Berlinale 2022
I premi
Orso d’Oro: Alcarràs
Orso d’argento Gran Premio della Giuria: The Novelist’s Film
Orso d’argento per la miglior regia: Claire Denis per Both Sides of the Blade
Orso d’argento per il miglior contributo artistico: Everything Will Be Ok
Orso d’argento per il migliore interprete: Meltem Kaptan per Rabiye Kurnaz vs. George W. Bush
Orso d’argento Premio della Giuria: Robe of Gems
Orso d’argento per il migliore interprete non protagonista: Laura Basuki per Before, Now & Then (Nana)
Premio FIPRESCI: Leonora addio
Orso d’argento per la miglior sceneggiatura: Laila Stieler per Rabiye Kurnaz vs. George W. Bush
Berlinale 2022
Le recensioni dei film in concorso
16 febbraio
The Novelist’s Film
di Hong Sang-soo
Jun-hee ha scritto molti romanzi di successo, ma attraversa una crisi creativa. L’incontro casuale con un’attrice e l’ammirazione reciproca che ne sboccia le suggeriscono una svolta: girare un film semplice, quasi improvvisato, con persone e situazioni familiari, che sappia dare senso a piccole cose senza importanza, ingrandirle (con uno zoom?) come non riesce più a fare con la sua scrittura, tradurre questa in un linguaggio di segni... Un film di Hong insomma? Il risultato non lo vedremo (e quel che intravediamo pare tutt’altro), mentre assistiamo al consueto carosello d’incontri, chiacchiere, sbronze. Ennesima variazione sul tema, leggera, sincera e frizzante come i bianchi rumorosi della fotografia contrastata: un intrattenersi sulla casualità e la necessità dell’atto creativo, e soprattutto sulla vita da cui scaturisce.
Tommaso Isabella, voto: 8
15 febbraio
Un año, una noche
di Isaki Lacuesta
Ramon e Céline tornano a casa nella notte del 13 novembre 2015: erano al Bataclan, sono sopravvissuti, ora inizia il resto della loro vita. Ma l’elaborazione del trauma procede in direzioni opposte - lui sente il bisogno di ricordare, lei di dimenticare - e scava nella loro unione. Lacuesta lascia la cronaca ai margini - i flashback dal Bataclan sono lacerti disordinati, che invadono lo schermo assecondando la memoria dei personaggi - per costruire, invece, il ritratto acuto di una coppia la cui crisi, innescata dal trauma, diventa fotografia generazionale. L’attentato come cesura esistenziale, coi suoi bilanci forzati, con le sue sliding doors (instillate con sottile ambiguità: e se la vita fosse finita quella notte?), in un dramma diretto con asciutta intelligenza ed esaltato dalle prove struggenti dei protagonisti.
Ilaria Feole, voto: 7
Leonora addio
di Paolo Taviani
“Il dolce della gloria non può compensare l’amaro di quanto è costata”, commenta la voce off di Roberto Herlitzka, adagiata su immagini b&n di repertorio che mostrano il re di Svezia consegnare a Luigi Pirandello, in lingua italiana, il premio Nobel 1934.
Ci fidiamo di questa voce. Lo sguardo di Pirandello il suo pensiero sensibile ci condurrà nel fuori scena e ci spiegherà il fuori campo storico di un moderno film in costume. Moderno perché autentica le immagini, perfino digitali, con leggerezza calviniana.
Il film inizia tra nature morte di Morandi decolorate da Simone Zampagni (Cesare deve morire), ambienti vuoti a luci bianche assolute su letti di morte (Lynch?), estremi e inaciditi addii familiari, effetti speciali eccentrici, borbottio di gerarchi nell’ombra, la cremazione, col fuoco che ritrova colore.
Siamo nel 1936, la morte del grande scrittore, iscritto al partito fascista dal 1924, ma non strumentalizzabile.
