1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie
La legge è uguale per tutti, almeno si dice sia così. In realtà, tutti sanno benissimo come (non) funzionano le cose, come il sistema giudiziario – negli Stati Uniti, in Italia o dove volete voi, non cambia granché - sia inquinato e fallace, in grado di incappare in granchi clamorosi. Insomma, un po’ per dolo (gli interessi che spingono in un’unica direzione, escludendo qualsiasi ipotesi di appello) e in parte per negligenza (chiudere un occhio può anche portare benefici o semplicemente non creare grattacapi fastidiosi/supplementari), senza dimenticare le inevitabili simpatie/antipatie personali, quando si finisce imbrigliati in un procedimento penale, entrano in ballo svariati/concomitanti aspetti, solo in parte controllabili, e anche il fatto di sapere di essere innocenti non fornisce sufficienti garanzie di successo.
Chiaramente, c’è una sostanziale differenza anche tra chi scende in campo corazzato, conoscendo a menadito gli strumenti del mestiere, e chi invece può soltanto appellarsi alla buona sorte, ma anche nel caso più fortunato si tratta solamente di aumentare/diminuire il calcolo probabilistico a proprio favore, non di assicurarsi la vittoria.
Presunto innocente espone uno spinoso/intricato caso giudiziario, nel quale i ribaltamenti delle convinzioni e degli umori sono all’ordine della puntata, ricorrendo a delle modalità costitutive - attualmente in voga - che vedono riprendere in mano soggetti dal passato luminoso nella forma di film.
Per un’Attrazione fatale che non ce l’ha fatta, non avendo praticamente nulla di fatale da mettere in vetrina, o un American gigolò passato quasi del tutto inosservato, c’è una miniserie come Presunto innocente che invece è riuscita a conquistare una posizione di prestigio, con un rilevante riscontro di pubblico (da record per Apple TV+) e dei consistenti valori produttivi, per quanto non si possa definire esente da controindicazioni.
Nell’arco di pochi giorni, Rusty Sabich (Jake Gyllenhaal – Prisoners, Zodiac) vede andare in frantumi tutto ciò che ha costruito negli anni. Perde il ruolo di vice procuratore capo in seguito alla elezioni che Raymond Horgan (Bill Camp – The night of, La regina degli scacchi) ha perso in favore di Nico Della Guardia (O.T. Fangbenle – Black widow, The First Lady), vede morire Carolyn Polhemus (Renate Reinsve – La persona peggiore del mondo, Another end), sua collega nonché amante, barbaramente uccisa, e il suo matrimonio con Barbara (Ruth Negga – Loving, Preacher) affronta una nuova crisi.
Come se non bastasse, viene accusato dell’omicidio di Carolyn, ritrovandosi così sotto assedio, con Tommy Molto (Peter Sarsgaard – Dopesick, L’inventore di favole), un collega con cui non è mai corso buon sangue, che guida l’accusa, pronto a giocarsi qualsiasi carta pur di incastrarlo e farlo condannare.
Nonostante gli indizi contro di lui siano copiosi, circostanziati e inclementi, Rusty non ha alcuna intenzione di alzare bandiera bianca.
Tratta dall’omonimo romanzo scritto da Scott Turow nel 1987 e ispirata, di conseguenza, a Presunto innocente diretto da Alan J. Pakula, che nel 1990 incassò una cifra pari a dieci volte il costo, questa nuova versione ideata dall’esperto David E. Kelley (Big Little lies, The Undoing) è un legal thriller che dimostra di essere al passo coi tempi, producendo un intrattenimento performante e incalzante all’ennesima potenza, assolutamente in grado di soddisfare le esigenze/richieste di quella fetta di pubblico che sposta gli indici d’ascolto.
Dunque, salta i preliminari e avvia una corsa disperata e sferzante – di Rusty - per evitare una pesante condanna, accompagnandola con altri movimenti individuali che arricchiscono lo scenario generale, con contrapposizioni marcate e punti di vista che creano/distruggono supposizioni/previsioni, tra risentimenti e perplessità, tentazioni e timori. Ne deriva un fraseggio tanto avvincente quanto infiammabile, caratterizzato da una tangibile forza motrice, tra soluzioni a bruciapelo e valanghe che si susseguono con immancabile continuità, con punti di rugiada che vengono sistematicamente spazzati via da ulteriori smottamenti e un andamento che modifica agilmente la falcata, comunque sia evitando di concedere attimi di tregua effettiva.
Viceversa, questa messa a fuoco - tappezzata di dosi rincarate - va spesso su di giri e compie acrobazie prorompenti, correndo il rischio di finire ingolfata in un effetto assuefazione e creando non poche difficoltà anche al robusto/duttile JakeGyllenhaal, che deve veramente transitare su/tra toni molti diversi/sfumati/decisi, sfoggiando una destrezza tenace anche quando il quadrante è sottoposto a un forte stress e l’indice della credibilità comincia a scricchiolare. Inoltre, è supportato da un cast di classe superiore, che tra la carismatica grinta di Bill Camp, le lacrime affrante di Ruth Negga, i tormenti rancorosi di Peter Sarsgaard e le ombre torbide di Renate Reinsve, vanta assegnazioni pregevoli tra interpreti affidabili e personaggi tosti, annoverando quindi cartucce decisive per indirizzare e sancire il risultato finale.
Per ultimo, i parametri tecnici sono assicurati dalla regia, suddivisa tra Greg Yaitanes (cinque episodi – Dr. House, House of the Dragon) e Anne Sewitsky (tre episodi – A very british scandal, Castle Rock), e dalla colonna sonora allestita da Danny Bensi e Saunder Jurriaans (Ozark, La fuga di Martha), una combinazione di elementi che contribuisce al mantenimento di un ritmo trascinante e di una significativa tenuta d’insieme, nonostante impatti frontali e bombe a orologeria sconvolgano le carte – talvolta false - in tavola, con discordanze/scorrettezze che sanno essere anche spudorate/ostentate e quindi non facili da esaltare/controllare/incanalare.
Alla resa dei conti, Presunto innocente è una produzione tesa e sfaccettata, aerodinamica e polifonica, che sa essere quanto mai pratica/concreta, complicando la situazione e mettendo varie questioni in discussione, per poi apporre correttivi mediamente appropriati, organizzato per usufruire di un rilascio graduale e diffuso che gli permetta di implementare/rinforzare/picconare/rimodulare lo status complessivo, mantenendo i ranghi serrati e convalidando una distribuzione delle responsabilità alquanto ricettiva e variegata.
Tra fango e veleni, attriti vistosi e appoggi sicuri, peccati mortali e rancori profondi, menzogne e ossessioni, prepotenze e fragilità, spaccature e aggiustamenti, con grovigli da sbrogliare e stracci che volano, scheletri che escono dagli armadi e sussulti impetuosi, con un ago della bilancia in continuo spostamento.
Prosperoso e combattuto, martellante e svergognato.
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