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American Primeval

1 stagioni - 6 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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La recensione su American Primeval

di mck
6 stelle

Civiltà/Civilizzazione =/= Civile/Civilizzato, ovvero: “Pare che dei bianchi fossero coinvolti nell’attacco, e voi siete verameeente bianchi.”

 

Isaac Reed, detto Job (e purtroppo non dagli amici ma dal dio dei cristiani), c’è una consegna per te da parte del Grande Spirito: “Proteggi la donna, proteggi il ragazzino.”

 


The Revenant” docet, Mark L. Smith (Vacancy, the Hole, Midnight Sky) odia i mormoni* [e, a latere, la linea retta transcontinentaloceanica che unisce Salt Lake City a Tel Aviv mi pare abbastanza evidente, oltre a ‘sta (s)manìa di vivere accanto a grandi laghi salati] e i francesi a livello viscerale, m’ha pure dei difetti, per carità, e uno di questi è che, dopo aver appesantito per l’appunto proprio il film con Leonardo Di Caprio e mamma grizzly diretto, condividendone parimerito la colpa del risultato finale, lato messa in scena, da Alejandro González Iñárritu (mentre Emmanuel Lubezki ha fatto quel che ha potuto, vale a dire tanto), banalizza un bel po’ troppo…

{a parte il sottofinale, segnaldifum-telegrafato da una valle all’altra, un esempio per tutti: la bambina che ride – e in ciò l’atto registico vorrebbe intenzionalmente renderla doppiogiochista operando una distorsione caratteriale ovviamente inesistente nei suoi 4 anni – con la vecchia durante la scena “Deliverance” / “the Texas Chain Saw Massacre” / “the Hills Have Eyes” (patologie autosomiche dominanti seminate a spaglio come se piovesse senza un domani da quelle parti) è imperdonabile [per tacer del fatto che verrà abbandonata lì con la sorellina gemella e quel che rimane di nonna Barker (Winters/Corman) / Grissom (Dailey/Aldrich) urlante]: poi, ripeto, i cattivoni in quel frangente so’ francesi e gli accoppiamenti tra consanguinei son l’ultimo dei loro problemi}

…anche questa “American Primeval”, con la differenza che qui alla regìa, per tutti e sei gli episodi, c’è il buon Peter Berg ("Friday Night Lights", "Hancock"), che di suo può fare quel che può –{e s’è per questo lo fa, a parte il fatto che sembra proprio si sia scordato - e con lui il suo direttore della fotografia, Jacques Jouffret - a cosa serva e come si faccia ad usare la livella digitale e quindi la cinepresa – se ne percepiscono le sue urla lampeggianti di segnalazione sin da qui – in mano sua non è, mai, in bolla: qualcuno lo avverta che ne vendono di meccaniche da montare a scorrimento sulla slitta del flash: scherzo, le Panavision, con lenti Lei[tz(sche)] Ca(mera), usate in questo caso non hanno slitte per i flash propriamente dette (ma sarebbe semplice customizzarne una all’uopo), però c’hanno le livelle digitali, cristodiddio!, usale!, ché l’effetto “sghem...

 

 

...bo” era già fuori moda con l’Oliver Stone di “Natural Born Killers”, trentacazzo di anni fa!}–, ma non basta, così come non è sufficiente a rendere la miniserie [davvero una 1883 quasi del tutto mancata, senza per questo però (far) soffrire della lasca boriosità di un Ryan Murphy qualsiasi] parte del sottoinsieme Complex/Peak/Prestige di questa Terza Golden Age della TV.

 

(https://www.nytimes.com/2025/01/03/arts/television/american-primeval-netflix.html)

 

*Certo è che, da “Brigham Young, Frontiersman” (Henry Hataway, 1940, ambientato a partire dalla metà degli anni Quaranta del XIX secolo, dopo l’assassinio di Joseph Smith, e avente come protagonista proprio il suo successore, figura centrale pure in “American Primeval”, assieme però anche al suo braccio destro “Wild Bill” Hickman) al di ben altro valore “Wagon Master” (John Ford, 1950; ambientato nel 1870), questa serie, con “Big Love” (2006-2011; di ambientazione contemporanea), è senz’altro una delle narrazioni cinematografiche più corrette dal PdV stori(ografi)co.

 


E, a tal proposito, se mormoni e francesi sono più pericolosi di lupi e grizzly è al personaggio del capitano dell’esercito del Governo Federale degli Stati Uniti, interpretato dallo statunitense Lucas Neff, del quale ad un certo punto della narrazione, di punto in bianco, oserei dire “malickianamente” (o “elsaduttonescamente”, sempre per tornare alla del tutto superiore 1883), ci vengono letti dal suo stesso “voice over interiore” alcuni lacerti dei di lui carteggi (diari e lettere) contemporaneamente alla loro in stesura , che appartiene la versione etica del Sogno Americano (anzi, poi, per altre vie: Californiano) veicolato da un calmierato Destino Manifesto espressione di uno Stato di Diritto democratico nell’accezione contemporanea del termine: se dunque dal PdV della correttezza storica “American Primeval” risulta da una parte apprezzabile, dall’altra in pratica non resta che constatarne il mezzo ribaltamento della situazione

 


Detto ciò, il punto forte di “American Primeval” è il cast: Betty ♥ Gilpin (Nurse Jackie, GLOW, the Hunt, Roar, Mrs. Davis) scarica un po’ (immagino, azzardo) la “tensione...

 

 

...recitativa” accumulata sul set del magnifico “Three Women” (una serie molto più violenta di questa, così come “Mad Men” è più violento di “Io Sto con gli Ippopotami”), Shea Whigham è Shea Whigham, punto (Boardwalk Empire”, “Take Shelter”, “True Detective”, “Fargo”, “Lawmen: Bass Reeves”, Eileen), e qui interpreta Jim Bridger sulle orme di quel che fece Ian McShane nei panni di Al Swearengen in “DeadWood”, e poi Taylor Kitsch (il montanaro Isaac Reed), i mormoni buoni Dane DeHaan (“Life after Beth”, “A Cure for Wellness”, “the Kid”, “Oppenheimer”) e Saura Lightfoot-Leon (“Hoard”, “the Agency”), i mormoni cattivi Kim Coates (Brigham Young), Alex Breaux (“Wild Bill” Hickman) e Joe Tippett (“Mare of Easttown”, “Mr. Harrigan’s Phone”), Derek Hinkey (Penna Rossa), Shawnee Pourier (Due Lune) e il già citato Lucas Neff.

 


Di per loro buone, e a tratti molto, le musiche dei texani Explosions in the Sky (con David Wingo le OST di “Prince Avalanche” e “Manglehorn” di David Gordon Green).

 

 

Il Pueblo dei Cochiti e il New Mexico (con inserti canadesi di Ontario e British Columbia) del 2023 interpretano gli Shoshoni (cacciatori guerrieri, in questo frangente indomiti), i (Pai)Ute (raccoglitori e, in questo frangente, collaborazionisti dei mormoni pre-KKK) e, desaturato, lo Utah Territory del 1857 durante la Utah War tra gli U.S. del loro 15° presidente, James Buchanan, e il Deseret del summenzionato Brigham Young, uno dei tanti prodromi alla di lì a poco imminente Guerra Civile (di Secessione) Statunitense.

 

 

Incredibile, ma vero: "American Primeval" non è una serie di Taylor Sheridan: e infatti... hm...


Civiltà/Civilizzazione ≠ Civile/Civilizzato, ovvero: “Pare che dei bianchi fossero coinvolti nell’attacco, e voi siete verameeente bianchi.” 

 

* * * (¼)  

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