Le ceneri di Pirandello conservate al Verano, nel 1946 andranno ad Agrigento in treno, non senza surreali accidenti, per i funerali solenni. Giganteggia Fabrizio Ferracane, nel ruolo dell’archeologo incaricato del trasporto, perfetto, per tempi e intensità, nei duetti con le sue spalle: gli arabeschi di Nicola Piovani, o i superstiziosi siciliani; i soldati reduci dal fronte e in debito di erotismo o l’ ingombrante goffagine dei liberatori americani, a dimostrazione che il cinema penetra il lato opaco delle cose, invisibile al naturalismo.
Quelle ceneri saranno infine chiuse in una piccola bara bianca (cenno a una recente pandemia che esaurì le bare adulte?) per scavalcare l’imbarazzo del clero (magnifico il monologare muto di monsignor Bigagli) e tra l’incomprensione dei bambini (“ma c’è un nano lì dentro?”) e il tripudio mesto di attori e studenti. E tumulate, infine, nel 1962, dentro una roccia megalitica, sotto un amato albero.
È questa la prima parte di Leonora addio! Frammenti di requiem, melodie oblique o caldi fox-trot di Piovani colloquiano diegeticamente con la vicenda o dialogano col found footage, macerie rifecondate, sequenze di eccidi e vendette (la fucilazione del questore Caruso) dai capolavori amati-odiati del neorealismo, come Carlo Lizzani-Don Camillo giustiziato in Il sole sorge ancora.
La seconda parte, a colori, croma intenso e sanguigno di Paolo Carnera, trasloca da Harlem a Brooklyn, omaggio a Leone. È Il chiodo, misteriosa novella terminale, sull’ incomprensibile efferato omicidio di Betty, 8 anni, capelli rossi. Un ragazzo siciliano immigrato, piccolo cameriere di ristorante la colpisce con quell’arma, casualmente o forse casualmente trovata, per fermare un litigio tra bimbe. La forza del destino? L’orrore del sublime? La vita che scavalca ogni immaginazione umana?
A 91 anni, Paolo Taviani dedica a Vittorio morto a 88 anni nel 2019 e per sua volontà cremato, questo esordio in solitario, requiem scritto insieme, e ricreato sul set e nel montaggio (con Perpignani, maestro dell’ellissi fertile).
Il titolo è della novella pirandelliana del 1910: una donna dalla gioventù libertina, reclusa poi in casa da un marito geloso, ritrova la gioia di vivere ricantando (con troppa passione, fino a morirne) le arie del Trovatore…
Roberto Silvestri, voto: 8
Alcarràs
di Carla Simón
I Solé hanno da sempre passato le estati nel frutteto di famiglia di Alcarràs, un piccolo villaggio catalano in cui generazioni differenti si dedicano con amore alla raccolta delle pesche. Ma questa potrebbe essere l’ultima stagione: una minaccia di sfratto e l’abbattimento degli alberi per far spazio a pannelli solari provocano lesioni profonde nell’identità e unità della famiglia. Le attività tradizionali nei campi e l’incertezza del futuro, le preoccupazioni economiche dei grandi e l’eterno presente dei più giovani. Dopo il successo del debutto Estate 1993, l’opera seconda di Carla Simón ne conferma l’intima acutezza dello sguardo. A partire da dettagli autobiografici, la regista spagnola mette in scena un dramma famigliare di sensibile naturalismo, intimo e sottilmente politico. Co-prodotto dall’italiana Kino Produzioni.
