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Merlí

3 stagioni - 40 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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La recensione su Merlí

di scapigliato
10 stelle

Pur non avendo fatto studi filosofici, ma letterari e linguistici, oltre che cinematografici, so perfettamente come sia fondamentale per un essere umano il pensiero critico, il dubbio, la provocazione e soprattutto l’attitudine di mettere tutto in discussione, di riflettere con la propria testa, di farsi domande e cercare risposte attraverso i traguardi dell’emancipazione e dell’autodeterminazione.

Questa attitudine certo non mi manca, ed è per questo che la serie tv catalana Merlí (Héctor Lozano, 2015-2018), trasmessa prima su TV3 in lingua originale, poi doppiata in spagnolo per LaSexta, del gruppo Atresmedia, e infine approdata su Netflix e arricchita di uno spin-off dedicato a uno dei protagonisti, credo fortemente sia una delle migliori series de instituto, o school drama per dirla in inglese, di sempre. Con Euphoria (Sam Levinson, 2019) e Skam Italia (Ludovico Bessegato, 2018) si conquista l’olimpo delle serie per adolescenti e adulti che ruotano principalmente intorno al mondo scolastico – Élite (Montero/Madrona, 2018) la metto in un gradino più in basso alle precedenti perché non ha voluto rischiare fino in fondo il gioco formale, mentre Sex Education (Laurie Nunn, 2019), pur intelligente, scivola proprio sulla rappresentazione del suo tema portante.

Merlí, che si compone di tre stagioni per un totale di 40 episodi, ognuno dei quali ha come titolo il nome di un filosofo o di una corrente di pensiero, racconta di un professore di filosofia sfrontato e sulle righe, anticonformista, seduttore, molto acculturato, fuori dagli schemi e ironico, mordace, pure irritante e dotato di un umorismo tagliente e lapidario, che diventa all’improvviso professore in un liceo di Barcellona, proprio nella classe di suo figlio Bruno. Merlí Bergeron è il nome del professore interpretato de puta madre, da Francesc Orella. Originariamente la parte era stata proposta a Lluís Homar, grandissimo attore spagnolo, che rifiutò per altri impegni, ma Orella credo abbia saputo creare un personaggio che nessun altro avrebbe potuto definire così bene in ogni dettaglio. È davvero uno dei personaggi più riusciti dell’universo televisivo spagnolo di sempre e lo conferma il successo della serie e la sua evoluzione da fenomeno locale catalano a fenomeno internazionale grazie a Netflix.

Merlí Bergeron Calduch appare nei primi minuti del primo episodio in un concentrato di merlinadas, così hanno chiamate le sue uscite anticonformiste e provocatorie, che ce lo presentano in tutta la sua apparente linearità caratteriale, che nasconde invece una complessità e una inquietudine esistenziale che si scopre poco a poco e che brillerà di luce propria durante tutte le tre stagioni della serie proprio grazie allo sfondo tematico delle lezioni di filosofia. Lo conosciamo infatti mentre si lascia definitivamente con la sua ex moglie che se ne va a vivere a Roma con l’amante e che gli affida il figlio adolescente, Bruno, che quasi non conosce visto che Merlí aveva abbandonato il tetto coniugale quando il figlio era ancora piccolo. Inoltre lo sfratta, e non sapendo dove andare finisce a vivere con sua madre, conosciuta come La Calduch, grande attrice di teatro ancora in attività che non mancherà di arricchire il già denso corredo filosofico della serie con citazioni scespiriane. Merlí non sopporta i cani, non resiste alle donne e cambia spesso partner, non si cura delle apparenze e non sa dove stia di casa la prosocialità, presentandosi sempre in modo sfrontato e provocatorio a chiunque, compresi i colleghi professori che i suoi alunni.

