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The Idol

1 stagioni - 6 episodi vedi scheda serie

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La recensione su The Idol

di mck
7 stelle

Non fare di me un idolo mi brucerò / Se divento un megafono m'incepperò.

 

 

Sbam! Gucci, Prada, Dolce & Gabbana, Valentino, Chanel: adesso sì che lo spettacolo può cominciare.

 

 

Considero Sam Levinson (“Another Happy Day”, “Assassination Nation”, “Euphoria”, “Malcolm & Marie”) un gradino sopra a Ryan Murphy lungo la scala evolutiva umana e no, non è un complimento, però ovviamente le “Polemikeh!” a proposito di “the Idol” (3 ep. iniziali di 45/50 minuti più 2 finali da 60/65) sollevate dall’articolo di Rolling Stone (e la serie anche proprio di questo parla!, attraverso il personaggio di Talia Hirsch, giornalista di Vanity Fair, interpretato da Hari Nef) a firma della “Entertainment Investigations Reporter” (quale occupazione lavorativa può essere considerata più onorabile e perché proprio, ad esempio, ammazzare a colpi di clava e poi scuoiare cuccioli di foca?) Cheyenne Roundtree e riassumibili con una frase idiota di un testimone anonimo dal set, «It went from satire to the thing it was satirizing», non possono che farmela stare simpatica “a prescindere”, con l’unica nota artistica negativa rappresentata dall’uscita di scena dello sguardo stilistico-formale (6 ep. da “x” minuti) della regista Amy Seimetz (“Sun Don’t Shine”, “She Dies Tomorrow”) che, rispetto a quello “morale”, ovvero sostanzial-contenutistico, è senz'altro meno parimenti legato alle ragioni del suo abbandono/allontanamento.

 


“Il pop è come il cavallo di Troia perfetto: fai ballare la gente, la fai cantare con te e dire quello che vuoi: è potente.”

 


Insomma, c’è Abel “The Weeknd” Tesfaie che con Reza Fahim e Sam Levinson scrive il soggetto di una serie e quest’ultimo che ne (ri)scrive la (già propria, ma nel mentre in farsi on the set passata al vaglio della direzione artistica di Amy Seimetz) sceneggiatura [nella quale il Pimp scientologyco viene ridotto dall’Idolo a cagnolino da borsetta senza più (?) pensare alle vittime collaterali (Rob, interpretato da Karl Glusman) e alla vendetta contro Xander (interpretato da Troye Sivan) al netto della gratitudine verso Tedros: più paritario in recupero di così!] mentre il cantautore e produttore discografico – che oltre alle lettere ha perso anche, recitativamente parlando, qualche espressione facciale, perché in pratica sembra una via di mezzo tra Fabio Volo e Liberato/Speranza: e indovinate un po’ ‘n do’ sta ‘l difetto…) – interpreta la parte del co-protagonista accanto ad una brava (e che, benedetta lei, non ha alcuna intenzione di tenere a freno gli scapezzolamenti) Lily-Rose Depp (“Yoga Hosers”, “l’Homme Fidèle”, “Voyagers”) e ad un ottimo parterre di comprimari capitanati da Hank Azaria ( “the Simpsons”, “Heat”, “Celebrity”, “Huff”, “Year One”, “Ray Donovan”, “Maniac”, “Hello Tomorrow!”) con al seguito Rachel Sennott (“Shiva Baby”), Da'Vine Joy Randolph (“Dolemite Is My Name”), Jane Adams (“Happiness”, “Eternal Sunshine of the Spotless Mind”, “Little Children”, “All the Light in the Sky”, “Twin Peaks 3: the Return, “She Dies Tomorrow”), Eli Roth (“Caco più sangue di un ragazzino sull’isola di Epstein!”) e Dan Levy, oltre alle eccezionali performance anche attoriali degli eccellenti cantanti e musicisti Suzanna Son, Moses Sumney, Jennie Ruby Jane (inglobata, assimilata ed espulsa dallo show business) e Mike Dean (il quale, oltre a firmare le splendide musiche con The Weeknd e, alla scrittura, Sam Levinson, rivolgendosi a coso, Tetris, Super Mario Tedros o come cazzo si chiama, lo tratteggia con un sentenziale “Fucking vampire!”). 

 



Momento “Parapiglia! Scatta il gioco della bottiglia!”, ovvero: brufolosi dieghifusari andreapezzici discutono del Senzo della Vitah!


- Quando diciamo di no, ci neghiamo un’esperienza.
- Sì, ma non tutte le esperienze sono belle.
- Discutibile. È un modo riduttivo di vedere le cose, Joss.
- Ma di che parli?
- Le esperienze più terribili della vita possono essere le più preziose, artisticamente.
- Non so… Forse… Fino a un certo punto.
- A Robert Plant è morto un figlio [e ad E.C., a N.F., a N.C., a…; NdR] di cinque anni e dopo ha scritto “All My Love”, che è una delle più belle canzoni mai scritte.
- Sì, ma credo che, se Robert Plant avesse potuto, avrebbe scelto la vita di suo figlio.
- E sarebbe stata una grossa perdita per il mondo.
- Lo credete davvero?
- Sì.
- È completamente folle. È davvero folle.
- Quante volte ti dicono che la tua musica gli ha salvato la vita?
- Tante.
- Tante. E tu ci credi, quando lo dicono?
- Sì, ci credo.
- Ok, ora immagina di essere Robert Plant. o immagina di aver perso qualcuno che amavi e di aver scritto una delle più grandi canzoni d’amore di tutti i tempi. Come la metti?
- Quindi pensate che perdendo suo figlio abbia potuto scrivere qualcosa che ha salvato la vita a tante persone?
- Sì.
- E per questo dite di sì a tutto quello che vi chiedono di fare?
- Sì.
- Letteralmente a tutto?
- A tutto.
- Interessante.

 


In sostanza, più che alle storie personali di Britney Spears o financo dell'ex per un weekend di The Weeknd, Selena Gomez (ma quelli che hanno tirato in ballo i loro nomi a tal fine appartengono più o meno alla stessa razza di piagnenti piagnoni per procura di cui sopra), mi pare che non possa ch’essere Miley Cyrus il nucleo e il fulcro artistico (il Bangerz Tour e il cortometraggio “Tongue Tied”...

 

 

...di Quentin Jones) di “the Idol”, il cui maggior difetto risulta l’essere derivativo (non tanto rispetto ad opere specifiche quali “Vox Lux”, “Swimming with Sharks” e “Swarm”, quanto piuttosto verso il catalogo “euphorico” di Sam Levinson stesso) all’ennesima/massima potenza, quando persino quella meraviglia di scena con Suzanna Son nuda al pianoforte (e no, qui sotto ve ne posto altre due: ciuppa!) è presa praticamente di peso da “Red Rocket” di Sean Baker.

 

 

Non fare di me un idolo mi brucerò / Se divento un megafono m'incepperò.

 

 

* * * ¼ - 6.5    

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