1 stagioni - 6 episodi vedi scheda serie
Hm, no.
No, no; no: no... no. No!
E non tanto per la solita vessata questione etnocentristica, ovvero “Ucraina, Gaza, Kurdistan e Siria e mezzo Medio Oriente, Yemen e Congo e mezza Africa, qualcosina nel Sud-Est Asiatico e nel Centro-Sud America, e gli déi e le anime degli stramorti perdono tempo con le ingiustizie di Abbiategrasso, Busto Arsizio e Treviglio?”, perché il dilemma è facilmente risolvibile con, da una parte, “Durante la Crociata Albigese/Catara, l’Inquisizione, le due Guerre Mondiali e l’Olocausto non ditemi che non ho pensato all’Occidente, eh!” e dall’altra “Solo perché le cinematografie del Terzo Mondo sono meno sviluppate di quelle occidentali mica significa che l’Olimpo e i Campi Elisi non mettano capoccia pure da quelle parti, eh!”, no.
E no, perché no… no… stante la meravigliosa Samantha Morton (“Under the Skin”, “Sweet and Lowdown”, “Jesus’ Son”, “Minority Report”, “Morvern Callar”, “In America”, “Code 46”, “Control”, “Synecdoche, New York”, “the Messenger”, “Cosmopolis” e “the Whale”, oltre che la “Her” on set, poi sostituita da Scarlett Johansson in post-produzione, e che ultimamente, specialmente dal PdV seriale, non riesce ad avere/trovare progetti convincenti, tra “the Walking Dead” e “the Serpent Queen”, mentre non conosco “Harlots”) elargisca ben convinta a piene mani sacchi e sporte della sua bravura ché tanta ne ha (dal montato si nota che il suo lavoro sul set è circonfuso dal fatto che lei crede in quello che sta facendo e che risuona da solista sovrastando il concerto che il coro da chiesa, l’organo e le campane di ‘sta ciofeca intonano all’unisono ed è talmente brava da ingannare persino sé stessa…
…e soprattutto chi le sta intorno donando loro certezze infondate su tutto il resto ed altrettanto evidentemente è chiaro che non poteva in quel mentre possedere una visione d’insieme su quello che sceneggiatori e registi non sapevano di non sapere, ovvero com’è che si fa del cinema), il punto è che, semplicemente, il risultato finale è quanto di più ributtante, respingente e fastidioso si possa immaginare: che spreco di (primissimi piani di) Samatha Morton, che spreco di (bella fotografia di paesaggi delle) langhe brianzole, pardon, di BuckInghamShire, e che spreco di spreco che si sarebbe potuto sprecare meglio, tutto ‘sto spreco di spreco sprecato a vanvera (Portishead compresi).
Unic’altra nota “stonata” in questo perenne obbrobrio che secerne continuativamente (tra gli A.D. 2023, 1992 e 1556) esacerbanti sovradosaggi di prolisse banalità, e perciò - rispetto al peggio imperante - paradossalmente passabile (l’interpretazione dell’attore, non la caratterizzazione che ne dà il copione), è quella del Jack “Figlio di - Ecco ‘n do’ l’ho già visto! - Tim” Roth di “BrimStone” e “Us and Them”.
"The Burning Girls", miniserie in 6 ep. da ca. 50' l’uno, è creata e scritta per Paramount, traendola dall'omonimo romanzo di C.J. Tudor, da Hans Rosenfeldt ("Bron/Broen", "Marcella") con la sodale Camilla Ahlgren, diretta da Charles Martin ("Skins", "Marcella"), gli ep. 1-3, e Kieron Hawkes ("Piggy", "Fortitude"), gli ep. 4-6, e si porta a casa un bel * * ¼ - 4.5 (più un altro ¼ - 0.5 di punto a parte per la “Tematica importantehhh!” e per Samantha Morton).
In somma: hm, no.
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