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Sunny

1 stagioni - 10 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 1

  • 2024-2024
  • 10 episodi

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mck

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La recensione su Sunny

di mck
8 stelle

Cosa potrà mai andare storto se metti a capo di un progetto di sviluppo di un’intelligenza artificiale robotica uno che pensa che i frigoriferi ingannino la termodinanica?

 

 

Che bella “Sunny”: se pur non raggiunge la cesellata “completezza” di “the Resort” (Andy Siara, 2022, Peacock) – ed infatti una delle cose migliori della serie creata, sviluppata e scritta (con altri 7 sceneggiatori) da Katie Robbins (“the Affair”) per Apple e A24 basandosi sul romanzo “the Dark Manual” (2018) di Colin O'Sullivan (irlandese di stanza in Giappone) è che l’ultimo dei 10 ep. da poco più di mezz’ora l’uno termina con un cliffhanger e quindi rendendo questa almeno solo la prima annata – si stabilisce in zona “Made for Love” (Alissa Nutting, 2021-‘22, HBO) e riesce a costruire un’ambientazione semi-“esotica” e un affiatato gruppo di personaggi memorabili, con Sunny, Suzie e Mixxy in testa, ovviamente, con le pennellate di luce ipernaturalistica (e artificiale) stese sui chip 4K in maniera formidabile da Larry Smith (Eyes Wide Shut, Fear X, the Guard, Only God Forgives, Calvary, Tau, Things Heard & Seen, the Forgiven, Lumina), che lascia il posto di DoP solo in occasione del penultimo episodio, quello in zona Beat Takeshi, che invece è fotografato da Ryoma Kohari e diretto da Makoto Nagahisa, mentre gli altri registi sono Lucy Tcherniak (Wanderlust, Station Eleven), per 5 ep., e Dearbhla Walsh (the Handmaid’s Tale, Fargo, Tales from the Loop) e Colin Bucksey (Breaking Bad, Fargo, Better Call Saul), per 2 ep. a testa.

 


“Sognerò?” – HAL 9000 al Dr. Sivasubramanian “Chandra” Chandrasegarampillai in “2010 - Odyssey Two” di Arthur C. Clarke (1982) e in “2010: the Year We Make Contact” di Peter Hyams (1984).

Prologo. Un’I.A. incorporata nella struttura di un robot domestico umanoide uccide un Homo sapiens (la causa scatenante però rimane celata allo spettatore).

 


Oh, I'm an alien, I'm a legal alien,
I'm an Irishwoman in Japan.

Expat rinchiusa nel suo “recinto di sabbia sociale”, Suzie Sakamoto (Rashida Jones: “Boston Public”, “the Office (U.S.)”, “Parks and Recreation”, “Angie Tribeca”) è in pieno lutto, che deve condividere con la suocera, per la morte del marito, Masa (Hidetoshi Nishijima), ex hikikomori e fino a ieri ingegnere impiegato nella divisione frigoriferi della ImaTech, e del loro figlioletto, Zen, vittime di un disastro aereo. Nei giorni successivi alle cerimonie funebri (celebrate in morte presunta e in assenza di salme), Suzie incontrerà prima Yuki Tanaka (Jun Kunimura), un ingegnere robotico della ImaTech, che le consegna all’uscio Sunny (Joanna Sotomura), un robot domestico semi-umanoide dotato di I.A., e le svela che a progettarla è stato proprio Masa, e poi Mixxy (Annie the Clumsy, ukulelista in zona Flight of the Conchords), aspirante bartender, facendola diventare suo malgrado la sua unica (quasi) amica, e avrà anche modo di scoprire che c’è una stanza “segreta” alla ImaTech che sembra proprio il luogo di un delitto, con schizzi e strisciate di sangue da manuale. In tutto ciò, la la madre di Suzie morì in un incidente causato da un’automobile a guida autonoma, perciò Sunny viene abbandonata s’un classico ponticello nipponico sull’acqua, senonchè… suona il campanello e c’è di nuovo Sunny alla porta che la saluta con un gesto che solo Masa può averle insegnato…

 


“Il suo obbiettivo non era quello di insegnare ai robot a scoprire la loro umanità: ciò che lo entusiasmava era capire come loro potessero aiutare noi a scoprire la nostra.”

L’hardware (testone con faccette alla manga, bracciotte con ditozze, rotelle a trazione integrale) di Sunny, antropomorfo solo in parte, rende l’Uncanny Valley postulata da Masahiro Mori ben lontana, tanto quanto lo è, all’opposto, per ragioni di realismo totale (intelligenze artificiali in corpi fisici indistinguibili da quelli umani), da “A.I. - Artificial Intelligence” (Spielberg, Watson, Aldiss, Kubrick; 2001), “WestWorld” (Nolan, Joy, Crichton; 2016), “the Trouble with Being Born” (Wollner, Warich; 2020) e “After Yang” (Kogonada, Weinstein; 2021), rimanendo più in zona “the Hitchhiker's Guide to the Galaxy” (Jennings, Adams, Kirkpatrick; 2005) e “Everything Beautiful Is Far Away” (Ohs, Sisson; 2017).

Poi, diciamo che se un’IA superasse il Test di Turing o quello di Winograd con ciò non dimostrerebbe di essere umana, ma che gli esseri umani sono IA…

 


Una nota a parte la merita la colonna sonora: quella originale, di Daniel Hart, e quella non originale, con la “Suki-Yo Ai-Shite” (Yasushi Nakamura e Choei Shiratori) di Mari Atsumi utilizzata per la sigla dei titoli di testa, la “Kozure Okami” di Tadashi Yoshida e Kazuo Koike nella versione di Yukio Hashi col Wakakusa Children Chorus e la “ShaRock N.1” di Mie Nakao circa a metà e la “the Great Pretender” di Buck Ram & the Platters nella cover di Freddy Mercury a chiudere la stagione.

 

 

In somma: cosa potrà mai andare storto se metti a capo di un progetto di sviluppo di un’intelligenza artificiale robotica uno che pensa che i frigoriferi ingannino la termodinanica?

 

* * * ¾ (****) - 7.75 

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