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INVERSO - The Peripheral

1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 1

  • 2022-2022
  • 8 episodi

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mck

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La recensione su INVERSO - The Peripheral

di mck
8 stelle

London Calling!

 

Le colossali statue sesquipedaliche si autoerigono catturando l'anidride carbonica dall'atmosfera per utilizzarla come materiale di costruzione (ciò che il Regno Vegetale compie da miliardi di anni, sin dall'Archeano, e via via sempre più in maniera evoluta, complessa e funzionale).

 

"Il cielo sopra il Tamigi aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto." - William Gibson (cit., sic!)

 

 

Curiosità. Ogni essere umano sul pianeta Terra non vive, mai, a meno di un paio di spannometrici metri da un ragno: a New York, nel Sahara, in Amazzonia, in Antardide, s’un aeroplano, facendo paracadutismo, in un’asettica camera operatoria: fanno eccezione le immersioni pelagiche (ma non quelle bentoniche), mentre per quanto riguarda la ISS non saprei, ma non mi stupirei se, al di fuori degli aracnidi portati in orbita per studi scientifici, qualche chelicerato non-limulo e non-acaro si sia imbarcato senza permesso. Qual è invece il tempo che separa tutti dal Jackpot dell’Apocalisse? Dipende, ovviamente, da quale linea spazio-temporale (si tralascerà qui per l’occasione di menzionare la possibilità d’interlacciamento, anche fisico, non solo cyber-neural-informativo, tra diversi continuum del multiverso) l’osservatore occupa ed abita. (Comunque, a prescindere, è da tener sempre d’occhio quel che diamine combina il Texas.)

“Lei si scagliò in avanti verso gli insetti.” - William Gibson, “the Peripheral”, 2014 (Mondadori, 2017)

L’adattamento ad opera dello Scott B. Smith scrittore (“A Simple Plan” e “the Ruins”, poi dall’autore stesso trasformati in copioni per Sam Raimi e Carter Smith) e sceneggiatore (“Siberia” di Matthew Ross e “the Burnt Orange Heresy” di Giuseppe Capotondi) compie delle sostanziali modifiche rispetto al romanzo, ma ben integrate: nel serial si parte da A e si arriva a B, ma A e B non sono esattamente gli stessi del libro, anche se la cosa che muta maggiormente con la traslazione filmica è il percorso che però “paradossalmente” rimane molto contiguo a quello letterario dal PdV delle tematiche fondamentali, della tecnologia futuribile e del comparto etico-morale (certo è che i compromessi semplificatori attuati lavorando con/per una major come Amazon risultano evidenti, anche se non irrimediabilmente disturbanti o sconfortanti: sulla pagina scritta la sospensione dell’incredulità, grazie ad un approccio/approfondimento (fanta)scientifico maggiore, s’innesca immensamente meglio), coprendo in questa prima stagione all’incirca metà del percorso narrato su carta inchiostrata.

“Lei ha un corpo quando entra? Uno vero?” – Gibson (op. cit.)

L’Oligarchia Klept figlia della mafia russa, la Polizia Metropolitana figlia degli stati-nazione e l’Istituto di Ricerca figlio delle corporazioni sono il triumvirato di poteri che si controllano l’un l’altro mantenendo un certo equilibrio geo-politico e sociale (a sparigliare le carte: i Neo Primitivi) nel mondo della ricostruzione post-Apocalisse (il Jackpot, l’irreversibilità, lo stagno ricoperto per metà dalla massa eutrofizzante dei gigli d’acqua e tu che pensi possa esserci ancora tempo per porvi rimedio e invece no, pirla). Che non è il nostro futuro, ma solo uno degl’infiniti possibili, e dunque esistenti. Ma se nella maggior parte di essi [e sì, no, non esiste un sottoinsieme denominabile “maggior parte” rispetto ad un dato insieme (non) quantificabile come “infinito”] scorrazza Chloe Grace Moretz (Flynne Fisher; “Kick-Ass”, “Let Me In”, “Texas Killing Fields”, “Hugo”, “Dark Shadows”, “Carrie”, “I Love You, Daddy” (da lei ripudiato, resta e rimane un piccolo capolavoro), “the Miseducation of Cameron Post”, “Suspiria”, “Greta” e “Mother/Android”) in bici elettrica, a me sta bene punto.

 

Chloë Grace Moretz

INVERSO - The Peripheral (2022): Chloë Grace Moretz

 

[Ok, le stampanti 3D sono il futuro, ma i fottuti sensori ↑ ↑ ↑ elettroencefalografici, magari, sarebbe meglio che in ogni caso poggiassero contro l'epidermide.] 


