2 stagioni - 6 episodi vedi scheda serie
The (Sisters') System (Against the System).
La 1ª, ottima stagione della serie semi-antologica (il trait d’union è costituito da Siobhan Finneran, che interpreta la cappellana dei vari istituti detentivi di correzione) “Time” aveva come co-protagonista uno Stephen Graham in stato di grazia (cioè di Stephen Graham), perciò, per forza di cose, la 2ª non poteva esserle superiore: a conti fatti, la 2ª annata di “Time” ha fatto capire alle cose che devono imparare a farsi i fatti loro.
“I've talked about strangling the kids all the time, mate. Never dreamt of doing it.”
(“Amica, parlavo di strangolare i bambini per tutto il tempo. Ma non mi sono mai sognata di farlo.”)
Il PdV cambia di genere, passando da quello di un carcere maschile nei dintorni di Liverpool a quello di una prigione femminile nei dintorni di Liverpool, e il creatore e showrunner Jimmy McGovern (“Priest”, “Go Now”, “Heart”, “Liam”, “Accused”, “Common”, “Reg”) si fa affiancare da Helen Black (“Life and Death in the Warehouse”) nella scrittura dei 3 ep. da circa un’ora l’uno, mentre la regìa è affidata in toto ad Andrea Harkin (“Come Home”, “the Trial of Christine Keeler”, “the Confessions of Frannie Langton”), e con una furiosa, efficace autorevolezza vigorosa e un’intensa, calibrata urgenza veemente punteggiate di virulente strinature vitali di “giustizia” e speranza il gioco – didattico, ma giammai didascalico - è presto fatto.
- Ero andata a vedere mio figlio giocare a calcio per la scuola. Si è scoperto che era una riserva in panchina. Lui e altri due ragazzi. Arriva l'intervallo. L'insegnante mette gli altri due e lascia mio figlio lì in piedi. Gli dico: "Non preoccuparti. Ti rifarai nel secondo tempo, vero?" È il giorno più freddo dell'anno e ha un piumino con sé. Non lo indosserà. Non so perché. Semplicemente non lo farà. Sta lì con le mani nelle maniche, sai, così… Sta tremando. E quell'insegnante non lo ha mai messo in campo. Comunque l'ho rivisto qualche giorno dopo. Una cosa genitori-insegnanti. Gli dico… Gli chiedo perché ha lasciato mio figlio lì. "Perché non era abbastanza bravo", mi dice. Quindi l'ho colpito… ed è caduto e si è rotto la testa. Non era la prima volta che picchiavo qualcuno e per questo ho ricevuto quattro anni di IPP. Conosci l'IPP, vero?
- No.
- Beh, nemmeno io, finché non me lo hanno dato per la prima volta. "Reclusione per Tutela Pubblica" [Imprisonment for Public Protection; NdA]. Ciò significa che non ti lasciano uscire finché non pensano che sia sicuro lasciarti uscire. È destinato ai molestatori sessuali e cose del genere, e il giudice me lo dà per aver dato un buffetto a un insegnante. Comunque… Faccio i quattro anni e vado per la libertà condizionale. E mi chiedono cosa penso del picchiare un insegnante, e io dico: "Beh… Non penso di averlo colpito abbastanza forte." Ciò significa che non sono idonea ad essere rilasciata, quindi mi hanno fatta tornare indietro e ho fatto un altro anno. Di nuovo, un anno dopo, la stessa cosa. Fanno la stessa domanda, ricevono la stessa risposta. E così anche l’anno dopo. E loro mi dicono:"Perché lo fai? Ti sta solo tenendo lontano dal tuo ragazzo." E io dico loro che “No, non è più il mio ragazzo. Lui è un uomo adesso.”
Fondamentale valore costitutivo il magnifico terzetto di splendide attrici principali: Bella Ramsey (“Game of Thrones”, “Catherine Called Birdy”, “the Last of Us”) e la parabola ascendente di Kels, Jodie Whittaker (“Black Mirror: the Entire History of You”, “BroadChurch”, “Doctor Who”) e lo sprofondo con riscatto di Orla e Tamara Lawrance (“the Long Song”, “Kindred”, “the Silent Twins”) con la lenta presa di coscienza collettiva di Abi, col resto del cast (oltre alla fotografia di Paul Morris, il montaggio di Alex Mackie e le musiche di Sarah Warne) di detenute, guardie e parenti e amici esterni che tiene loro egregiamente testa.
* * * * ¼/½ – 8.75
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