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Lezioni di chimica

1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie

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La recensione su Lezioni di chimica

di mck
8 stelle

I chimici fanno chimica. (Uscire all’amore, cedere all’aprile.)

 

Physical” ai tempi di “the Marvelous Mrs. Maisel”.

 

 

È praticamente impossibile, per chi possegga un minimo d’infarinatura in storia della scienza e dintorni, assistere a “Lessons in Chemistry” senza, vuoi per gli argomenti trattati legati alla biochimica del DNA (e tralasciando la parentesi televisiva del racconto), vuoi per il preciso periodo (mentre il luogo è il South California) in cui la storia si svolge, i primi anni ‘50 del XX secolo (con estremi che vanno dai primi anni ‘30 ai primi anni ‘60), e quindi, giocoforza, con particolare riferimento, per l’occasione, alle questioni socio-politiche di genere sessuale (e, a “corollario”, razziale), non attivare un paio di piccole e precise scosse elettrochimico-sinaptiche fra due coppie di neuroni fatti brillare sfregandoli assieme e quindi pensare alle figure – in consistente parte, né dirimente né preponderante, tragiche – di Rosalind Franklin (Londra e Cambridge) e Martha Chase (dal MidWest alla WestCoast, passando per la East Coast di New York e Washington), e la serietà con cui, sotto ogni aspetto, il progetto viene sviluppato [a parte qualche topos che si potrebbe pure definire trucchetto o colpo basso, se non fossero - oltre che, comunque e ovviamente, già presenti nel romanzo di partenza (nel quale viene esplicitamente citato, tra i nomi di persone realmente esistite, quello del doppio premio Nobel per la chimica Frederick Sanger), e qui tutto sommato non estremizzati troppo - ben eseguiti e non costituissero dei twist cardine], sia dal PdV della scienza dura (abiogenesi, biosintesi, trasmissione dei caratteri ereditari, eccetera) che da quello più “soft” della reazione di Maillard, con, nel mezzo, argomenti quali, tra gli altri, le lotte per i diritti civili, come già evidenziato, di genere sessuale (dagli assorbenti mestruali - Tampax vs. Campbell Soup - alla già menzionata, ed elemento cardine, emancipazione femminile) e, in trama secondaria, ma importante, razziale, rende la mini-serie in questione un esemplare distintivo (di fascia medio-alta) dell’attuale onda lunga della Complex/Peak/Prestige TV (dalle cable allo streaming), appartenente alla Terza Golden Age (post-2000) della serialità statunitense (semplificando all’estremo, la prima prese vita dal brodo primordiale degli albori e fu poi rimescolata e smossa intersecandosi con la spiraliforme doppia catena di basi azotate generata dal Norman Lear di “Sanford and Son” e “the Jeffersons” e la seconda visse brevemente, preparando l’avvento a “the Sopranos”, “Mad Men” e “the Wire”, rifulgendo degli sporadici apogei raggiunti da David Lynch e Matt Groening), potendone quasi costituire, a posteriori, un possibile olotipo/specimen.

 


Ma è forse diverso il vostro morire?
Voi che uscite all'amore, che cedete all'aprile
Cosa c'è di diverso nel vostro morire?

And who can tell
How men and women will interact
On each other, or what children will result?

Non sapevo con chi e chi avrei generato
Son morto in un esperimento [del fato]
Proprio come gli idioti che muoion d'amore
E qualcuno dirà che c'è un modo migliore

Un Chimico (Edgar Lee Masters, 1915, tra Fabrizio De André e Giuseppe Bentivoglio, 1971)

Questa cellula appartiene ad un cervello, e questo è il mio cervello, di me che scrivo, e la cellula in questione, ed in essa l’atomo in questione, è addetta al mio scrivere, in un gigantesco minuscolo gioco che nessuno ha ancora descritto. È quella che in questo istante, fuori da un labirintico intreccio di sì e di no, fa sì che la mia mano corra in un certo cammino sulla carta, la segni di queste volute che sono segni; un doppio scatto, in su ed in giù, fra due livelli d’energia guida questa mia mano ad imprimere sulla carta questo punto: questo.

Da “Carbonio”, che chiude “il Sistema Periodico” di Primo Levi (1975).

 

 

Creata da Lee Eisenberg (che con Gene Stupnitsky ha scritto “Year One” di Harold Ramis, “Bad Teacher” di Jake Kasdan e “Good Boys”, diretto dallo stesso regista di “No Hard Feelings”) e da lui showrunnerizzata e sceneggiata, basandosi sull’omonimo romanzo d’esordio a 65 anni di Bonnie Garmus (i cui diritti per una trasposizione sono stati, con una mossa niente affatto inusuale, pre-acquisiti rispetto alla pubblicazione cartacea vera e propria, esattamente come accaduto per “Big Swiss” di Jen Beagin, che diverrà una limited-serie di Kayleigh Llewellyn con Jodie Comer), con Elissa Karasik ed Emily Fox, oltre alla stessa Garmus, e musicata da Carlos Rafael Rivera (“Godless”, “the Queen’s Gambit”), “Lessons in Chemistry” è sorretta recitativamente da un bel parco attoriale capitanato da Brie Larson (Unites States of Tara, Greenberg, Scott Pilgrim vs. the World, Room, Free Fire, Kong: Skull Island) con, a seguire, il figlio d’arte Lewis Pullman (Catch-22, Outer Range, the Caine Mutiny Court-Martial), Aja Naomi King, Kevin Sussman, Stephanie Koenig, Patrick Walker, Paul James, Derek Cecil, Thomas Mann, Jackson Kelly, Rainn Wilson, Beau Bridges, Rosemary DeWitt e la piccola Alice Halsey, mentre alla regìa degli 8 ep. da ca. 50’ l’uno si alternano, un paio a testa, Sarah Adina Smith (Buster's Mal Heart), Bert & Bertie (Troop Zero), Millicent Shelton e Tara Miele e i titoli di testa, sulla "Wham (Re-Bop Boom Bam)" di Mildred Bailey, sono di Elastic (e il soundtrack, poi, vive di, in ordine sparso, Sugar Chile Robinson, Cleo Laine, John Lee Hooker, Thelonious Monk, Buddy Holly, Ethel Merman, Miles Davis, Jerry Wallace, Charlie Parker, Don Byas...).

 


I chimici fanno chimica. (Uscire all’amore, cedere all’aprile.)

(***¾) ****    

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