Appena entrato in classe per la sua prima ora di filosofia, si presenta così: «Bien. Me llamo Merlí y quiero que os empalméis con la filosofía», che suonerebbe più o meno così “Bene. Mi chiamo Merlí e voglio che vi venga un’erezione con la filosofia”. In versione originale viene utilizzato il verbo “trempar” che in catalano significa sì avere un’erezione fisica, ma vuol dire anche eccitarsi, motivarsi ed emozionarsi da un punto di vista intellettuale, provare piacere e soddisfazione per un pensiero, un’intuizione. Nella versione spagnola si perde questa ambivalenza, ma l’accezione sessuale del verbo “empalmar” non stride affatto con l’idea di fondo dell’obiettivo motivazionale del professore verso i suoi alunni, che infatti prosegue dicendo: «Ne ho le palle piene di quelli che dicono che la filosofia non serve a nulla. Sembra che il sistema educativo si sia dimenticato le domande: “Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?”. Adesso importa solo “che affari facciamo, quanti soldi guadagniamo… La filosofia serve per riflettere. Riflettere sulla vita, sull’essere umano e per farsi domande, mettere tutto in discussione. Forse per questo la vogliono eliminare. La trovano pericolosa. La filosofia e il potere soffrono una tensione sessuale irrisolta». Come non eccitarsi a queste parole? E ancora, Merlí continua: «La filosofia serve per mettere in dubbio tutto quello che diamo per conosciuto e scontato», e invita i suoi alunni adolescenti a svegliarsi, ad alzare il culo, a disinteressarsi dei cellulari e di iniziare a rendersi conto di quello che gli succede intorno.

Su questo sfondo narrativo, la lezione di filosofia, già di per sé una grande sfida e un grande successo per una serie tv, vengono innestati una serie di temi non solo attuali, ma che hanno le loro radici nella realtà vera delle persone vere, soprattutto dei più giovani che vivono durante l’adolescenza un periodo di dubbi, frustrazioni, domande e trasformazioni, sentimenti intensi e assoluti, grandi promesse e grandi energie, confermando come sia proprio la filosofia, o per estensione, le materie umanistiche, a dare all’uomo quella marcia in più per essere diverso, emancipato, autodeterminato, insomma: libero. Temi come paternità e filiazione, amicizia, amore, sesso, tensioni omosessuali e ambiguità, la transessualità, la ribellione, il passaggio all’età adulta, l’uso di droghe e alcol, il bullismo, le reti sociali, la malattia e la morte, la depressione, l’autostima, il suicidio, le gravidanze, il duro mondo del lavoro, il sistema scolastico, l’indipendenza catalana, il potere e la politica vengono tutti trattati con la purezza della loro realtà e immanenza, senza filtri di nessun tipo, senza nessuna edulcorazione e senza nessun sensazionalismo.

La serie, notevole nel suo impianto generale, non è stata esente da critiche vivaci nonostante l’unanime successo. Il filosofo spagnolo Enric Arnau, in un articolo a firma di Andreu Ballús, sociologo e filologo de la Universidad Autónoma de Barcelona, apparso su Zena, sito di studi di genere, si è interrogato, sull’evidente machismo di Merlí. Altri articoli apparsi sullo stesso sito continuano la critica negativa agli stereotipi di genere e a una ipotizzata guerra al femminismo condita dalla sempre ipotizzata misoginia del protagonista. La professoressa di Filosofia di un istituto di Roses, Esther Cruañas, bacchetta la serie per insegnare la filosofia superficialmente solo per renderla attrattiva agli adolescenti. Cruañas sostiene infatti che la serie fa sicuramente riferimento a concetti concreti di autori concreti, ma che non si può ridurre tutto un pensiero, una vita, un’epoca e tutto un sistema filosofico a una frase e a un’idea. L’intervista nasce per una tavola rotonda proprio sulla serie tv di TV3 a Girona nel 2017, sempre a conferma del grande dibattito che ha innescato e che ha coinvolto anche la teorizzazione di nuovi modi di enucleazione familiare e relazionale e la riflessione sull’assenza di immigrati tra gli alunni e i professori quando il 25% degli studenti catalani è figlio di immigrati – anche se ci sono alunni extracomunitari in classe, però sono solo comparse, quindi marginali alla narrazione.

Per quanto mi riguarda, le sterili polemiche di base femminista non fanno che accendere il dibattito positivamente, restituendo al personaggio di Merlí e ai suoi studenti una complessità discorde, che è il valore aggiunto della serie. Purtroppo, in epoca di rigurgiti estremisti postfemministi non è raro trovare prese di posizione assolutiste che non dialogano con l’altro sesso. Merlí è in realtà un inno alla diversità di genere attraverso una messa in scena anche machista e un po’ cafona, ma che è per lo meno genuina e sincera. Anche le critiche sui metodi di insegnamento della filosofia credo che lascino il tempo che trovano, essendo dopotutto una serie tv Merlí deve giocare di sintesi narrativa e conquistarsi anche un pubblico, quello giovane, che forse proprio grazie a questo approccio naïf, si appassionerà alla filosofia ribaltandone la situazione di emergenza didattica in cui si trova.

