1 stagioni - 6 episodi vedi scheda serie
AL CINEMA / FESTIVAL DI CANNES 77 - SPECIAL SCREENINGS - PARTE 1°
La rocambolesca prima parte di vita di Modesta, bimba che rimane orfana in seguito ad un tragico incendio doloso della propria umile abitazione, ed in seguito viene curata, accolta ed istruita da un convento di suore nella campagna siciliana del primo decennio del '900, avvolge lo spettatore entro un vortice narrativo incalzante in cui l'impressione di trovarsi addentro ad una vera trasposizione cinematografica ha il sopravvento su una tempistica decisamente più da serial televisivo, quale effettivamente il prodotto stesso è stato concepito nella sua originale connotazione e destinazione ideale.
Dalla prima giovinezza, succube di una madre intollerante alla propria esuberanza, e ad un padre scellerato e violento che la incontra solo per abusarne sessualmente, fino al momento in cui diviene pupilla della madre superiore (Jasmine Trinca, pure lei punita da una sorta di castigo divino operato dalla stessa Modesta grazie ad un aiuto sinistramente provvidenziale), che la accoglie orfana e bruciacchiata dal vero e proprio inferno familiare, fino a venire accolta, ormai in odore di noviziato nella tenuta di campagna della madre nobile della defunta badessa (una fantastica, nevrotica più che mai Valeria Bruni Tedeschi), la giovane esercita il proprio disincantato appeal per persuadere la gente con cui si rapporta, inducendo ognuno a rendersi succube della propria straordinaria ascesa da un nulla conclamato da disgrazie e nullatentenza, ad una vita agiata vissuta all'ombra di una chiamata divina mai avvenuta, ma da troppi individui data erroneamente per scontata.
Valeria Golino, alla sua terza, lodevole prova di regia dopo Miele (2013) e Euforia (2018), coadiuvata in sede di adattamento dall'abile mestiere di due tra le migliori sceneggiatrici contemporanee, ovvero Francesca Marciano e Valia Santella, dirige un lungo film in due parti, originariamente concepito come miniserial, poi coerentemente anticipato in uscita al cinema in due puntate a distribuzione ravvicinata tra fine maggio e metà giugno.
L'arte della gioia è un film molto ben adattato dal celebre romanzo di Goliarda Sapienza, che appassiona ed incatena lo spettatore allo schermo, raccontando, in questa sua prima concitata parte, la irresistibile ascesa di una donna apparentemente remissiva ed indifesa, in grado di farsi strada nella scalata sociale che la vede relegata ai gradini più infimi, verso una vera e propria inarrestabile scalata, facendo fronte a personaggi scaltri e scafati, e riuscendo ad avere la meglio dinanzi a soprusi e minacce apparentemente inaffrontabili.
Oltre agli indubbi.meriti del potente script sapientemente adattato dalle tre donne sopra citate, il film funziona anche grazie alla bravura di un cast composito molto appropriato e coinvolto, entro cui spicca la resa scenica di Tecla Insolia, sguardo fulgido e appassionato che comunica pudore e purezza, ma anche malizia e coscienza di possedere il potere nascosto di dominare gli eventi e gestire al meglio situazioni di totale emergenza e gravità.
In attesa, ormai frementi, della seconda, imminente seconda parte, in uscita il 13 giugno p.v..
- PARTE 2°
"La gioia, quella si...la so riconoscere negli altri".
Modesta (Tecla Insolia) diviene la più devota e fidata confidente della principessa Gaia Brandiforti (Valeria Bruni Tedeschi), che dapprima la accoglie per compassione, poi per fare contenta la figlia-nipote, poi la rivaluta per l'ascendente positivo che la bella fanciulla esercita sulla "cosa" che vive nascosta tra le stanze abbandonate della tenuta di campagna ove si è trasferita per sempre la nobildonna, dopo i lutti causati dalla perdita del marito e soprattutto dell'unico figlio maschio riconosciuto.
Modesta, di fatto promessa sposa del Baldo autista della villa, comprende che, sposando il principino-mostro nascosto in soffit, può ambire a molto più che un vitalizio, peraltro già ottenuto, ed il ruolo da principessa la attrae molto, oltre al fatto che finisce per allontanarla da quel voto a cui non è mai corrisposta una autentica vocazione.
"....questa puzza di povertà te la porti dietro sempre".
E poi c'è la fine della guerra, il ritorno dei sopravvissuti, la pandemia della "spagnola" che non può che richiamare stati d'animo a noi ben noti nel periodo del Covid, l'amore col maturo affascinante capo dei braccianti, la volontà di reggere le sorti economiche di una tenuta finita in disgrazia, e molti altri intrighi coinvolgenti ed appassionanti.
La trasposizione del romanzo fluviale e intenso di Goliarda Sapienza intitolato L'arte della gioia, e la seconda parte della versione cinematografica ne è la conferma più lampante, una storia di una assassina seriale che agisce sempre con un candore e una scaltrezza tali da diventare una eroina perfettamente in grado di gestire situazioni che la vedono protagonista di una ascesa sociale irresistibile e oltre ogni iniziale aspettativa.
Una scaltra regolatrice di conti, ma forte di un comportamento empatico che la rende agli occhi del pubblico un personaggio più vittima di eventi crudeli e spiacevoli, che una spietata assassina senza scrupoli quale in effetti è nonostante il candore pudico entro cui si cela e rifugia con prudente scaltrezza.
Nel suo concitato epilogo lungo quasi tre ore che scivolano via veloci e galvanizzanti, il film di Valeria Golino convince ed appassiona rivelandosi un prodotto riuscito, ben scritto e diretto con passione e stile di regia da cineasta consumata.
Bravissimi gli interpreti, con particolare menzione, oltre alla assai motivata Tecla Insolia, per la straordinaria Valeria Bruni Tedeschi, magnifica, unica nel dar vita ed anima ad un personaggio controverso, scostante, cinico, viziato, a suo modo mostruoso e spietato, ma pure riconoscente a suo modo.
Una figura complessa e strepitosa di nobildonna che dà carattere e tono a tutto il lungo appassionante film.
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