Athos Magnani si trova da solo nella stazione ferroviaria di Tara, un sinistro paesino (immaginario) della Pianura Padana. Si muove fra i due binari con una valigia in mano, mentre la voce degli altoparlanti annuncia un sempre maggiore ritardo per l’arrivo del treno che lo riporterà in città, lontano da quel luogo di fantasmi. Tre uomini attraversano uno dei due binari in piedi sulla base di una draisina ferroviaria, remando con dei bastoni in avanti e senza degnare Athos di uno sguardo.
Da questo primo quadro modernista e quasi metafisico alla maniera di Giorgio De Chirico si snoda l’enigmatica sequenza finale di Strategia del ragno di Bernardo Bertolucci, una ragnatela di carrellate e falsi raccordi in cui – e non per caso si è parlato di Metafisica pittorica – le figure umane non seguono le leggi della fisica nello stesso modo in cui il montaggio del film non si fa sottomettere dagli approcci più convenzionali, in uno degli esperimenti più arditi della carriera del regista parmense. La storia di Athos nel 1970 e dell’omonimo padre ucciso dai fascisti durante una replica del Rigoletto verdiano nel teatro di paese nel 1936 è infatti uno sfarfallio metafisico fra passato e presente, che riecheggia avanti e indietro nell’anti-indagine del protagonista che vuole scoprire il responsabile della morte del genitore.
Ma non ha importanza la verità, hanno importanza solo le sue conseguenze: Athos padre non è stato ucciso dai fascisti durante un attentato che minacciava la vita del Duce; ha invece inscenato il suo omicidio con altri tre partigiani per diventare un eroe che ad hoc una cultura antifascista sbilenca e fragile potesse innalzare a idolo. Un idolo per un idolo, un partigiano eroe al posto dell’omicidio del Duce, chiodo schiaccia chiodo come se uno stendardo, per quanto scolpito in pietra, non possa essere spazzato via con un bastone.
Ne deriva la scelta di Athos figlio di non rivelare la verità, perché la menzogna a fin di bene creerebbe nuovi miti su cui fondare la lotta, lo sdegno per le camicie nere, la rivolta contro le occupazioni. “Un uomo è fatto di tutti gli uomini, li vale tutti e tutti valgono lui”, dice Athos figlio alla commemorazione di Athos padre. L’effetto, però, non è quello di aver rafforzato e celebrato davvero l’Italia antifascista, ma solo di aver enunciato in quel preciso momento l’aporia alla base del fallimento esistenziale della scelta dei due Athos.
Per questo i binari sono liberi fintantoché Bertolucci non li inquadra in larghe panoramiche e in ampie soggettive, e invece sono ricoperti di erba quando la sua camera comincia a muoversi lateralmente come i tre uomini sulla draisina, in uno scorrimento impossibile perché in realtà i binari sono impraticabili da anni, e Athos non potrà partire e forse non è nemmeno mai arrivato: la realtà è stata confusa con le sue conseguenze, e come con tutti gli altri cortocircuiti del film, finale compreso, un montaggio logico è stato sostituito con un montaggio illogico, non esiste continuità spazio-temporale in una singola sequenza, l’ideologia non deriva dalla realtà e dall’etica ma le ridisegna a suo piacimento come in una grande performance con scenografia dipinta e grottesche ombre cinesi.
Il film
Strategia del ragno
Drammatico - Italia 1970 - durata 98’
Regia: Bernardo Bertolucci
Con Giulio Brogi, Alida Valli, Pippo Campanini, Tino Scotti, Franco Giovannelli, Giuseppe Bert
in streaming: su Rai Play
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