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Hanno ucciso l'Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883

1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie

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La recensione su Hanno ucciso l'Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883

di scapigliato
8 stelle

Coppia comica perfetta. Giuggioli e Nuzzolo come Totò e Peppino virando a Terence Hill e Bud Spencer. La storia "romanzata" degli anni '90 (la mia adolescenza) fatta attraverso una bellissima storia di amicizia, un buddy movie padano dove l’impaccio (Nuzzolo che fa Pezzali) si completa nella caciara alla De Sica (Giuggioli che fa Repetto), con momenti di “amicizia virile” commovente, perfettamente resi da due attori a briglie sciolte e con grande alchimia. Tutti abbiamo avuto un amico come Repetto o Pezzali, magari passeggeri, ma che a quell’età lì, quella “degli anni” per intenderci, erano ossigeno e sono serviti per costruire la nostra identità e singolare individualità proprio attraverso la definizione e l’affetto per “l’altro”, il “diverso da noi”. La scena in cui Giuggioli/Repetto sale sul motorino dietro a Nuzzolo/Pezzali e si stringe forte dopo che si sono ritrovati, prima come persone e poi come coppia artistica, è il momento migliore della serie, almeno per me.

Ma c’è anche una bellissima storia d’amore con cui quegli anni vengono raccontati e sviscerati. Una storia che colpisce per la sua semplicità e sincerità, così com’erano quegli anni senza smartphone. Lei è una principessa irraggiungibile, un “mito” cittadino che diventerà canzone, la più bella di tutte, la “regina del Celebrità” che ha la sensibilità di avvicinarsi, lei come le altre che compongono il personaggio di Silvia “Atene” interpretato da Ludovica Barbarito, alla semplicità del ragazzo Max che era ed è, come sappiamo e dicono ormai tutti, un ragazzo intelligente, educato, surreale e a suo modo filosofo. Quella canzone oggi sappiamo che è “Come mai”. Ricordo ancora, estate del ’95, una pessima “scenetta” delle mie coetanee durante una serata del nostro campeggio in Val di Zoldo che mimarono “non so bene cosa” e utilizzarono questa canzone, mai sentita prima, come colonna sonora. Mi sono chiesto “Cos’è sta roba?” (non avevo capito che erano gli 883) e come molti che hanno toppato, anch’io non avevo al momento riconosciuto la portata di quella canzone che è a tutt’oggi tra le canzoni d’amore più importanti del panorama storico italiano. Anche se, ad onor del vero, fin dall’uscita nel ’92 di Hanno ucciso l’uomo ragno e Non me la menare io avevo perfettamente capito cosa stava succedendo alla musica italiana per noi adolescenti dagli 883 a Ligabue, passando per Jovanotti e Vasco Rossi – io che da bambino ascoltavo i Righeira e che Joe Cocker, dalla terza media, si è impossessato del mio corpo.

La serie è davvero ben strutturata, con i pochi difetti delle serie italiane. Ma al netto di questi è una serie che chi ha un po’ di cuore sa godersi senza polemiche e critiche, anche perché tecnicamente è ben organizzata e diretta, ha un’ottima fotografia e ha due attori davvero in parte e con gran carattere: Nuzzolo non lo conoscevo e ora sono contento di sapere che esista; Giuggioli lo sa, gliel’ho detto fin da Gli sdraiati (2017) che è uno dei migliori attori della sua generazione, e lo sa bene. I due hanno dato vita a un duo umano ed artistico, in arte gli 883, per nulla mediocri come scrive qualche parruccone, che a distanza di 30 anni sa ancora ”tenere il tempo” delle emozioni e le loro canzoni sanno ancora raccontare – vivaddio! - l’aspetto semplice e “analogico” della vita. Contro il logorio social della (non)vita moderna.

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