Nick è morto. Dopo il suo funerale, nella piccola Clairton in Pennsylvania, i suoi amici e quelli che gli volevano bene si riuniscono nel pub del paese, la sede di mille scorribande e di mille canti di gruppo. Sono tutti: Steve, rimasto senza gambe dopo il Vietnam; la moglie di Steve, Angela, con il figlio; i tre amici John, Axel e Stanley; Linda, la sua fidanzata; e infine Mike, l’amico di sempre. Anche stavolta cantano, God Bless America. Forse non c’è nulla da benedire, in realtà, ma la loro vita non è più appesa a un filo se non a quello di un destino beffardo, e loro non hanno colpe.
Il finale di The Deer Hunter, largo e ampio sulla tavolata dei sopravvissuti che brindano, è una dedica. Non solo a Nick, il Christopher Walken morto in Vietnam (dopo la guerra, in realtà forse proprio in guerra), ma a tutta una generazione di giovani americani condannati da uno dei conflitti più sanguinosi e violenti della storia del Novecento. Una sorta di marchio a fuoco sulla coscienza collettiva: nella tavolata del finale più celebre di Michael Cimino stanno i figli orfani di una patria e di una storia senza senso. Tanto ha poco senso la storia, che il film è tutto un riverberare di segni e di premonizioni, e il finale è sereno solo per chi è riuscito a far pace con l’orrendo passato.
È proprio nella misura del nitore del finale, pulito e improvvisamente candido, che si può ripercepire a ritroso la densità di elementi evocativi che hanno riempito il film. Tutti quei tentativi di interpretare il destino, il caso, la dea bendata: all’inizio Mike parla ai suoi amici dei sun dogs, segni di buona fortuna per i cacciatori, leggibili nel cielo soleggiato; durante il matrimonio di Steve e Angela gli sposi devono bere da una coppa biforcuta senza spillare neanche una goccia per evitare la sfortuna (ma la goccia cade, e se ne accorgono solo lo spettatore e Cimino); durante la guerra, il destino di Mike, Steve e Nick non sarà deciso dalle bombe e dalla furia dei mitra, ma dai sadici round di roulette russa organizzati dai Vietcong.
Il finale è finalmente un momento senza simboli, senza soglie fataliste, senza speranze da disattendere o paure da affrontare. Alla fine, al netto delle decisioni per principio, dei sogni d’amore e del rituale del “singolo colpo” (il “one shot!”) con cui va ucciso il cervo durante la caccia, la serenità del momento è scandita solo dall’ironica invocazione di un Dio della guerra, e degli Stati Uniti che l’hanno celebrato immolando i loro più giovani e forti.
Ed è sui tre giovani e forti che in realtà si chiude il film, di nascosto. Perché benché Cimino ribadisca la sua registica sorveglianza descrittiva sulle scene di gruppo, con il suo magnetico CinemaScope, aprendo e chiudendo l’ultimo momento del film con la panoramica di tutti gli astanti, in realtà è un triangolo di primi piani quello che splende lì in mezzo.
La storia di tutti e la storia del singolo, nel canto collettivo e nei close up di Mike, Steve e Linda, quest’ultima carica dello spirito del fidanzato Nick che l’ha abbandonata per aver deciso di espiare i folli mali del mondo. Il finale di The Deer Hunter è una dedica ai singoli, ai piccoli, che devono guardare faccia a faccia l’intero mondo e scoprirlo senza senso. I piccoli che si scoprono eroi solo quando diventano liberi dalla superstizione – leggasi, dalla patria, o forse proprio dalla storia, sempre che non torni a bussare alla porta.
Il film
Il cacciatore
Drammatico - USA 1978 - durata 183’
Titolo originale: The Deer Hunter
Regia: Michael Cimino
Con Robert De Niro, Christopher Walken, John Savage, Meryl Streep, John Cazale
Al cinema: Uscita in Italia il 22/01/2024
in streaming: su Now TV Sky Go Apple TV Google Play Movies Rakuten TV
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