1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie
Underdog.
Non è dato sapere cosa avrebbe potuto pensarne Thomas Chippendale Senior/the Elder (e nemmeno Junior/the Younger, il maggiore dei suoi 11 figli) di “Welcome to Chippendales”, l’epitome del Sogno Americano che, incidentalmente, inizia con una Tragedia Americana (un omicidio e un suicidio) e termina con un’altra Tragedia Americana (un omicidio e un suicidio) - ovvero, come dicevo: il Sogno Americano! -, ma di certo la mini-serie creata da Robert Siegel (“the Wrestler”, “the Founder”, “Pam & Tommy”) basandosi su “Deadly Dance: the Chippendales Murders” (“Danza Mortale”. Davvero? Davvero. E perché non reintitolare “I, Tonya”, che ne so, “Lama Tagliente”, allora?) di K. Scot Macdonald & Patrick MontesDeOca (da segnalare sull'argomento anche "Master of Ceremonies: a True Story of Love, Murder, Roller Skates and Chippendales" di David Henry Sterry) ci dice qualcosa (cambiando un po' le date, le circostanze e le intersecazioni senza però stravolgere la realtà) di/su come (s)ragionasse il cervello bacato di Somen "Steve" Banerjee (“Outsider, underdog, immigrant!”), qui interpretato eccellentemente e al contempo respingentemente (il fatto poi che rassomigli nelle semovenze - di fatto cammina senza, mai, muovere le braccia - a Gennaro "Genny 'O Ministro" Sangiuliano è del tutto incidentale, ma inequivocabile: un cartone animato di Hanna & Barbera diretto da Clive Barker) da Kumail Nanjiani (“Silicon Valley”, “the Big Sick”), e in seconda ma non meno terribile istanza quello altrettanto guasto di Paul Snider, qui impersonato da un come sempre ottimo Dan Stevens ("Legion"), anche se il vero punto di forza deuter-antagonsita (se non positivo, neutro, ché il negativo è tutto per il protagonista) della mini-serie è il mago del trasformismo (che possiede eastwoodianamente 2.000 espressioni: 1.000 con i baffi e 1.000 senza) Murray Bartlett (“the White Lotus: Hawaii” e “Physical”) che qui incarna Nick De Noia.
Altrettant’ottime le caratterizzazioni di supporto ad opera di Juliette Lewis (Cape Fear, Natural Born Killers, Strange Days) e Annaleigh Ashford, mentre chiudono bene il cast Andrew Rannells, Robin de Jesús e Nicola Peltz nel ruolo di Dorothy Stratten. Invece Hugh Hefner non compare, mai, se non citato, nemmanco di striscio (l’oblio a volte è l’arma più appropriata).
Le regìe - con zoom altmaniani quali tratto d’unione in comune - degli 8 ep. sono affidate, un paio per volta, rispettivamente, a Matt Shakman (“Six Feet Under”, “Weeds”, “Mad Men”, “Fargo”, “the Good Wife”, “Game of Thrones”, “WandaVision”), Gwyneth Horder-Payton (“the Americans”, “American Crime/Horror Story” e “Pam & Tommy”), Nisha Ganatra (“the Last Man on Earth” e “DollFace”) e Richard Shepard (“Girls”, “Dom Hemingway” e “the Handmaid’s Tale”). Le sceneggiature sono opera dello stesso Robert Siegel con Annie Julia Wyman (“the Chair”), Rajiv Joseph (“Draft Day” e “Army of One” oltre che drammaturgo premio Pulitzer), Jacqui Rivera (“the Get Down”) e Jenni Konner (“Girls” e “Camping”) con l’apporto di Mehar Sethi (“BoJack HorseMan” e “Undone”). La fotografia è di Paula Huidobro e Jimmy Lindsey e le musiche sono di Siddhartha Khosla. Produce Disney attraverso 20th (Century Fox) Television e distribuisce Disney attraverso Hulu (in U.S.A.) e Disney+ (Resto del Mondo).
Finale (“Switzerland”) in smorzando/diminuendo con un acme terminale che assume sì il PdV di “Steve”, ma non è per alcun verso pacificatorio/consolatorio e, anzi, mette in scena quel che forse è stato per un momento, giusto quello, ma poteva esserlo per “sempre”.
Come già ho avuto occasione di osservare per “A Friend of the Family” vale pure qui il sollievo dato dal fatto che Ryan Murphy s’è tenuto lontano da questo bio-pic/true-crime (in attesa di sapere/capire cosa Abe Sylvia e John Hillcoat abbiano cavato fuori con il loro “George [Jones] & Tammy [Wynette]” tratto dal memoir di Georgette Jones[-Wynette], “the Three of Us: Growing Up with Tammy and George”).
Inseguire (perpetrare) il faustiano (stai certo che da qualche parte spunterà fuori un “February 31st”) Sogno Americano comporta qualche conseguenza (contropartita), ovvero: noi cowboy (irlandesi, tedeschi, inglesi, francesi, olandesi, spagnoli, scandinavi, italiani e indiani nel senso dell’India) eravamo già mafiosi quando voi siciliani ancora raccoglievate i ricci di mare sedendovici sopra.
* * * ½
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