È lunga la strada dell’addio. Lo sa Mahito, dodicenne nella Tokyo del Secondo conflitto mondiale, la cui madre viene uccisa in un raid aereo e diventa un’immagine irraggiungibile. Lo sa Hayao Miyazaki, che quella strada la carezza da tempo. E lo sanno i suoi mondi, sui quali il sentimento della fine è sempre aleggiato, mai, però, sabotandoli: il fantastico ha sempre operato una schermatura sufficiente. Almeno fino a questo romanzo di formazione, che usa il libro di Genzaburô Yoshino E voi come vivrete? (1937) come traccia, partendo dal crudo reale (autobiografico: la colpa paterna, già nel testamentario ma non definitivo Si alza il vento, 2013) e tentando di svincolarsene. Invano.
L’isekai, sottogenere fantasy dove i protagonisti si ritrovano in un universo parallelo, da dispositivo almeno temporaneamente taumaturgico che era, in Il ragazzo e l’airone si scopre fallace. Sviluppato nel corso di un travagliato lustro (anni pandemici compresi), è il film col quale il sensei si domanda se il suo cinema, oggi, abbia ancora un senso; se non si sia oramai disunito. L’atto della creazione è per lui una croce, una tortura senza conciliazione perché l’armonia può esistere solo per un attimo, e solo fra le immagini; non, però, quelle di Il ragazzo e l’airone, opera-mondo apertamente oscura, quasi una stilizzazione tematica del suo immaginario, e per nulla intimorita dal proprio ramificato simbolismo.
La struttura della terra altra è infatti complessa nei suoi ruoli archetipici (maschili e femminili: i primi ambigui e tormentati, i secondi materni e impertinenti) e nelle sue manifestazioni allegoriche: l’imprevedibilità tutta umana dell’airone cenerino (figura mitologica imperscrutabile e araldica), la violenza dei parrocchetti, la prigionia depressiva della matrigna di Mahito, e il dilemma dei pellicani e dei Warawara, che esprime non solo una minaccia prenatale (si è in pericolo ancor prima di venire alla luce, forse proprio per la gioia incosciente di desiderarlo) ma pure una verità poetica dell’autore, ossia che la natura non è una madre benigna, non è connotata umanamente, semplicemente è.
L’uomo, al contrario, possiede il libero arbitrio, un peccato originale che allude all’autodistruzione (la ferita di Mahito) ma anche a una responsabilità. È tuttora questa consapevolezza il tesoro dei mondi miyazakiani, ma non è in essa che questi si risolvono, coltivando il loro mistero al di là delle inquadrature (dove va Yubaba di notte? Qual è l’origin story di Lady Eboshi? E quella dell’airone?). La vita si muove sempre fuori campo, a una soluzione non si può pervenire: tocca, allora, accettare quello che c’è, in un esercizio (un haiku cinematografico) di economia e pacificazione. E tuttavia, non trovandola, Miyazaki si chiede infine cosa ci sia ancora. Cosa cioè possono dirci, e dirgli, oggi, le sue case che camminano, i regni volanti, i treni sull’acqua? Forse, che con la speranza si sopravvive, ma che di speranza non si può più vivere. Il ragazzo e l’airone è un film, prima che grandissimo, quintessenziale, come la partitura struggente di Joe Hisaishi.
Il film
Il ragazzo e l'airone
Animazione - Giappone 2023 - durata 125’
Titolo originale: Kimitachi wa dô ikiru ka
Regia: Hayao Miyazaki
Al cinema: Uscita in Italia il 01/01/2024
in streaming: su Netflix Netflix basic with Ads
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta