1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie
Con la moltiplicazione delle alternative destinate alla fruizione, che vedono le piattaforme streaming assettate di prodotto (altrimenti chi si abbonerebbe?) affiancarsi al cinema in sala e ai canali tradizionali, le strade da setacciare sono sensibilmente aumentate. Considerando anche l’avanzata inesorabile delle serie televisive, che per loro stessa natura offrono un quantitativo di ore di materiale decisamente importante, c’è un’ingente sete di prodotto, andando anche – e senza troppi problemi – oltre la qualità.
Per quanto detto, i singoli universi di maggior richiamo si sono automaticamente espansi, diventando cavalli di punta da liberare più volte ogni anno, dando inevitabilmente risultati non sempre all’altezza delle aspettative.
Nel caso della prima stagione di Ahsoka, si vola in alto rispolverando lo spirito di Star Wars e garantendo un intrattenimento sostanzioso e continuativo, tonico e tempestivo, quantunque chi abbia già incontrato questo spicchio della galassia più popolare di sempre potrebbe avere qualcosa da obbiettare.
L’impero è ormai caduto ma le minacce sono sempre all’orizzonte, cosicché Ahsoka Tano (Rosario Dawson – In trance, Grindhouse – A prova di morte), una jedi formata da Anakin Skywalker, scova un manufatto che potrebbe fornirle delle risposte su quanto in predicato di verificarsi.
Quando quest’ultimo finisce nelle mani del temibile Baylan Skoll (Ray Stevenson – Roma, Punisher – Zona di guerra) e della sua allieva Shin Hati (Ivanna Sakhno – Il tuo ex non muore mai, Pacific Rim 2 – La rivolta), Ahsoka arruola l’impulsiva Sabine Wren (Natasha Liu Bordizzo – Guns akimbo, The voyeurs) e insieme alla fidata Hera Syndulla (Mary Elizabeth Winstead – Scott Pilgrim vs. the world, Fargo – Stagione 3) cerca di ritornarne in possesso, scongiurando che avvenga il peggio.
Alla fine, dovranno vedersela faccia a faccia con Thrawn (Lars Mikkelsen – L’ombra del nemico, Cosa ha fatto Richard), un ammiraglio dell’Impero pronto a tornare in campo e a sferrare un attacco che potrebbe rivoluzionare i fragili equilibri della galassia.
Assistita dall’esperienza maturata negli anni da Dave Filoni, che da Star Wars: The Clone wars a seguire ha messo mano a gran parte del panorama seriale di Star Wars, Ahsoka è contemporaneamente un sequel di Rebels, con tanto di conversione dall’animazione al live action, e uno spin-off della fortunata The Mandalorian.
Al di là delle congiunzioni dirette, su per giù espletate, Ahsoka si rimbocca le maniche e prende vita/slancio in un battibaleno, diventando autonoma pur dovendo fare i conti con quei legacci che provengono da un illustre/consistente/plurimo passato.
Dunque, raccoglie un duplice testimone e persegue un diagramma al 100% orizzontale, riuscendo ad assicurarsi l’attenzione anche di chi non era al corrente delle avventure/dinamiche precedenti. Il perimetro è costituito con un’innata consapevolezza dei propri mezzi e ha energia da vendere, potendo contare su un comparto tecnico di livello assoluto che balza all’occhio nelle innumerevoli sequenze d’azione, tra battaglie stellari e duelli tramite spade laser, sempre articolate, sincronizzate e coreografate con un atletismo e un dinamismo che vogliono regalare il massimo al pubblico.
Un fattore preponderante, che imperversa più volte in ogni episodio, accompagnato da elementi ricorrenti e riconoscibili, come il legame tra maestro e discepolo e la discordia tra la ragione e il sentimento, senza trascurare agganci con un passato radioso/indimenticabile (Hayden Christensen fa capolino in tre episodi e non serve dire nei panni di chi) e pillole che rimarcano una fedeltà immutabile al suo contesto.
Un’appartenenza nobile e fedele alle sue origini, che rientra in un’esposizione snella e ricca, dagli ancoraggi blindati, e che affronta ogni biforcazione a viso aperto, con un’attitudine che non paventa alcuna titubanza, con una prevalenza femminile che ripaga con gli interessi.
Certo, non tutto il pregresso viene alimentato/rassodato in egual maniera, con alcuni personaggi che non dispongono di tutta quella luce che avrebbero meritato/richiesto, ma il fatturato è indubbiamente significativo, alla luce di un moto perpetuo che viene messo a terra senza concedere un attimo di tregua/scadimento, di un punto di cottura che viene raggiunto immediatamente senza poi mai scemare e di un andamento equilibrato/fluido, costantemente irrigato dalla caparbia volontà di mantenere un’iniziativa propulsiva.
Infine, il cast ha in dote un discreto carisma e rema con fermezza nella stessa direzione, con alcuni pezzi da novanta, come la spavalda scioltezza di Rosario Dawson, la stentorea e magnetica presenza del compianto Ray Stevenson (in futuro, sostituirlo sarà un problema non di poco conto) e la tenebrosa/intimidatoria sicurezza sbandierata da Lars Mikkelsen.
In buona sostanza, Ahsoka sente aria di casa, è arrembante e funzionale,avvincente e gratificante, con modalità d’ingaggio apertis verbis che prediligono destreggiarsi sul filo di lana, alimentando soprattutto l’azione e l’avventura, con una praticità e un’immediatezza che raramente si vedono in circolazione.
Con debita cognizione di causa, un’indomita forza motrice, un comprensorio considerevole e un filo del discorso che si fa forte di una banca dati praticamente sterminata, con qualche distinguo (non tutti i personaggi godono del medesimo e bancabile trattamento) ma anche con la maggior parte delle prescrizioni assolutamente rispettate, per una prova superata a pieni voti, pronta a fidelizzare un pubblico conquistato a pieno merito.
Dirompente e organizzata, con un’accessibilità e una puntualità da primi della classe.
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