Eddie Bertozzi, voto: 7
14 febbraio
Les passagers de la nuit
di Mikhaël Hers
1981. Dopo le elezioni la Francia è a un promettente inizio: non Élisabeth, mollata dal marito e con due figli da mantenere. Un nucleo fragile e un pugno di personaggi che entrano ed escono dalla sua quotidianità: Hers, accostando frammenti di vita, sottintendendo ferite, in parte rievocandole (il padre/marito, un fantasma che aleggia), compone una sorta di saga minimalista che restituisce un ambiente e un’atmosfera, prima che percorsi narrativi precisi. E che si fa anche ritratto sensibile di un’epoca, con un accorto uso di immagini di repertorio, mischiate alla ricostruzione, e qualche affondo letterario - senza insistere, ché la scrittura è fluida e il tocco delicato -. E mentre dice dove va a posarsi lo sguardo (Rohmer al cinema), dà pudicamente voce a un ottimismo ignoto ai nostri tempi.
Luca Pacilio, voto: 8
Un été comme ça
di Denis Côté
Tre donne “ipersessuali” partecipano a un ritiro in una casa su un lago per un esperimento che non intende giudicare o curare i loro comportamenti, ma offrire uno spazio di esplorazione ed espressione. Un approccio analogo a quello di Côté, che fluttua liberamente e senza morbosità tra intimità e distanza, senza forzare sbocchi narrativi traumatici o catartici, ma alimentando una tensione in cui si addensano le paure e i desideri delle ragazze e dello staff, osservando nodi che si stringono o si allentano, senza mai sciogliersi. Tenendo fede alla sua infedeltà verso categorie e attese, Côté ci immerge in una dimensione di astinenza sperimentale, restando sempre sul filo di una superficie mobile e irrimediabilmente opaca, come quella del lago in cui si tuffano le protagoniste alla fine del film.
Tommaso Isabella, voto: 8
Rabiye Kurnaz vs. George W. Bush
di Andreas Dresen
Rabiye è una mamma turca come tante, la cucina sempre accesa, una torta sempre in forno, un’inattesa predilezione per la guida delle Mercedes, tre figli di età diverse; il più grande, Murat, ha 19 anni e si allontana di casa per andare in Pakistan, solo un mese dopo l’attentato delle Twin Towers. Finisce a Guantanamo, senza processo. Andreas Dresen, nel ricostruire fedelmente la battaglia di Rabiye Kurnaz per riavere il figlio, durata cinque anni, e sostenuta dall’avvocato Bernhard Docke, prende in prestito una struttura da cinema americano civile, dandole però gli accenti della commedia, per lasciar emergere attraverso l’energia e il candore della protagonista le domande a cui tutt’oggi la politica e la giustizia tedesca non hanno dato una risposta. Il sospetto è che tolta la performance strabordante di Meltem Kaptan e la spalla sottile offerta da Alexander Scheer, il film rischi di sgonfiarsi, come una torta con troppo zucchero e poco lievito.
Alessandro Uccelli, voto: 6
Call Jane
di Phyllis Nagy
«Incinta? Preoccupata? Chiama Jane» dice l’annuncio, e Joy - moglie, madre e casalinga modello, in corso una gravidanza che ha il 50% di chance di ucciderla e lo 0% di possibilità di essere interrotta legalmente, negli Usa del 1968 - chiama. Trovando all’altro capo del filo una rete di donne che pratica aborti clandestini in sicurezza, ma trovando, soprattutto, un senso ulteriore alla sua vita. La drammaturga Nagy, Oscar per la sceneggiatura di Carol, mette in scena con registro brillante la storia vera del Jane Collective di Chicago in un film che celebra il diritto alla scelta con l’energia di una commedia al femminile, mettendo al bando la retorica strappalacrime e attingendo al dinamismo della tradizione statunitense del cinema d’impegno civile. Cast impeccabile, dominato da una Sigourney Weaver strepitosa, anche in ludico spogliarello.
