1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie
Un cliché fuor di cliché.
“A Man on the Inside” (già “the Mole Agent”), giudicandola solo dalla sinossi (cioè dall’apparenza), corrisponderebbe pienamente all’identikit di una tipica serie fra quelle che vengono proposte ogni tanto a Charles, il co-protagonista di “Only Murders in the Building” interpretato dal co-creatore Steve Martin, ma in realtà è un ottimo prodotto (la finzionizzazione di “el Agente Topo”, l’in-credibile docu-film cileno del 2020 di Maite Alberdi) che ha poco da invidiare alla stessa “OMitB”, e se non bastassero i maggiori nomi coinvolti – Ted Danson (dalla seminale “Cheers” alla magnifica “Fargo 2”, passando per “the Onion field”, “Body Heat”, “Three Men and a Baby”, “Saving Private Ryan”, “Mumford”, “Damages”, “Bored to Death” e “the One I Love”) quale protagonista e Michael Schur (Saturday Night Live, the Office US, Parks and Recreation, Brooklyn Nine-Nine, Black Mirror: Nosedive) quale creatore, con “the Good Place” quale serie che fa da tratto d’unione fra i due – ci pensa un bel crescendo di scrittura (da rilevare la totale assenza di cringesche gag gratuite) che la trasforma da sit-com “adulta” (basti per questo il prologo bipartito del pilot con l’home movie in VHS anni’80 artificialintelligencizzato ad arte seguìto dalla routine del risveglio quotidiano forzatamente solitario accompagnato dalla splendida “the Wind” di Steven Demetre Georgiou aka Yusuf / Cat Stevens da “Teaser and the Firecat” del 1971) a vero e proprio appartenente “in minore” alla Terza Golden Age della Complex/Peak/Prestige TV in cui anche le sit-com (evolutesi) sono validissime, altro che "crisi".
Accanto a Ted Danson – ex professore universitario di ingegneria e neo vedovo (non depresso suicidiario, ma perdurantemente triste e ritirato dalla vita): “una succosa esca rugosa” – fanno la differenza la bella sorpresa (almeno - nel senso che prima d’ora conoscevo il suo lavoro solo di striscio - per me) Stephanie Beatriz (dalla già citata “Brooklyn Nine-Nine” a “Twisted Metal”) e il grande Stephen McKinley Henderson (Lincoln, Lady Bird, DEVS, Dune: Part One, Causeway, Beau Is Afraid e Civil War), mentre il cast principale è completato dalle brave Lilah Richcreek Estrada (“Chicago Med”) e Mary Elizabeth Ellis (“It's Always Sunny in Philadelphia”, “Santa Clarita Diet” e “Licorice Pizza”) e dalla spiccata caratterizzazione di John Gets (da “Blood Simple” e “the Fly” a “Certain Women”, passando per qualche piccolo ruolo e cameo in “Born on the Fourth of July”, “Zodiac”, “the Social Network”, “Halt and Catch Fire”, “Better Call Saul” e “the Last of Us”).
Lo stesso Michael Schur, che si limita a scrivere direttamente il pilot lasciando ad altri 9 sceneggiatori i restanti 7 copioni), dirige il primo e l’ultimo episodio, mentre Morgan Sackett, Rebecca Asher e Anu Valia si dividono due a testa i restanti sei. Fotografia di David J. Miller, montaggio di Sue Federman e Jason Gill e musiche di David Schwartz (con, fra le altre canzoni non originali, un’ottimamente utilizzata “Everybody’s Gotta Live” dei Love di Arthur Lee & C. da “Reel to Real” del 1974).
Tra gli ospiti dell’ospizio middle-upper class non compare Joe Biden, ma avrebbe potuto: “We were dealing with the Secret Service and Joe Biden and Jill Biden literally rolling through our set, trying to figure out how to film exteriors on that apartment building while everything was shut down with bomb booths and checkpoints and all kinds of crazy stuff.” - Heather MacLean, una dei location manager/scouts in quel di San Francisco (città-personaggio).
“A Man on the Inside”, insomma, non guida col cappello e sa passare dal comico («E poi cosa diavolo sarebbe la “mascolinità tossica”? No, lascia perdere, non voglio che sia una pupazzola a dovermelo spiegare!») al tragico (la frase pronunciata in un momento di semi-lucidità e presenza di sé da una paziente affetta da un tipo di demenza senile degenerativa è abbastanza annichilente: “Mi manca la mia vecchia personalità!”) senza grattare la frizione.
* * * ½/¾ – 7.25
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