La storia è nota e fissata per sempre nel nostro immaginario. Un uomo si sveglia ogni benedetta mattina al suono di I Got You Babe di Sonny e Cher per vivere indefinitamente il 2 febbraio, il giorno della marmotta nella cittadina di Punxsutawney, Pennsylvania. Stesso giorno, stesso luogo, stessa sveglia, stessa canzone, stesso leggendario cinismo e stessi incontri che a forza di ripetersi produrranno nel protagonista reazioni diverse. Dall’euforia delle possibilità offerte dalla sua maledizione all’abuso di potere catartico, dai limiti della manipolazione all’impossibile tentativo di suicidio (una delle gag più disperatamente divertenti del film), dal freddo calcolo nel campo dell’amore al sentimento inaspettato per la collega, il tronfio giornalista apprende l’umiltà e trova il domani. Ma la transizione non avviene da un giorno all’altro, letteralmente. Ne serve uno senza fine per ricostruirsi emotivamente, imparando ad amare gli altri e a impiegare meglio il tempo.
Non si può certo dire che Ricomincio da capo avesse previsto la pandemia del 2020 ma il film culto di Harold Ramis ha fiutato la tragedia della ripetizione, un mondo in cui non c’è più nulla da vivere o da raccontare se non l’esperienza infinita della stessa cosa. La sua uscita nel 1993 coincideva con il riflusso del tema della “fine della storia” cominciato da Francis Fukuyama dopo la caduta del muro di Berlino. La storia non è finita ma ha preso progressivamente la strada di un loop che assomiglia oggi a un inverno senza fine. Dato il plot, che diventa una vertigine ben più colossale, quanti ricordano l’incipit di Ricomincio da capo?
Comincia con le nuvole, quelle di Modugno, che le soffia il cielo, e quelle di De André che vanno e vengono su un blue sky musicato da George Fenton (Clouds). Sono note allegre, è il rimo di una festa e di una banda con tanto di grancassa, piatti e rullante perché domani in Pennsylvania è il “giorno delle marmotta”.
E tutto è pronto a Punxsutawney per celebrare Phil, un esemplare di marmotta maschio che la leggenda popolare crede immortale. Sarà lei e la sua eventuale ombra ad anticipare la primavera o a condannarci ad altre settimane d’inverno. Ma questo ancora non lo sappiamo mentre contempliamo il cielo su cui corrono i titoli di testa e il nome del protagonista, Bill Murray. Dissolvenze si incrociano rapide come le nuvole, veloci e poi velocissime prima di interrompersi contro una voce, una domanda e una mano aperta su uno schermo altrettanto blu.
La macchina da presa si allontana e allarga fino a comprendere un giornalista o forse un meteorologo o magari un giornalista esperto di meteorologia, quello che è certo è che sa il fatto suo e si crogiola nel suo talento. Ci assicura che la California è il posto più confortevole in cui essere domani mentre venti avversi dalla East Coast gonfiano vele e nuvole nere. Ma lui resta confidente e le soffia via come Eolo. E un po’ dio Phil Connors si sente mentre scongiura l’enorme massa d’aria fredda dell’Artico e la rimescola come un giocoliere con l’umidità del golfo. Fa il buono e il cattivo tempo Phil promettendoci che i prossimi cinque giorni non saranno troppo rigidi, a patto di coprirsi bene.
Non è anodino questo inizio, perché Ricomincio da capo riposa su una disfunzione del tempo, tempo che ordina la coerenza narrativa e metaforica della commedia. Le sue accezioni, clima e durata, sono strettamente associate fin dal debutto: le nuvole sfrecciano su un cielo blu, iscrivendo il film sotto il segno della fantasia e annunciando il tema principale. Di fatto la prima sequenza introduce Phil, definito attraverso il suo mestiere, è un presentatore meteo e come tale rivendica il controllo sul ‘tempo’ e sul futuro.
