1 stagioni - 6 episodi vedi scheda serie
Provini Esauditi.
La serie si intitola “Antonia”, mica “Contrastare l’Endometriosi Cagionando una Provvidenziale Gravidanza Coatta o Mettendo le Ovaie in Temporaneo Riposo con una Menopausa Indotta Farmacologicamente”, però inizia a bordo di un’autoambulanza con lei che non riesce a dire ai paramedici (è sempre un piacere reincontrare Lele Vannoli) com’è che si chiama, a pronunciare il proprio nome.
"È sangue, mica sugo!"
All’inizio non pensavo che “Antonia” fosse un lavoro di fantascienza distopica, ma bensì un film - dalla canonica durata di poco più di due ore suddivise in sei episodi - di genere “Non so se s’è ben capito ma questa è una serie che parla di endometriosi!”, e invece - dopo un bel prologo in cui Valerio Mastandrea (accreditato anche come supervisore creativo) migliora il tiramisù di (una fantastica) Barbara Chichiarelli - ecco che ad un certo punto Chiara “Spatzi/Pulcino/Passerotto” Martegiani (sua è l’idea - perché suo è il Corpo - di partenza della serie, mentre soggetto e sceneggiatura sono condivisi con Elisa Casseri e Carlotta Corradi) from Rimini passando per “Amici” e approdando a quel piccolo gioiellino (in condivisa/rilevante parte per merito suo) ch’è “Ride” (scritto e diretto dallo stesso Mastandrea, suo compagno “anche” nella vita reale, della quale la serie replica quasi geometricamente alcune dinamiche affettive) dice testualmente che Fabia, un personaggio minore interpretato da (una come sempre adorabile, per carità di Dio) Tea Falco (dico solo che forse Meryl Streep fa un mestiere diverso, ecco), “a scuola [di recitazione] era la più brava di tutti”, e allora è stato chiaro che ci troviamo in pieno “the Man in the High Castle”, o per lo meno in un’altra linea spazio-temporale parallela alla nostra nella quale però ad un certo punto la capacità di giudizio delle persone in campo recitativo è andata alle ortiche.
Oltre ai già citati Marchegiani, Mastandrea e Chichiarelli l’eterogeneo punto di forza della serie è costituito anzitutto – oltre all’omogenea regìa affidata alla Chiara Malta di “Armando e la Politica” e “Simple Women” – dal resto del cast principale composto primariamente dal grande Leonardo Lidi e poi da Emanuele Linfatti, Hildegard Helena Khulenberg, Chiara Caselli e dal piccolo e molto bravo Tiziano Menichelli, più i camei di (un sempre sopra, sotto, intorno, dentro, oltre le righe) Teco Celio (qui non come il più improbabile psicologo/psichiatra dai tempi del dottor Marvin Monroe ne “il Sol dell’Avvenire”, ma come il più improbabile sessuologo), Anna Ferzetti, Eleonora Danco, Irene Ferri, Valeria Milillo, Stefano Fregni, Eros Galbiati, Betty Pedrazzi, Lucrezia Valia, Francesca Turrini e la già menzionata “apparizione” di Vannoli.
Fotografia di Luigi Martinucci, montaggio di Federico Mascolini e Natalie Cristiani, musiche di Tom Chichester-Clark e suono in presa diretta di Gabriele Sperduti.
Producono Groenlandia (Rovere e Paris “senza” Sibilia) e Fidelio (Basilio e Maselli) con Amazon, RAI e MiC.
Da segnalare - per questa serie ben poco ammiccante, a parte un singolo camera-look finale, dispositivo ultimamente un po' inflazionato, e curiosamente tutto dal PdV femminile: FleaBag, Enola Holmes, Catherine Called Birdy, la Chimera, Three Women - un buon uso della “When the Night Comes” di Dan Auerbach, e il fatto che alla fine EdelWeiss sia “solo” un bel - omissis - nero e non un - spoiler - caracal/ocelot/serval…
* * * ¾ - 7.5
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