Se devo proprio criticare un aspetto della serie è l’assenza di nudi integrali e di scene erotiche che, pur essendo di grande impatto, mancano di coraggio. Anche Merlí dopotutto poggia buona parte della sua narrazione su questioni di tipo sessuale, rese anche con una certa audacia, troncata però dal solito montaggio castratore, come accade in Élite dopotutto, e ne consegue un ridimensionamento delle intenzioni autoriali. Torno a precisare che la forma è il contenuto, e se il contenuto prevede tensioni sessuali, onanismi vari, pruderie cameratesche, queste devono essere rese attraverso una forma precisa e congenita, che non è quella della censura, bensì dell’esibizione come atto sensibile di verità.

Detto questo, il fiore all’occhiello di una serie che già con il solo personaggio di Merlí poteva vivere di vita propria senza inflazionarsi, sono comunque gli alunni. Questi giovani attori catalani degli anni 010, non solo sono personaggi che già sulla carta sono stati pensati e tratteggiati con intelligenza, senza macchiettismi e con piglio sincero e naturale che li rende tra i più credibili mai apparsi sul piccolo e grande schermo, ma gli attori stessi, chi più chi meno, hanno espresso tutta la loro freschezza senza timori e senza paure, lasciandosi andare completamente ai gesti, ai tic, alle pulsioni dei loro personaggi. Un cast quindi che, unitamente alla sceneggiatura di Héctor Lozano, laureato proprio in filosofia, ha dato una marcia in più alla serie creando un’atmosfera così densa e vera che anche un uomo di quarant’anni come me si è commosso durante l’ultima puntata, proprio come capitava quando finivano le serie tv di una volta, o quando terminavano i cartoni animati che ci facevano compagnia nei pomeriggi televisivi.

Bruno, il figlio di Merlí, è interpretato da David Solans, uno degli attori più capaci della serie. Il suo personaggio è complicato perché vive una tensione omoerotica che non sa spiegarsi, ma una volta accettata la propria condizione è uno dei personaggi più positivi e propositivi della serie. Ad ogni modo, il personaggio più complesso, meglio riuscito sia su carta che nella resa finale, tanto da meritarsi lo spin-off della serie Merlí: Sapere Aude (Héctor Lozano, 2019), è el puto Pol Rubio interpretato da Carlos Cuevas. Pol è il bullo della scuola, il chico malo che i professori non sopportano, ma in realtà ha una profondità di animo, un’intelligenza e un acume tali che lo fanno diventare il miglior alunno di Merlí, scoprendo come la filosofia non è poi così distante dalla vita vera come la classe dirigente vuol farci credere. È orgoglioso, altero, a volte violento; è invidiato dai compagni per essere il dongiovanni dell’istituto, ma Pol, che vive la tensione omoerotica con Bruno, afferma spesso che non è gay, non è bisex, non è etero né nulla, lui è Pol e punto.