Ma il film lo smentirà e smentirà questa duplice pretesa fermando il tempo (come indica l’incessante ritorno del risveglio) e ‘congelando’ il clima (è prigioniero di un’inaspettata bufera di neve). Anche la marmotta del titolo originale (Groundhog Day) costituisce un elemento importante della storia. Come lui si chiama Phil e ha l’autorità di ‘annunciare’ il maltempo. Il roditore costituisce una sorta di doppio ironico dell’eroe, che lo imita in uno spassoso passaggio in cima al film e lungo la strada che lo conduce a Punxsutawney, capolinea del suo destino. La natura fantasiosa del metodo di previsione si fa beffe della supposta maestria di Phil e il letargo dell’animale rinvia direttamente alla sua vita monotona e grigia, improvvisamente arrestata in una disavventura invernale.
Tutto ha senso e niente è superfluo in questa favola metafisica, la cui riuscita si misura sulla sua maniera di trasformare per sempre la percezione di un luogo, di un oggetto, di una persona. Il suo incipit è la versione condensata di quello che seguirà lungo la strada e sulle note di Weatherman di Delbert McClinton, che “muove il sole” e lo “trasforma in primavera” per la sua bella. E ‘la bella’ nel film ha il volto radioso di Andie MacDowell. Tutto è già lì, tutto cova in quel principio ed evolve alla maniera del suo impassibile protagonista, che accetta l’impasse.
La prima ispirazione del personaggio di Phil è Bill Murray, che deve ancora guadagnarsi quell’aura e quello statuto di droopy, definitivamente acquisito con Lost in Translation. Sovrano sardonico della tecnica slow burn, libera una misantropia fino a quel momento nascosta dietro al carapace di bonario cacciatore di fantasmi (Ghostbusters) e compone un eroe costantemente fuori posto, un eroe arrogante che disturba o è disturbato. Al principio del film, Phil è arrogante e cinico, è pieno di sé e per gli altri ha solo sarcasmo. Poi scatta la trappola temporale e quel dispositivo diventa l’occasione di mettersi radicalmente in discussione. Viene punito proprio dove ha peccato, nella superbia, nella superiorità che ostenta nei confronti degli altri, nell’illusione di governare gli elementi, materia prima della sua professione. Assorbito solo da se stesso, come recita la poesia di Walter Scott declamata da Rita, Phil ha la tonalità astratta e filosofica di un comico dal potenziale infinitamente complesso.
Racconto dell’eterno ritorno, Ricomincio da capo fotografa una redenzione progressiva e disegna un uomo cinico che non arriva a trovarsi pienamente. Un uomo che considera un altro se stesso e si rovescia in un nuovo se stesso, non necessariamente più docile ma certamente più funzionale. Phil abbandona la sua posizione di padrone illusorio del futuro e del clima, per investire in un’esistenza autentica. Da meteo-egotico a buon samaritano, la sua evoluzione potrebbe apparire troppo “americana” ma se critichiamo Harold Ramis, dovremmo fare altrettanto con Frank Capra. Dopo aver previsto il peggio (l’uomo non può che ripetersi), Ramis contempla il meglio (la sua capacità di evolversi). Potremmo chiamarlo umanesimo ma la commedia è soprattutto una questione di fede. Nessun dubbio sulla risoluzione ideale che si annuncia. Non metteremo più in causa la legittimità del lieto fine e useremo lo stesso giorno, con pazienza e devozione, per imparare a suonare Rachmaninov, per accettare l’ineluttabile e correggere ogni errore. E poi una mattina, guardando fuori dalla finestra un paesaggio innevato, ci renderemo conto che non c’è niente di più bello del giorno dopo.
Il film
Ricomincio da capo
Commedia - USA 1993 - durata 103’
Titolo originale: Groundhog Day
Regia: Harold Ramis
Con Bill Murray, Andie MacDowell, Chris Elliott, Stephen Tobolowsky
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Rakuten TV Amazon Video Microsoft Store
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