Ilaria Feole, voto: 7
A E I O U - A Quick Alphabet of Love
di Nicolette Krebit
Anna, attrice sessantenne in declino, insegna dizione ad Adrian, un disadattato nel quale riconosce il giovane che le ha scippato una borsa. Nicolette Krebitz racconta di un rapporto transgenerazionale tra mentore e discepolo, della loro seduzione reciproca, di una Norma Desmond (Udo Kier come Erich von Stroheim) che fa di un ragazzo affamato d’amore il suo pubblico perduto. Virando sui toni del bizzarro, il film punta in molte direzioni (troppe), azzarda teorie (le vocali del titolo come pura evocazione: ci si ferma alla A), non disdegnando derive quasi visionarie (la parte in Costa Azzurra, in cui il legame diventa sessuale, viaggia sul filo della surrealtà, come lo stesso, gridato lieto fine). E se ha il merito della libertà e della stravaganza, non ha il dono dell’armonia e della coesione.
Luca Pacilio, voto: 5
A Piece of Sky
di Michael Koch
Svizzera, villaggio tra le Alpi: cameriera e postina sposa taciturno e taurino tuttofare estraneo al paesello. Tempo dopo all’uomo è diagnosticato un tumore al cervello, che finisce per comprometterne la personalità. C’è la società, chiusa, normante, giudicante. Ci sono i sentimenti, non comprensibili. E c’è, lo dicono le pietre su cui si apre e chiude il film, la materia ottusa, banale, insensata. Il protagonista è ridotto dalla malattia all’animale, fuori da ogni tabù. Cos’è un uomo? Quel che rappresenta, che sente, che fa? Cosa lo muove? Psicologia o biologia? E cos’è, cosa può, l’amore, in tutto questo? Koch trova una storia esemplare per aprire conflitti etici e proporre domande spirituali, in una forma - ellittica e giocata sul fuori campo, dunque rigorosa secondo retorica Dreyer/Bresson/Antonioni, con a parte musicali/brechtiani in aggiunta - che resta grave, pedante, gratuita.
Giulio Sangiorgio, voto: 5
13 febbraio
Return to Dust
di Li Ruijun
Ma e Guying vengono costretti ad un matrimonio combinato: impareranno comunque a starsi vicini, a prendersi cura l’uno l’altro, a resistere a difficoltà e umiliazioni, coltivando la Grande Terra, costruendosi una casa. Un film di tempi dilatati, di osservazione sensibile di un’umanità oltre il prisma della miseria, un’ode al piccolo splendore degli ultimi. Un film di un esotismo formale quasi d’antan – sembra di essere tornati alla Quinta Generazione: il piccolo protagonista sulla grande duna gialla che si staglia contro l’infinito cielo azzurro è chiaramente Terra gialla di Chen Kaige – ma che dimentica di guardare in avanti, rifugiandosi negli stilemi di un dramma umanista rurale e in un’idea di world cinema rassicurante per i festival (e i loro premi). Un film “bello” che naviga dalle parti meno avventurose del cinema cinese di oggi.
Eddie Bertozzi, voto: 6
Nana
di Kamila Andini
Nana dispone con cura composizioni floreali, si acconcia in un sofisticato chignon, accoglie gli ospiti nella magione del ricco e più anziano marito: niente è fuori posto, in superficie, ma l’infedeltà del consorte scompone l’equilibrio del quadro, costringendola a rivedere il proprio ruolo in un’inattesa sorellanza con la “rivale”. Il raggelato mélo in costume dell’indonesiana Andini ha per sfondo gli anni violenti dell’instaurazione di Suharto e della persecuzione contro i comunisti, in un tentativo di raccontare la Storia attraverso il romanzo familiare costruito sull’emulazione - smaccata sino al ridicolo - di forme e motivi del cinema di Wong Kar-wai (ralenti, archi fluviali, abiti & accessori “parlanti”), dove l’intensità delle protagoniste non compensa il didascalismo di dialoghi impettiti sulla condizione femminile.