Gli altri ragazzi della classe, a parte i generici, non sono da meno. El puto Gerard, interpretato straordinariamente da Marcos Franz è un ragazzo divertente, ma sempre insoddisfatto. È un buon amico, socievole e bizzarro, ma molto immaturo e iperprotetto dalla madre – una delle donne di Merlí. Gerard si innamora troppo facilmente senza essere corrisposto e questo lo rende sempre più infantile, ansioso e maldestro. Marcos Franz è un attore che pur non potendo giocare le stesse carte estetiche di Solans e Cuevas, fa del suo corpo e della sua presenza scenica un efficace strumento recitativo. Alto, magro e secco, viso simpatico, goffo e timido, è uno dei migliori personaggi della serie a cui sono riservate non poche sottotrame dato l’appeal dell’attore e del personaggio. Iván, interpretato da Pau Poch è “il ragazzo della caverna”. Soffre di agorafobia ed è chiuso in casa da tempo. Capelli lunghi, tute logore, ambiente sporco e incasinato, non vuole saperne di uscire di casa e di tornare tra quei compagni che bullizzandolo lo hanno costretto a questi disturbi psicologici. Merlí si adopererà, attraverso i suoi metodi poco ortodossi e all’aiuto della filosofia – il mito della caverna – per aiutare Iván e riportarlo alla luce della realtà. Mentre Albert Baró è Joan Capdevila, ragazzo ingenuo, semplice, di buona famiglia, il secchione della classe, sempre ordinato e tranquillo, che l’amore per Mònica, interpretata da Jùlia Creus, trasformerà completamente in un ragazzo scontroso, ossessivo, trasgressivo fino alle estreme conseguenze, adottando un comportamento oppositivo sia nei confronti di Merlí, da cui prima pendeva dalle labbra, sia dei suoi genitori: il padre è infatti un celebre avvocato, conservatore e tradizionalista che si scontrerà più e più volte con il figlio irrequieto. Marc, interpretato da Adrian Grösser è l’amico di tutti, il jolly, il buffone della classe. Non si mette mai nei casini, non ha grosse pretese con le ragazze, studia con giudizio e si prende cura del fratello più piccolo, Pau, che soffre di deficit dell’attenzione. Fa teatro e vuole diventare attore. Anche Grösser, come gli altri attori, grazie a personaggi molto attraenti, riesce a dare quel qualcosa in più che no sta scritto e completa il gruppo dei personaggi protagonisti. Infine, il personaggio di Oliver, interpretato da Iñaki Mur è sfacciatamente gay tanto da presentarsi in classe con un discorso che conclude così: “ah.. sono anche gay, quindi a chi non gli sta bene che si fotta”, generando applausi e sorrisi tra i nuovi compagni, a riconferma della vocazione spiazzante e rivoluzionaria della serie soprattutto sulle questioni di genere e sulle relazioni sociali, scardinando i vincoli tradizionalisti con sfacciataggine e ironia. Va anche segnalata la presenza di Oriol Plá, ottimo attore catalano, di una generazione di attori precedente a questa nuova leva, che in Merlí si ritaglia un  piccolo ruolo, ugualmente importante per le dinamiche che interessano il personaggio di suo fratello, Pol Rubio, e di altri che hanno modo di relazionarsi con lui.

Le compagne di classe sono un altro gioiellino della serie. Pur ruotando soprattutto intorno ai due personaggi maschili centrali della serie, Bruno e Pol, anche le ragazze, con puntate dedicate, godono di una centralità narrativa interessante. Spesso sono loro a deflagrare la quiete del gruppo, a far saltare il banco e prendere decisioni importanti. I personaggi di Berta, Tània, Mònica e Oksana, comprese le donne che compongono l’universo affettivo di Merlí, ovvero sua madre La Calduch, le sue amanti, tra cui anche professoresse e madri di alunni, sono personaggi forti e deboli, risoluti ed esitanti allo stesso tempo. Berta è conflittuale e misteriosa, passa per essere la ragazza facile, ma non è così. Tània, la miglior amica di Bruno, è la tipica ragazza che sta simpatica a tutti, ma con cui nessun ragazzo vuole concludere, pur restando il punto di riferimento ideale del gruppo. Mònica è una ragazza che è già donna, di corpo e di mente, ma questo non le impedisce di innamorarsi di due ragazzi contemporaneamente, creandosi problemi che mai avrebbe creduto, abituata com’era a tenere le emozioni lontane da sé. Oksana arriva nella seconda stagione ed è un tornado. Una ragazza libera e indipendente che non si tira indietro al sesso occasionale e non ha nessun tipo di tabù.

A che serve descrivere così i personaggi? Il sistema dei personaggi di una serie come di un film è molto importante, ma nel caso di Merlí la resa finale, il lavoro degli attori, i sentimenti assoluti dell’adolescenza che ragazzi e ragazze sanno drammatizzare con naturalezza e gran coinvolgimento vanno ben oltre il già efficace disegno della sceneggiatura e conferma come i giovani attori, e quelli spagnoli in particolare, abbiano una dote peculiare per la rappresentazione, senza afferire necessariamente a scuole artistiche, bensì lasciandosi andare alle proprie pulsioni, agli slanci istintuali della loro età e vivere realmente il personaggio.

Oltre quindi la già discussa importanza della filosofia e delle tematiche di Merlí, anche i suoi personaggi e i suoi attori e le sue attrici contribuiscono a renderla una serie fondamentale per chi cerca un prodotto fresco e spiazzante il cui piacere estetico, contenutistico e narrativo possa continuare anche dopo la prima visione.

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