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Il simpatizzante

1 stagioni - 7 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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La recensione su Il simpatizzante

di supadany
8 stelle

«Tutte le guerre si combattono due volte. La prima sul campo di battaglia, la seconda nella memoria».

Se gli orrori imposti/scatenati da un conflitto bellico, vissuto dal vivo sulla propria pelle, sono un’esperienza devastante/aberrante, gli strascichi conseguenti non sono da sottovalutare, anche perché non hanno una data di scadenza e dipendono da una serie di fattori, correlati tra loro, ma anche dalla condizione individuale. Dai compromessi che si reputano accettabili, dalla volontà di guardare avanti e non indietro, dalla sensibilità che può mettere una pietra sopra anche al più grave dei ricordi oppure non concedere nemmeno un attimo di pace, dalle occasioni che si presentano così come da mancanze che creano vuoti abissali.

Questo senza dimenticare che alcuni scontri permangono nel tempo e hanno origini lontane, cambiando semplicemente modalità di esecuzione.

Il simpatizzante è una miniserie fuori da qualsiasi misura standard. Un pezzo d’autore – e che autore, visto che parliamo di Park Chan-wook in primis - di ineffabile complessità, esuberante e trasfigurato, che affronta questioni spinose partendo da un evento – la guerra in Vietnam - che ha regalato pagine gloriose del cinema moderno (a cominciare da Apocalypse now e Platoon), con dei fiori all’occhiello talmente evidenti e straordinari da andare – in qualche modo – a compensare un’impostazione ostica/rigorosa, almeno per il consumatore standard.

Dopo la caduta di Saigon, il Capitano (Hoa XuandeL’ultimo boss di Kings Cross, Ronny Chieng: Studenti fuorisede), un vietnamita al servizio degli americani e con un canale aperto/diretto con Claude (Robert Downey jr. - Iron Man, Oppenheimer), è costretto alla fuga.

Si ritrova così a vivere in quel di Los Angeles, dove deve confrontarsi con il Generale (Toan Le) e con il suo caro amico Bon (Fred Nguyen KhanUn padre), mentre porta avanti la sua vera missione, al servizio dei comunisti che hanno preso il controllo del Vietnam.

Tra incontri con pezzi grossi della politica americana, un’esperienza su un importante set cinematografico, ordini che provengono da lontano e una relazione sentimentale con la matura Sofia Mori (Sandra OhKilling Eve, Grey’s Anatomy), il Capitano dovrà fare i conti con se stesso, con un ginepraio di pressioni e di tratti che non hanno nulla da sparrtire.

Per (ri)trovare il suo posto nel mondo, dovrà affrontare una battaglia lunga ed estenuante, che non prende in alcuna considerazione le soluzioni accomodanti.

 

 

scena

Il simpatizzante (2024): scena

 

 

Tratta dall’omonimo romanzo di Viet Thanh Nguyen, incoronato con il prestigioso Pulitzer, Il simpatizzante è stata creata da Park Chan-wook (Old boy, Decision to leave) e Don McKellar (Blindness, Last night), con il primo che, alla seconda esperienza seriale dopo La tamburina, dirige i primi tre episodi (il quarto spetta a Fernando MeirellesSugar, City of God, gli ultimi tre a Marc Munden - Utopia, Help).

Con alle spalle una produzione forte e competente, che vede collaborare Hbo e la A24, già insieme per The idol, questa miniserie sfrutta come meglio non potrebbe l’indipendenza autoriale concessagli, distanziandosi nettamente dal resto dell’offerta odierna.

Dunque, utilizza coordinate storiche e narrative dalla rilevante cassa di risonanza per guardare principalmente altrove, intraprendendo percorsi tortuosi/contorti, con la Guerra in Vietnam che si esaurisce, almeno in larga parte, nel primo episodio (in pratica, denso e consistente come un film da 55 minuti e altrettanto avviene anche nell’ultimo, un inizio e un attracco meritevoli di una standing ovation) e il tema dello spionaggio che, pur essendo un invitato fisso, passa in secondo piano al cospetto di un timbro caustico e surreale, a suo agio sia quando ha a che fare con un senso dell’umorismo quantomai cupo sia quando prende il sopravvento un dramma esistenziale, che diviene sempre più opprimente/preponderante/insindacabile.

Forte di un impianto estetico che tocca vette eccelse (soprattutto nei primi tre episodi, nei quali si ritrovano virtuosismi vistosi/autorevoli), Il simpatizzante pone il suo protagonista – un sorprendente/semisconosciuto Hoa Xuande - tra l’incudine e il martello, si aggira in meandri oscuri e viscerali, ispeziona processi identitari che producono tormenti e manipola/deforma/corrompe l’ordine prestabilito delle cose.

Così facendo, pur esibendo frangenti di tensione e allegando note particolarmente eccentriche (ad esempio, occhio all’utilizzo alla American Pie di una seppia), cammina sui carboni ardenti, con una frequenza d’onda straniante e sapida che richiama contraddizioni insite in mentalità inconciliabili (Occidente e Oriente, privilegiati e sfruttati) e idiomi che creano divaricazioni profonde, con grumi che si ripresentano con ineccepibile costanza e le difficoltà di assegnare/decretare il diritto di cittadinanza, con appartenenze messe in perenne discussione.

In aggiunta, sussiste una riflessione sulle manipolazioni e su quei lavaggi del cervello che inquinano il pensiero, dando il via libera a germi che proliferano indisturbati, anche sulla macchina hollywoodiana che modella e ipnotizza a suo piacimento, con riflessi cinematografici, frecciate circostanziate e confabulazioni linguistiche che creano ulteriori terre straniere, per una pertinenza complessiva che non ha la minima intenzione di cedere il passo alle esigenze richieste della facile ricezione.

Per ultimo, questo assetto variabile è scosso e contaminato dalla plurima e invadente presenza di Robert Downey jr., che si fa letteralmente in quattro, tra caricature irriverenti/sferzanti e un pronunciato egocentrismo, per un interpretazione trascendentale e caleidostopica, che l’attore ha fortemente concupito (ricordiamo che lo stesso, di recente, ha centellinato le sue apparizioni, ricercando solamente l’alto profilo), ripagando con gli interessi della fiducia.

 

 

Robert Downey jr.

Il simpatizzante (2024): Robert Downey jr.

 

 

In definitiva, Il simpatizzante usufruisce di una libertà raramente concessa, che utilizza per regalare un’offerta che se ne frega dei facili consensi, di alta qualità ma anche dissonante e sopra le righe, ambiziosa e senza pretendere una fissa dimora.

Rivede con bizzarria e creatività le regole del gioco, centrifuga e padroneggia una materia magmatica/cangiante, muove i condotti temporali come un burattinaio, per un crossover di significati e di trasformazioni attivate/subite, sempre pronto a stravolgere gli umori, con frammenti/grumi a effetto.

Tra miserie umane e coscienze sporche, segreti inconfessabili e proiezioni disturbanti, ricordi indelebili e fantasmi ingombranti, fazioni e scissioni, distorsioni e contrazioni, ambiguità diffuse e digressioni impattanti, con tanti valori aggiunti (ad esempio, la disinvoltura emanata da Sandra Oh e la partecipazione gagliarda di David Duchonvy) e una cabina di pilotaggio che viaggia in totale – e ripagata - autonomia.

Visionario e impegnativo, temerario ed eclettico.

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