Ilaria Feole, voto: 4
Avec amour et acharnement
di Claire Denis
Quella iniziale, che mostra una coppia felice in vacanza, è la cornice di un quadro che vede dipinto un soggetto di tono dissonante. Perché il ritorno alla quotidianità parigina mostra che, dietro l’intesa fisica, tra Sara e Jean c’è una comunicazione difettosa e il baratro di un passato irrisolto nel quale fatalmente cadere. Denis, alla terza collaborazione con la scrittrice Christine Angot, fa della coppia protagonista il centro nevralgico del film, come se tutto il resto - a cominciare dal terzo lato del triangolo - fosse puro movimento satellitare, pulviscolo di altre storie, funzionali all’istantanea impietosa di questo stare insieme. Fatta nell’elusione dei trascorsi o nel loro presupporsi, interrogando corpi e volti, mantenendosi in ammaliante equilibrio tra trasparenza ed ermetismo.
Luca Pacilio, voto: 8
12 febbraio
La ligne
di Ursula Meier
Dopo l’ennesima esplosione violenta, un’ordinanza restrittiva vieta a Margaret di avvicinarsi alla casa della madre, che ha assalito danneggiandole un timpano e mettendo fine alla sua già frustrata carriera musicale. Un distanziamento che innesca un’ossessiva smania di contatto, lungo una linea che brucia tra rispecchiamenti negati e ricerca d’identità, tra il narcisismo tossico della madre, già da tempo sorda alle richieste di affetto, e il misticismo sacrificale della sorellina, che tenta di ricomporre i frantumi famigliari. Ma Meier si sottrae alla psicologia e preferisce, ancora una volta, calarla nello spazio, tracciare geometrie conflittuali dove le passioni esplodono o sprofondano, rasentando a tratti il grottesco, ma azzeccando più spesso la chiave di una furia trattenuta, stilizzata, ben espressa dalla bagarre al ralenti dell’incipit.
Tommaso Isabella, voto: 7
Robe of Gems
di Natalia López Gallardo
Montatrice, co-regista di Nuestro Tiempo, e moglie di Reygadas, l’esordio di Lopez è un baccanale per l’aggettivo derivativo: temi, luoghi, stato dell’arte sono quelli del cinema del compagno. Coppia borghese scoppiata, casa di campagna: il marito abbandona, la moglie s’appassiona al caso della sorella della donna di servitù, scomparsa. Indaga, ma l’intreccio (che abbraccia anche una donna di legge e il figlio wannabe narcos) le sfugge, e la stringe. Allo spettatore non sono dati i nessi causali perché, didascalia dell’ellissi, quello del Paese è un male endemico, troppo grande da inquadrare, raccontare. La forma è coerente: iperrealismo HD per luci e suoni, che mentre immerge nel reale lo aliena, fa sentire la tecnologia al lavoro, tiene fuori. La retorica è quella della frustrazione del pubblico come attestato d’arte: un esercizio, arty e impegnato, di ricalco e calligrafia.
Giulio Sangiorgio, voto: 5
Everything Will Be Ok
di Rithy Panh
C’era una volta un orco, così inizia la favola nera di Rithy Panh, un teorema in cui Storia e distopia vanno a braccetto: in scena, con un dispositivo che reitera e strema quello di L’immagine mancante, solo statuine d’argilla allestite in diorama senza vita, “mosse” dalla voce narrante. L’orco è l’ideologia, e tutti i volti con cui ha plasmato l’umanità: dai totalitarismi alla corsa alla tecnologia, fino alla dittatura delle immagini odierna e poi oltre, verso un futuro che sa di utopia antispecista (il COVID-19 è narrato come rivincita degli animali). «Anche il cinema è una presa di potere, anche il cinema è un mostro» afferma Panh, con le parole del sodale Christophe Bataille: Méliès e Fritz Lang, Franju e Marker sono i testi da cui ripartire, in un trattato - cacofonico, provocatorio, inerte - sull’immagine eccedente.
