1 stagioni - 6 episodi vedi scheda serie
L’ARTE DELLA GIOIA PARTE 1
Era da un bel po’ di tempo che al cinema partisse l’applauso spontaneo ai titoli di coda, appesa si sono accese le luci ci siamo guardati tutti in faccia e senza dirci niente con uno sguardo ci siamo dati appuntamento per L’Arte della Gioia Parte 2 tra quindici giorni. Valeria Golino ha fatto centro, è diventata una regista con forte personalità. La sua Arte della Gioia è un’autentica esplosione di emozioni che parte da dentro e si trasforma in una “Gioia” ma per gli occhi. Nella prima parte ci racconta il coming of Age di questa bambina nata il primo giorno del XX secolo, ma a differenza del Novecento di Baricco la protagonista è una bambina che nonostante le avversità ha una voglia di vivere che la farà sfidare tutto e tutti. Modesta (di nome ma non di fatto) è un piccolo Mowgli che vive sotto le pendici dell’Etna. È l’unica sopravvissuta dall’incendio che ha devastato la sua casa dove sono morte la madre e la sorella down. Ha ancora addosso i segni della verginità perduta. È morto carbonizzato anche l’uomo che ha abusato di lei, a soli 9 anni. Quell’uomo era il suo bellissimo e affascinante papà, tanto ammaliatore da approfittarsi di quella bambina dagli occhi di miele. Modesta viene affidata al convento locale ed entra nelle grazie della Madre Superiore Leonora. Grazie a lei Modesta si sgrezza e diventa la più promettente novizia. Appena arrivata è una selvaggia che sa parlare solo in siciliano stretto e fa i suoi bisogni dove capita che sia un campo o un armadio, da adolescente Modesta si trasforma in una ragazza desiderosa di conoscere e di imporsi al destino avverso. Dietro il volto delicato e quasi angelico di Tesla Insolia, si nasconde e si intravede nel primissimo piano finale un demone che sa casa vuole e come ottenerlo. L’evoluzione del suo personaggio ricorda un poco quello del Ripley di Patricia Highsmith. È una donna che sa trasformare il suo corpo e il suo aspetto giostrando a suo piacimento chi le sta intorno e non ha scrupolo alcuno nei confronti di chi si frappone al suo desiderio di evoluzione ed emancipazione. Valeria Golino è bravissima a presentarci la protagonista del film alternando la sua crescita adolescenziale con i flashback del suo trauma infantile. Ci presenta una Modesta sbarazzina nell’anima che sacrifica il suo corpo a diverse torture pur di evolversi. Modesta viene maltrattata, incatenata, violentata, ferita attraverso un cuore fatto di spine, buttata in un pozzo ma ogni volta esce sempre a testa alta con quello sguardo tentatore a cui nessuno resiste e tutti cascano senza distinzione d’età e di sesso. Modesta ricorda anche la Bella Baxter di Povere Creature, è una ragazza desiderosa di conoscere il più possibile anche e soprattutto attraverso il suo corpo in una Sicilia attraversata da una Guerra “invisibile” e dove tutto quello che si desidera è un peccato da espiare. Lei è Modesta non è Sant’Agata, pur di non fare quella fine è disposta ad andare incontro al suo destino. Il destino di una “Donna Bambina” che in questa prima parte mette le basi per diventare una Donna Indipendente. In un periodo di ritorno del concetto di Patriarcato, L’arte della Gioia di “Valeria Golino” esalta L’arte della Gioia di Goliarda Sapienza rappresentando l’ardore delle figlie ribelli che non accettano il proprio destino di spose di Dio, ma che desiderano e vogliono essere spose di loro stesse. E quel primo piano finale con la canzone Parola ci ipnotizza in attesa della parte 2 che attendo con grande smania di colui che fino adesso ha visto “Grandissimo Cinema”. Voto 7,5
CIAK MI GIRAN0 LE CRITICHE DI DIOMEDE917: L’ARTE DELLA GIOIA PARTE 2
Con questa seconda parte, Valeria Golino realizza un film di forte intensità emotiva e una potenza di immagini che sono una vera “Arte della Gioia” per gli occhi. Rappresenta Modesta come una Mr. Ripley nostrana, una ragazza furba, scaltra e maliziosa che è disposta a tutto pur di raggiungere il suo obiettivo ossia togliersi di dosso la puzza di capra e le origini da poveraccia per imporsi e diventare la Principessa Brandiforti. Una “Donna-Bambina” che usa la sua bellezza e il suo corpo come un’arma a cui nessuno sa resistere fino a trasformarsi a vittime sacrificali in nome del suo obiettivo. Modesta ha voglia di vivere e “Ruba la Gioia” agli altri trasformandoli in fantasmi che ritroverà nel cammino finale della sua vita. Modesta sa trasformarsi a seconda della situazione, e di chi si pone davanti a sé come ostacolo, una “Suora-Puttana” oppure una “Gatta Pericolosa” fino ad arrivare ad un oggetto del desiderio che scatena delle gelosie che nessuno sapeva di avere. In nome della sua realizzazione personale e affermazione sociale non esita a bruciare dentro la casa che era anche la sua prigione) la madre, la sorella disabile ma soprattutto il suo amato padre che abusa di lei deflorandola; non esita a gettare nel vuoto la madre superiora dopo averla eccitata; a provocare incidenti stradali mortali ai danni di chi vuole impedire di essere una donna indipendente fino ad arrivare ad avvelenare chi potrebbe avvelenarle la vita. In questo contesto dove anche la “Grande Storia” con la sua Spagnola avrà un ruolo determinante nell’evolversi delle vicende di questa ragazza che vuole ripudiare il suo passato, Valeria Golino è abilissima a giocare con la bravura delle due interpreti femminili. Se Tecla Insolia è un’autentica rivelazione con quel suo volto angelico che nasconde il più cattivo dei diavoli, in questa seconda parte è Valeria Bruni Tedeschi che fagocita il film col suo carisma e autorevolezza. La sua Gaia Brandiforti è un personaggio che racchiude in sé quel matriarcato che tiene a bada e in soggezione anche il più estremo dei maschi tossici. Che sia Carmine il fedele gabelotto (un Guido Caprino al culmine della sua maturità attoriale) che del defunto principe marito uomo dotato di una “minchia tanta”, più abile negli istinti primordiali che nell’amministrare il proprio patrimonio. Valeria Bruni Tedeschi è bravissima nel focalizzare nel suo sguardo e nella sua fisicità, una donna costretta a nascondere quei segreti da vergognarsi (una figlia che ama tantissimo il sesso come il padre ma essendo donna è un peccato da espiare in convento, un figlio deforme da nascondere in soffitta e una nipote zoppa che viene spacciata come propria anziché figlia della colpa) rimanendo il perno e punto di riferimento di questa bolla che vive isolata nelle campagne siciliane. Lontana dalla guerra ma che al tempo stesso si trova a combattere delle guerre interiori che porteranno morti e feriti con cicatrici che non guariranno mai. Nel complesso delle due parti, L’arte della Gioia è un’opera sontuosa che rende giustamente omaggio e giustizia alla sua autrice Goliarda Speranza e che soprattutto ci dona una regista con gli attributi quadrati. Brava Valeria Golino, continua così che il Cinema Italiano ha bisogno del tuo temperamento e intuito.
Voto 8
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta