Uscito in Occidente sulla scia della prematura scomparsa del suo autore-attore Bruce Lee (tutti i suoi film sono nel catalogo Prime) L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente (1972) conteneva già nel titolo la volontà di esportare il cinema di kung fu di Honk Kong fuori dai patri confini, almeno da parte dell’icona assoluta del genere che per la prima (e unica) volta si sarebbe cimentato con la regia. Non convinto dell’operazione Lee bloccò l’uscita sul mercato estero, ma il destino aveva altri piani. Forse all’artista marziale non convinse il lato “divulgativo” del suo lavoro e pensò che il West non avrebbe compreso il suo messaggio e lo “spirito” del kung fu (pur apprezzando già gli action allogeni) e probabilmente questo è l’unico sbaglio che fece.
Per il resto L’urlo di Chen è un classico del genere e ha uno dei (pre)finali più memorabili di sempre: Bruce Lee e un giovane Chuck Norris che combattono nell’arena del Colosseo, tra sudore, urla e peli del petto strappati, con una fisicità e una dinamicità coreografati al dettaglio e un superiore senso dell’ironia di cui entrambi i contendenti non hanno mai difettato.
L’autentico finale è un happy end standard, la banda di criminali del narcotraffico viene sgominata dall’intervento della polizia che arriva come un deus ex machina, essendo stata fino ad allora latitante. Gli snodi narrativi sono irrilevanti, quello che interessa a Bruce Lee è rappresentare un personaggio a tratti infantile, non certo brillante e apparentemente inetto che diventa mitologia incarnata al momento dello scontro. L’eliminazione totale del personaggio a favore dell’energia, dell’atto puro, per caso sceso sulla terra e incarnatosi negli asciutti muscoli di un giovane artista marziale.
E se all’inizio dello scontro finale Chen pare soccombere sotto la massiccia presenza del suo nemico americano appena la mdp si riposiziona frontalmente davanti a lui, il suo solo essere figura iconica restituisce nitore all’immagine e a Chuck Norris tocca perire. Lo sguardo di Chen a quel punto è lampante: non voleva causarne la morte.
Se c’è un elemento filosoficamente interessante nel film è questo sotterraneo rifiuto dei valori occidentali, e della violenza occidentale in particolare, che si scontra con l’apparente volontà di venire incontro al nostro pubblico. Chen rifiuta di continuo il cibo e le abitudini del posto, rifiuta soprattutto le armi (getta via con sprezzo le pistole sottratte ai nemici) e tutto ciò che ha da dire di fronte alle bellezze di Roma e alla cultura artistica italiana è che “sono tutte rovine. Le rovine mi ricordano la guerra”.
E in mezzo alle rovine del Colosseo, cioè alle macerie, Bruce Lee è costretto a scendere a patti col demone occidentale, sporcarsi le mani e la coscienza. E concede una soggettiva al nemico (l’unica di tutto il film) poco prima della caduta in uno sforzo di immedesimazione lancinante perché precede crudelmente l’omicidio. Non si è riflettuto mai abbastanza sul senso etico della violenza presente nel cinema di Bruce Lee, o lo si è ridotto alla spiritualità di fondo del kung fu; ma la sua unica regia e il suo tentativo esplicito di confronto con l’Altro geografico storico culturale testimoniano, tra le pieghe di un divertito e disimpegnato film-chiave di un filone solitamente scevro di sottotesti, una rassegnata rabbia e una empatia tutta carnale nervosa.
Nel suo volto e nei suoi gesti noi vediamo l’enigma di un mondo che ci è impossibile comprendere, così contraddittorio così pacifico nel suo usare la morte e la violenza per ristabilire l’ordine (si ripensi al finale dell’ultimo Hamaguchi, terribile e fastidiosamente giusto), e al contempo vediamo nei suoi occhi l’impossibilità di comprenderci ma l’onesta velleità di tentarci.
Il film
L'urlo di Chen terrorizza anche l'Occidente
Azione - Hong Kong 1972 - durata 100’
Titolo originale: Menglong guojiang
Regia: Bruce Lee
Con Bruce Lee, Nora Miao, Chuck Norris, Malisa Longo, George Wall
in streaming: su Amazon Prime Video Amazon Video Timvision
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