Ilaria Feole, voto: 6
11 febbraio
Rimini
di Ulrich Seidl
Dopo il funerale della madre, Richie Bravo torna a Rimini, dove vive della sua icona appassita di cantante, intrattenendo turisti tedeschi coi suoi successi Schlager, offrendosi come gigolò alle sue fan attempate, e per il resto ubriacandosi e giocando alle slot. Ma il passato torna a presentargli il conto quando la figlia abbandonata ricompare, esigendo un risarcimento per le sue negligenze. In una Rimini grigia e desolata, Seidl segue la deriva di un personaggio che, per quanto sordido, non riesce a risultare antipatico, e come nel kitsch sdolcinato dei suoi brani, vi trova un’autentica malinconia, una disperata ricerca di felicità che incarna e interroga le contraddizioni dell’Europa di oggi. Se la forma è al solito impeccabile, la narrazione arranca, patendo forse la scissione in corso d’opera in un dittico, il cui secondo capitolo sarà dedicato al fratello di Richie.
Tommaso Isabella, voto: 7
10 febbraio
Peter von Kant
di François Ozon
Che il cinema di Ozon sia attraversato dalla passione per Fassbinder (e dunque Douglas Sirk) lo dicono i suoi film, anche frontalmente: l’adattamento Gocce d’acqua su pietre roventi, l’omaggio Angel (in cui porta Sirk a coincidere con RWF) e il videosaggio Quand la peur dévore l’âme. Pure questo piccolo Peter von Kant (di cui è anche produttore) è, se vogliamo, un critofilm: finge un rifacimento di Petra, opera un gender swap scegliendo un uomo come protagonista, scalda i toni verso un amorevole grottesco (come Hazanavicius con Il mio Godard) e fa che l’omaggio sia abitato dalla biografia. Peter è Fassbinder, e il film un aggiornamento, soprattutto, del privato politico di Germania in autunno: una casa di spettri (Schygulla compresa) che rievoca la storia personale di RWF per trovare le fonti di opera e mito, e confonderle. La parodia, qui, è una forma di nostalgia.
Giulio Sangiorgio, voto: 7
I film in concorso
A E I O U - A Quick Alphabet of Love
Drammatico - Germania, Francia 2022 - durata 0’
Titolo originale: A E I O U - Das schnelle Alphabet der Liebe
Regia: Nicolette Krebitz
Con Sophie Rois, Udo Kier, Milan Herms, Nicolas Bridet
The Novelist's Film
Drammatico - Corea del Sud 2022 - durata 0’
Titolo originale: So-seol-ga-ui Yeong-hwa
Regia: Sang-soo Hong
Con Lee Hye-yeong, Kim Min-hee, Seo Younghwa
Un anno, una notte
Drammatico - Spagna 2022 - durata 120’
Titolo originale: Un año, una noche
Regia: Isaki Lacuesta
Con Alba Guilera, Miko Jarry, Noémie Merlant, Quim Gutiérrez, Nahuel Pérez Biscayart, Natalia de Molina
Al cinema: Uscita in Italia il 10/11/2022
Leonora addio
Drammatico - Italia 2022 - durata 90’
Regia: Paolo Taviani
Con Fabrizio Ferracane, Matteo Pittiruti, Dora Becker, Massimo Popolizio, Dania Marino, Claudio Bigagli
Al cinema: Uscita in Italia il 17/02/2022
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Amazon Video Rakuten TV Timvision
Alcarràs - L’ultimo raccolto
Drammatico - Spagna 2022 - durata 120’
Titolo originale: Alcarràs
Regia: Carla Simón
Con Jordi Pujol, Anna Rodriguez, Xenia Roset, Albert Bosch, Ainet Jounou, Josep Abad
Al cinema: Uscita in Italia il 26/05/2022
in streaming: su iWonder Full Amazon channel Apple TV Google Play Movies Rakuten TV Amazon Video
Passeggeri della notte
Drammatico - Francia 2022 - durata 111’
