2 stagioni - 12 episodi vedi scheda serie
Spezzeremo le reni alla Groenlandia.
«Se ci sarà una seconda stagione sarà (?) per forza di cose (?) un qualcosa di “completamente” diverso al quale assisterei volentieri»: con queste parole all’epoca terminavo ingenuamente speranzoso il mio pezzo sulla precedente annata d’esordio (2023) di “the Rig”, la scottish (Iain Glen, da "Game of Thrones" a "Silo") e un poco welsh (per via di Owen Teale, sempre da "GoT") serie Amazon/MGM britannica che con questo suo ritorno (2025) –
ripetendo il copione d’unità di tempo e luogo (piattaforma: dalla Kinloch Bravo nel Mare del Nord alla Stac nel Mar Glaciale Artico) della prima, rivelando qualcosa di theabyss-cameroniano in più sull’Ancestore (un inglesismo - derivato da “ancestor”, a sua volta derivato dal francese “ancestre”, a sua volta derivato dal latino “antecessor” - che in realtà, nonostante nella lingua di Dante esista già il termine diretto “antecessore”, potrebbe diventare, tornando a baita, un bellissimo neologismo italico senza per questo dover sbraitare “W il Duce!”), confermando il giusto PdV dell’ecologismo estremo (l’unico da sempre utile e più che mai oggi sensato e valido) a un personaggio interpretato non benissimo da Emily “Corinna Negri” Hampshire e costruito peggio dal creatore e sceneggiatore quasi unico David Macpherson (che per questo giro lascia un solo episodio alla scrittura d’altri, costituiti in questo caso da Meg Salter, mentre le regìe sono sempre suddivise tra John Strickland, ep. 1-3, e Alex Holmes, ep. 4-6) e affidando il PdV della scienza dura e pura (l’unico motivo ragionevole per cui assistere a “the Rig” e 1, e 2 e pure e 3, se mai ci sarà) ad una delle new entry (le altre sono quelle portate in scena da Alice Krige e Jacob Fortune-Lloyd), impersonata col giusto understatement da Johannes Roaldsen Fürst, che dispensa saggìììezzahhh e scìììenzahhh (grazie alle quali mi sento di consegnare a questa tornata di “the Rig” una risicata e per tutti gli altri versi immeritata sufficienza) a larghe e piene mani, da “La causalità è spesso confusa con la correlazione: io preferisco non anteporre un’ipotesi a una sperimentazione!” a “Pochi si spingono nel profondo degli abissi, e quei pochi riescono a vedere unicamente quello che le luci artificiali consentono: è il 95% dello spazio vitale di questo pianeta, e noi lo esploriamo a lume di candela: non abbiamo idea di quanto ci sia ancora da scoprire!”, passando per «A chi ha il potere di cambiare le cose non dovrebbe essere permesso di dire “Noi eravamo ignari di tutto!”!» –
in realtà non fa che sommergere le sue buone intenzioni in un mare di melassa riciclata: il finale col risolutivo intervento semi-divino di autorigenerazione è, per l’appunto, un inspiegato atto deus ex machina abbastanza inaccettabile perché ridicolmente malcostruito.
* * ¾ - 5.75
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