To hold over in inglese significa tener fermo, congelare: a essere trattenuti, controvoglia, sono una manciata di studenti del liceo privato Barton, incubatrice per ricchi rampolli destinati a università dell’Ivy League, per vari motivi costretti a passare le vacanze di Natale tra gli spogli corridoi dell’istituto. Non da soli: serve un docente che si sacrifichi a fare da guardiano, e la pagliuzza corta tocca a Paul Hunham, odiato dagli alunni per la sua sarcastica severità e cordialmente evitato dal corpo docenti - e dalla società umana in generale - per la sua affliggente trimetilaminuria, rara malattia metabolica che fa emettere al corpo un forte odore di pesce.
Quando quattro su cinque dei “congelati” se la svignano per una settimana bianca, l’unico a rimanere imprigionato sotto lo sguardo - imprendibile: ha un occhio di vetro che pare cambiare continuamente lato del viso - di Hunham è il ripetente Tully, giovane brillante la cui adolescenza è tuttavia turbata dal divorzio dei genitori, dal patrigno che detesta e dallo spettro dell’accademia militare dove sarà spedito se si fa cacciare dall’ennesima scuola. A completare l’improbabile nucleo familiare improvvisato c’è la cuoca Mary, afroamericana e madre dell’unico studente della Barton che, non avendo abbastanza soldi per iscriversi all’università, sia finito in Vietnam, da dove è tornato in una bara.
Addomesticati, ciascuno, alla propria solitudine e all’altrui indifferenza, i tre si ritrovano a passare insieme i giorni tra la Vigilia e l’anno nuovo, finendo per creare legami inattesi e appaganti e riuscendo infine a sfuggire a quella condizione di “trattenuti” che, si scopre presto, è una stasi esistenziale che va ben oltre lo stallo natalizio. Alexander Payne non vuole che lo si chiami “film di Natale”, mentre decisamente vuole veicolare l’idea di un film “come non se ne fanno più”, ispirandosi dichiaratamente a Hal Ashby e applicando l’estetica anni 70 perfino ai loghi della produzione e alla grana finto-pellicola apposta sul digitale; anche se il film è in realtà un cripto-remake di Vacanze in collegio di Marcel Pagnol, 1935 (prof maleodorante e con occhio di vetro compreso).
Il risultato, però, è più vicino a un (gradevole) sentore di new sincerity anni 90, con i tipici personaggi urticanti e idiosincratici di Payne (uno specialista, da Election a Nebraska, passando per A proposito di Schmidt) che finiscono per creare una tenera famiglia non biologica ma putativa (per ribadire il messaggio, al cinema vedono Piccolo grande uomo), e il legame intergenerazionale fra Tully e i suoi sgangherati mentori ricorda più L’attimo fuggente che Harold e Maude. Costruito su piccole rivelazioni reciproche, alcune un pochino telefonate, il film si avvale di un trio d’attori sublime: Paul Giamatti (a vent’anni da Sideways. In viaggio con Jack) e Da’Vine Joy Randolph (giustamente premiati entrambi col Golden Globe) sono perfetti nel giocare in sottrazione sulle abissali malinconie dei propri personaggi, ma la vera scoperta è l’esordiente assoluto Dominic Sessa, un dinoccolato prodigio che pare l’incarnazione su schermo dell’Holden Caulfield che tutti abbiamo in mente.
Il film
The Holdovers - Lezioni di vita
Commedia - USA 2023 - durata 133’
Titolo originale: The Holdovers
Regia: Alexander Payne
Con Paul Giamatti, Da'Vine Joy Randolph, Dominic Sessa, Michael Malvesti, Ian Lyons, Pamela Jayne Morgan
Al cinema: Uscita in Italia il 18/01/2024
in streaming: su Apple TV Mediaset Infinity Google Play Movies Rakuten TV Microsoft Store Amazon Video
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