Titolo originale: Les passagers de la nuit
Regia: Mikhaël Hers
Con Emmanuelle Béart, Charlotte Gainsbourg, Noée Abita, Ophélia Kolb, Thibault Vinçon, Didier Sandre
Al cinema: Uscita in Italia il 13/04/2023
in streaming: su Rai Play
That Kind of Summer
Drammatico - Canada 2022 - durata 137’
Titolo originale: Un été comme ça
Regia: Denis Côté
Con Larissa Corriveau, Laure Giappiconi, Samir Guesmi, Aude Mathieu, Anne Ratte-Polle
Una mamma contro G. W. Bush
Drammatico - Germania, Francia 2022 - durata 100’
Titolo originale: Rabiye Kurnaz gegen George W. Bush
Regia: Andreas Dresen
Con Meltem Kaptan, Alexander Scheer, Cornell Adams, Henry Appiah, Devrim Deniz Aslan, Yasar Cetin
Al cinema: Uscita in Italia il 24/11/2022
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Amazon Video
Orso d’argento per il migliore interprete a Meltem Kaptan
Orso d’argento per la miglior sceneggiatura a Laila Stieler
Call Jane
Storico - USA 2022 - durata 121’
Titolo originale: Call Jane
Regia: Phyllis Nagy
Con Elizabeth Banks, Sigourney Weaver, Kate Mara, Chris Messina, John Magaro, Aida Turturro
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Rakuten TV Amazon Video Timvision
Peter von Kant
Drammatico - Francia 2022 - durata 85’
Titolo originale: Peter von Kant
Regia: François Ozon
Con Isabelle Adjani, Denis Menochet, Hanna Schygulla, Stefan Crepon, Khalil Ben Gharbia, Aminthe Audiard
Al cinema: Uscita in Italia il 18/05/2023
A Piece of Sky
Drammatico - Germania, Svizzera 2022 - durata 0’
Titolo originale: Drii Winter
Regia: Michael Koch
Con Michèle Brand, Simone Wisler
Terra e polvere
Drammatico - Cina 2022 - durata 131’
Titolo originale: Yin Ru Chen Yan
Regia: Ruijun Li
Con Wu Renlin, Hai Qing
Al cinema: Uscita in Italia il 30/03/2023
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Amazon Video Rakuten TV
Before, Now & Then (Nana)
Drammatico - Indonesia 2022 - durata 0’
Titolo originale: Before, Now & Then (Nana)
Regia: Kamila Andini
Con Happy Salma, Laura Basuki, Rieke Diah Pitaloka, Arawinda Kirana, Arswendy Bening Swara, Ibnu Jamil
Incroci sentimentali
Drammatico - Francia 2022 - durata 116’
Titolo originale: Avec amour et acharnement
Regia: Claire Denis
Con Juliette Binoche, Vincent Lindon, Grégoire Colin
Al cinema: Uscita in Italia il 17/11/2022
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Rakuten TV Amazon Video Timvision
La ligne - La linea invisibile
Drammatico - Francia, Belgio, Svizzera 2022 - durata 103’
Titolo originale: La ligne
Regia: Ursula Meier
Con Dali Benssalah, Valeria Bruni Tedeschi, Benjamin Biolay, India Hair, Stephanie Blanchoud, Elli Spagnolo
Al cinema: Uscita in Italia il 19/01/2023
Robe of Gems
Drammatico - Messico, Argentina, USA 2022 - durata 117’
Titolo originale: Robe of Gems
Regia: Natalia López Gallardo
Con Nailea Norvind, Antonia Olivares, Aida Roa, Sherlyn Zavala, Yadira Cleto, Daniel Garcia (II)
Everything Will Be Ok
Documentario - Francia, Cambogia 2022 - durata 0’
Titolo originale: Everything Will Be Ok
Regia: Rithy Panh
Rimini
Drammatico - Austria, Italia 2022 - durata 180’
Titolo originale: Rimini
Regia: Ulrich Seidl
Con Michael Thomas, Georg Friedrich, Hans Michael Rehberg
Al cinema: Uscita in Italia il 25/08/2022
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Amazon Video