Il resto del cast principale abbozza [Jack Reynor, Gary Carr (bravissimo in "the Deuce", ma qui un po' fuori fuoco) e Alex Hernandez, rispettivamente il fratello di Flynne, il cane sciolto Wilf, fratello di Aelita, e il buon vice-sceriffo primo amore mai dichiarato/consumato di Flynne], mentre la situazione migliora passando ai co-protagonisti e ai ruoli “secondari”: JJ Feild (o.k.), T’Nia Miller (i.r.), Charlotte Riley (Aelita, n.p.), Alexandra Billings (p.m.), Louis Herthum (boss locale), Eli Goree (reduce locale), Melinda Page Hamilton (madre di Flynne), Chris Coy (nipote del boss locale), Adelind Horan (compagna del nipote del boss locale), Julian Moore-Cook (o.k.), Katie Leung (o.k.), Hannah Arterton (compagna del boss locale), etc… Menzione a parte per Ned Dennehy (Bob; “the General”, “Tyrannosaur”, “Peaky Blinders”, “Banished”, “Mandy”, “Good Omens”, “Outlander”).

 


Alla regia si alternano Vincenzo Natali (ep. 1-2 e 5-6; “Cube”, “Cypher”, “Nothing”, “Splice”, “In the tall Grass” e un paio di episodi di “WestWorld”) e Alrick Riley (ep. 3-4 e 7-8), che fino ad ora aveva diretto robaccia come “NCIS”, ma che qui se la cava. Il creatore e sviluppatore Scott B. Smith scrive personalmente 7 ep. su 8 (da solo i primi 3 e facendosi aiutare da altri 3 colleghi per i restanti 4). Fotografia di Stuart Howell e Roberto Schaefer, musiche di Mark Korven. La produzione esecutiva è affidata a Jonathan Nolan e Lisa Joy di “WestWorld”.

Non certo “spartiacque” come - citando serie accomunabili per il livello produttivo e/o per gli argomenti trattati - le prime stagioni di “Game of Thrones” e “WestWorld” (e nemmeno ai livelli di “the Lord of the Rings: the Rings of Power” e “House of the Dragon”), ma ad una seconda stagione [considerando che la Jackpot Trilogy di William Gibson si snoda attraverso tre volumi (il qui messo in scena “the Peripheral”, il recente “Agency” e il prossimo “Jackpot”) più o meno le annate ricavabili sono 6] vi si assisterà ben volentieri.

 


London Calling!

* * * ¾      

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Ultimi commenti

  1. mck
    di mck

    https://www.filmtv.it/serie-tv/218485/inverso-the-peripheral/stagione-1/recensioni/1016095

    [...] Dal punto di vista concettuale e nella labirintica struttura tematica comunque la serie non fa troppo torto al romanzo. In molti vi hanno trovato affinità stilistiche notevoli, oltre che ovviamente con Westworld (che comunque, come già ho detto, resta uno show assai meno nitido e focalizzato di questa nuova produzione), anche con Fringe e soprattutto con la notevolissima Counterpart (purtroppo, come molte serie troppo sofisticate, cancellata dopo la seconda stagione), anch’essa basata su due realtà parallele e confinanti, con ognuno dei personaggi che aveva una controparte dall’altro lato. Sul piano iconografico invece ci si rifà ad una visualità anni ’90, forse esplicito rimando all’epoca d’oro del cyberpunk, a cominciare dal tema musicale e dalla sigla dei titoli di apertura quasi da Space Opera – un po’ The Expanse, ottima, un po’ Foundation, penosa – come a volersi accattivare un pattern identificativo di genere. Così infatti, inseguendo la stessa riconoscibilità, sia lo scenario americano teso ad un realismo redneck fin troppo ostentato, che gli estraniati e metafisici paesaggi londinesi costellati di svettanti e mastodontiche statue neoclassiche, confermano una visualità da videogioco – dato il tema in fondo giustificata – che risulta suggestiva ma decisamente abusata.
    Per quanto i fan più intransigenti di William Gibson possano restare inevitabilmente delusi, bisogna dare atto alla serie tv di aver mantenuto, a grandi linee, una certa coerenza nell’affrontare tematiche attuali quali lo stato di sorveglianza, la minaccia rappresentata dalla cleptocrazia, la difficile situazione dell’America rurale, il trattamento dei veterani di guerra, l’aumento dei costi di assistenza sanitaria e i disordini politici negli Stati Uniti. Forse in modo superficiale, ma un certo, almeno formale, impegno, è stato mantenuto: in fondo di un prodotto d’intrattenimento si tratta e da Gibson si è preso, comprensibilmente, più l’aspetto thriller ed action che la riflessione sociologica. La lotta tra il controllo sociale da una parte e l’autonomia individuale dall’altra, così come l’interazione e la compenetrazione tra Physis, e quindi Sòma, e Tèchne, che sono un po’ i temi cardinali di Gibson e del cyberpunk in generale, restano comunque intatti. Non è poco. [...]


    Concordo in pieno con questo articolo di Antonio Catalano pubblicato da Carmilla: https://www.carmillaonline.com/2023/02/10/the-peripheral-monna-aelita-cyberpunk/

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