di una boutique) basta alzare lo sguardo per intravedere i cecchini armati sui tetti. In questi Stati Disuniti d’America, dove si può morire per una risposta sbagliata («che tipo di americano sei?», con un fucile puntato addosso), viaggiamo verso la prima linea con un gruppetto di giornalisti indipendenti, volutamente stereotipati (la celebre fotoreporter stanca e disillusa, una magnifica Kirsten Dunst, la giovane pivella che la idolatra, il collega maneggione, il vecchio arnese saggio).
Ma, anche loro sono disorientati, parlano per luoghi comuni, arrivano sempre troppo tardi. Forse non sono neppure veri personaggi e, di sicuro, non ci aiutano a capire. Più che altro ci fanno vedere. Che cosa? Un paio di soldati torturati a una stazione di rifornimento, le fosse comuni colme di vittime trucidate, i cimiteri di auto abbandonate sulle strade, gli arazzi luminosi delle bombe e dei missili che ricamano le notti, persino l’assalto finale delle forze secessioniste alla Casa bianca con tanto di esecuzione in diretta del presidente (una sequenza magistrale, il war movie al tempo del citizen journalism). La guerra stessa, d’altronde, è diventata una coazione a ripetere, senza neppure più il conforto di una contrapposizione ideologica, svuotata di senso in primis per chi la fa, come quei soldati impegnati in mezzo al nulla in un logorante stallo con un cecchino senza un vero perché («qualcuno ci vuole uccidere e noi vogliamo uccidere loro»).
Così, Civil War è tutti e nessuno i war movie che conosciamo a menadito (soprattutto Apocalypse Now e Full Metal Jacket), con qualche debito pure verso il bel fumetto DC/Vertigo DMZ, anche se Garland è bravo a toglierci spesso il tappeto sotto i piedi. Questi scarti improvvisi, insieme alla cortina d’indecidibile ambiguità che lo avvolge, sono la forza del film. Che è anche lo sguardo affilato di un inglese sui cugini d’oltreoceano nell’anno delle presidenziali Usa più inquietanti di sempre. Dividerà Civil War. Ma è da vedere. Sperando non sia troppo profetico.
Il film
Civil War
Azione - USA, Regno Unito 2024 - durata 109’
Titolo originale: Civil War
Regia: Alex Garland
Con Wagner Moura, Kirsten Dunst, Cailee Spaeny, Jefferson White, Sonoya Mizuno, Karl Glusman
Al cinema: Uscita in Italia il 18/04/2024
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Microsoft Store Rakuten TV Amazon Video Timvision Amazon Prime Video
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