3 stagioni - 33 episodi vedi scheda serie
Florida Keys e Global Warming.
La 3ª ed utlima stag. di “BloodLine”, comunque migliore della 2ª, ma sempre peggiore della 1ª, per ragioni esterne alla propria impalcatura narrativa (leggi: eccessivi costi produttivi - “non” preventivati? - per singolo episodio nell’ordine dei millemilamilioni di dollari), oltre ad essere quella che trasforma la linea famigliare di sangue in una mezza scia di morti ammazzati (Enrique Murciano, in eredità dal cliffhanger scorso), suicidi (John Leguizamo: molto bravo, ma il suo è il carattere peggio de/ri-costruito ed irr-“risolto”: le visioni riparatrici e una canna di pistola in bocca), morti naturali (Beau Bridges), “auto”-ferimenti svianti (Norbert Leo Butz) e addii fuori campo (Andrea Riseborough: un vero peccato!), è inoltre quella che primariamente deve, per l’appunto, condensare in una sola annata ciò che, in partenza, era stato previsto da spalmare in 3 (e, per contro, non oso pensare a quanto si sarebbe allungato il brodo con altri 30 ep. da riempire!), per un totale, dunque, di 5: i creatori Glenn Kessler, Todd A. Kessler (qui per l’occasione al comando della showrunnerizzazione con David Manson) e Daniel Zelman amano i loro personaggi (parafrasando la frase di lancio della serie: “Non siamo cattive persone, ma abbiamo commesso una cattiva azione: decidere di strutturare la serie su 5 stag. quando ne bastavano 3 e poi riassumerne tre in una sola”), gli attori sono molto convincenti...
(in particolar modo in questi 10 ep. terminali diretti dagli stessi Kessler e Manson e da Mikael Håfström, Mario Van Peebles - che recita anche in una parte minore - e Michael Apted - insomma: mica pizza e fichi -, si possono trovare una prestazione straordinaria, impressionante, destabilizzante, perturbante e terrifica di Sissy Spacek, letteralmente: da paura, con a seguire ottime performance da parte di Chloë Sevigny, Linda Cardellini, Jamie McShane e del fantasmatico Ben Mendelsohn e pure dello stesso protagonista Kyle Chandler, mentre chiudono il cast più meritevole Jacinda Barrett, Katie Finneran - il GPS dello smartphone?! -, David Zayas - anche il suo ruolo è concluso out of character - e Michael Beasley, con piccole pose per Mark Valley e Sonya Walger, e per finire Sam Shepard, già malato da tempo, al banjo sui titoli di coda, più Lou Reed, Billie Holiday, Cat Power e i Book of Fear sui titoli di testa)
...e la fotografia di Jaime Reynoso e le musiche di James S. Levine sono valide, ma tutto ciò non basta a chiudere bene il cerchio, come non è sufficiente montare un penultimo ep. “filler” (ma non “bottle”, anzi…) para-lynchano (che in fondo, più che le atmosfere di “Twin Peaks”, ricorda, per dire, il “salto dello squalo” del redivivo Bobby Ewing dall’incubo di Pamela Barnes in “Dallas”: ofelè fa’l to mesté) e un finale à la Soprano.
Florida Keys e Global Warming.
- Stag. 1 (13 ep., 2015): * * * ¾ (****)
- Stag. 2 (10 ep., 2016): * * ¾ (***)
- Stag. 3 (10 ep., 2017): * * * ¼ (***½)
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